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Nelle storie della buonanotte palestinesi, la malvagia strega è israeliana

Tamam Mohsen 01/10/2019
La narrazione palestinese implica necessariamente momenti patriottici e storici poiché, dopo 70 anni in esilio e come rifugiati, il sogno di una casa rimane vivido per coloro che raccontano le storie, con la speranza che i loro figli possano un giorno tornare in patria.

Tradotto da Grazia Parolari

Editato da Fausto Giudice

Della mia infanzia, ricordo chiaramente come il viso di mia madre cambiasse la sera. Rimuoveva la sua espressione severa e austera e diventava tenera e sognante. Raccontava a me e ai miei fratelli storie emozionanti come “Giabina” (Formaggina) o “Metà e Metà” e molte storie in cui la temuta orchessa “Al Ghoula” era il personaggio principale. Ricordo come i nostri cuori fremevano quando pronunciava l’attesa frase ” Vai oh giorno, vieni oh giorno ” che aumentava il nostro desiderio di sentirla raccontare.
Le storie della buona notte raccontate da madri e nonne sono sempre state il primo approccio di un bambino al patrimonio culturale e intellettuale di un popolo e la Palestina non fa eccezione. Questo ovviamente avveniva prima che questo rituale serale fosse minacciato dai nuovi moderni mezzi di intrattenimento come smartphone e tablet che hanno indebolito i rapporti con le madri in cambio di una maggiore dipendenza dagli schermi e un’allontanamento da narrazioni orali ispirate all’ambiente e alla realtà dei bambini, a beneficio di cartoni animati e video che spesso riflettono un’altra realtà e un’altra cultura.
Magia, sicurezza e affetto
Nidaa Ouina, una giornalista di Ramallah, ha conservato questo rituale quotidiano con sua figlia Raya (6 anni). Nidaa cerca di mantenere l’orario della buonanotte alle otto e mezzo, ma spesso le domande di sua figlia lo fanno posticipare anche di un’ora.
Ouina dice “Quando eravamo piccoli, mio ​​nonno e mia nonna ci raccontavano storie; a mio nonno piacevano storie di intelligenza e astuzia come quelle del fabbro e della Ghoula, mentre a mia nonna piacevano storie come Giabina o la vecchia e le due serve”.
”Siamo cresciuti ascoltando queste storie, la nostra generazione è molto diversa da quella odierna, principalmente a causa dei media: molte madri trovano più facile lasciare i bambini davanti alla tv o con uno smartphone in mano.”
Per questo motivo, Ouina ha deciso di dedicare un’ora per cantare canzoni o raccontare una storia a sua figlia Raya prima che questa vada a letto . “Il tempo della storia è per me e per Raya un modo per avvicinarci, un momento rilassante in cui ci coccoliamo e io le racconto una storia finché non si addormenta”.
Ouina sceglie attentamente la storia, al fine di tramandare a sua figlia i valori sociali e patriottici “modificando gli eventi della storia e il loro contesto”, come per esempio rendendo israeliana la strega cattiva. “Raya è troppo giovane per capire il conflitto arabo-israeliano e idee astratte come il patriottismo o la morale, quindi cerco di tramandare questi valori attraverso le storie ”.
Aggiunge: “Non mi piacciono le storie come Cenerentola o storie patriarcali che ruotano attorno a principi che salvano le ragazze dai loro problemi e in cui l’unico modo per salvarsi è sposarsi o che passano il messaggio che si deve essere belle e ben curate per trovare l’amore: queste sono idee velenose ed è per questo che le racconto storie del passato che lodano persone forti, intelligenti, coraggiose o talvolta storie divertenti e comiche ”.
Raya non ascolta in silenzio le storie, accade che contesta alcuni degli eventi o richiede un cambiamento alla storia, come ad esempio trasformare “Biancaneve e i sette nani” in “Biancaneve e le dieci ragazze” o che pone delle condizioni prima ancora che la storia venga raccontata.
“Immaginare colori e profumi”
Nour Al Sawirki, un’attivista femminista di Gaza, afferma che raccontare una storia della buonanotte contribuisce a determinare la traiettoria del rapporto di un bambino con sua madre e aiuta a sviluppare la fantasia dei bambini, a far loro immaginare come sia l’eroe della storia e i colori e i profumi.
Al Sawirki dice a Raseef22: “Le storie della buonanotte offrono ai bambini uno spazio sicuro per fuggire dalla situazione di insicurezza del paese, da un incidente con la famiglia, o da un video pauroso di YouTube: la storia offre loro un rifugio dove placare le loro paure”.
Al Sawirki, madre di due figli, raccontando storie cerca di favorire nei suoi figli idee costruttive. “Faccio in modo che ci sia un messaggio nella storia e a volte uso espressioni con determinate connotazioni per adattarle alla loro formazione intellettuale. In quel momento non è necessario che la comprendano appieno, ma li aiuterà ad espandere il loro pensiero e li porterà a confrontare gli avvenimenti con la storia ”.
Trovare una favola con i criteri e gli obiettivi di Sawirki non è un compito facile e quindi spesso deve inventarne di nuove, poiché crede che le fiabe popolari sia locali che internazionali siano piene di stereotipi e di idee trite e ritrite, soprattutto quando ritraggono le donne e le loro relazioni con gli uomini, “gli eroi leali” come li chiama Sawirki.
D’altra parte, molte madri indaffarate e soprattutto madri che lavorano fuori casa, sono spesso costrette a lasciare i propri figli davanti a una televisione o con uno smartphone fino a quando non si addormentano, invece di sedersi e raccontare loro una favola.
Mona Hijazi (26 anni), palestinese che vive in Turchia, ha raccontato a Raseef22 la sua esperienza con il primo figlio. A causa del suo lavoro come giornalista, era stata costretta a lasciarlo con uno smartphone per ore e crede che questo abbia ritardato la sua capacità di parlare.
Crede che la tecnologia non sia del tutto negativa, perché ha aiutato suo figlio a prestare maggiore attenzione alle immagini, ai colori e ai suoni nei video e a seguirne i movimenti e ad imitarli, ma ha influenzato la sua capacità di parlare “parla in un linguaggio incomprensibile, che non è arabo”
Ora che ha un altro bambino, Hijazi combina l’uso della tecnologia con la narrazione orale, visto che negare completamente a un bambino l’accesso alla tecnologia sarebbe controproducente. “Ci sono animazioni educative che insegnano ai bambini in un modo che li affascina e ci sono storie raccontate con la voce o con animazioni ed è per questo che ora racconto loro storie cambiando la voce per personaggi diversi e allo stesso tempo guardando video su YouTube”.
I bambini s’interrogano sulla patria perduta
Nabil El Arini, scrittore di letteratura per l’infanzia e di racconti popolari palestinesi, ha creato una raccolta di favole basata su storie raccontate dalle nonne e per questo intitolata “Storie della Sitti (Nonna)”. Dice che il libro, adatto a bambini e giovani adulti, è un ” ricco menu” di storia, geografia, costumi, tradizioni, folklore e aspetti culturali che costituiscono l’identità nazionale.
Nel creare questo libro, attualmente in fase di stampa, Al Arini è stato ispirato dalle narrazioni sulla storia palestinese che le sue nonne hanno raccontato a suo padre e a sua madre .
Al Arini ha detto a Raseef22 che la motivazione principale per scrivere la serie “Le Storie della Nonna” sono state le sue figlie Bissane e Janine, nate nella diaspora da genitori rifugiati a loro volta figli di immigrati e con parenti sparsi in tutto il mondo. “La loro confusione e il loro bisogno di appartenere a una terra, a un cielo e a uno specchio d’acqua le hanno fatte interrogare su una patria per loro persa da settant’anni e, come padre, ho dovuto rispondere a molte loro domande”.
Al Arini ha aggiunto: “Ho pensato che “ Le storie della Nonna “mi avrebbero aiutato a rispondere all’enorme numero di domande, dato che il libro contiene molte storie che le madri e le nonne raccontavano ai loro figli prima di coricarsi.”