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SUDAN. Il Consiglio militare apre ai manifestanti: “Ok a un governo civile”

15 aprile 2019, Nena News
L’opposizione, raccolta nelle “Forze per la libertà e il cambiamento”, fa sapere che non lascerà il presidio di protesta fuori il ministero della difesa finché non avrà avuto quanto chiede. Il Consiglio transitorio, intanto, annuncia nuove nomine.

Un governo transitorio formato da civili. E’ la richiesta ribadita ieri dall’Associazione dei professionisti sudanesi (Spa), protagonista delle proteste in Sudan. Spa ha anche fatto sapere che eserciterà “tutte le forme pacifiche di pressione per raggiungere gli obiettivi della rivoluzione”. Che tradotto vuol dire: continuerà a restare in piazza a protestare insieme a migliaia di sudanesi finché non otterrà quello che chiede. Del resto la situazione nello stato africano resta molto fluida: ieri il Consiglio militare che ha rimpiazzato giovedì il presidente al-Bashir (da 30 anni al potere del Paese) ha annunciato ieri alcune decisioni: in primo luogo il pensionamento del ministro della Difesa Awad Ibn Auf che, insieme al suo vice, aveva annunciato venerdì le sue dimissioni come capo del Consiglio transitorio. Un incarico che aveva assunto il giorno dopo la deposizione di al-Bashir. Il Consiglio ha anche nominato il generale Abu Bakr Mustafa a capo dell’Intelligence al posto di Salah Abdallah Mohammed Saalh, conosciuto come Salah Gosh, che si era ritirato venerdì. Per ora, invece, non ha trovato un sostituto ad Ibn Auf.
I militari in Sudan al momento stanno usando toni conciliatori: ieri il portavoce del Consiglio Shams el-Din Kabbashi ha fatto sapere in conferenza stampa che la loro intenzione è quella di lavorare per formare un governo civile e di collaborare con i gruppi. “La palla ora è nel campo delle forze politiche [dell’opposizione] – ha detto Kabbashi – Se sono pronti ad approvare qualcosa oggi [ieri, ndr], noi siamo pronti ad implementarlo”.
Un altro rappresentante del Consiglio, il Generale Omar Zaind al-Abideen, ha invece fatto sapere all’opposizione che avrà una settimana di tempo per inviare i suoi suggerimenti. L’atteggiamento, almeno apparentemente conciliatorio dell’esercito è stato confermato anche dalle dichiarazioni del Tenente generale Abdel Fattah al-Burhan secondo cui il Consiglio ha invitato i principali partiti d’opposizione e gli organizzatori delle mobilitazioni di questi mesi ad incontrarsi con i militari. Un incontro a cui le “Forze per la libertà e il cambiamento” – un gruppo formato dallo Spa e dai partiti politici d’opposizione – dicono però di non essere stati mai invitati. “Invieremo le nostre proposte di governo al consiglio militare” ha dichiarato un rappresentante dello Spa alla Reuters. Senza le forze dell’opposizione, il vertice sarà completamente inutile: a prendervi parte, infatti, saranno solo politici e parlamentari ritenuti vicini ad al-Bashir e verranno pertanto eluse le richieste dei dissidenti.
In questa fase interlocutoria, intanto, continua per il nono giorno di fila il sit-in dei manifestanti fuori il ministero della difesa. Secondo alcuni testimoni, sarebbero ancora 4.000 le persone accampate fuori il compound (un numero solo leggermente inferiore rispetto a quello dei giorni passati). Un movimento che non può più essere più ignorato: emblematico a tal riguardo il fatto che persino la tv di stato controllata dal regime sudanese abbia incominciato a mostrare le immagini del sit-in. Al di là dell’inserimento di civili nel consiglio militare transitorio e della rimozione dei fedelissimi da al-Bashir, lo Spa ha chiesto anche l’arresto dei principali generali dell’Intelligence nazionale (tra cui il già nominato Salah Gosh), la rimozione del procuratore generale e infine l’arresto di al-Bashir (secondo l’esercito è già detenuto). Il portavoce del consiglio Kabbashi ha detto che a breve sarà formata una commissione che prenderà i beni dell’ex partito di governo, ha annunciato il licenziamento degli ambasciatori sudanesi a Washington (un ex capo dell’Intelligence) e a Ginevra (ex ministro degli esteri) e ha riferito che saranno rilasciati i militari e i poliziotti che hanno partecipato ai cortei di protesta.
Le manifestazioni anti-regime sono iniziate a dicembre e sono state duramente represse dalle autorità di Khartoum (sono decine le vittime). Tuttavia, ora la situazione appare più tranquilla: alcune persone sono tornate a lavoro dopo giorni di mobilitazione e, raccontano alcuni testimoni, i militari bevono e conversano con chi è ancora al sit-in. “Resteremo al presidio finché non avremmo le risposte dell’esercito alle nostre richieste. Difenderemo la rivoluzione da chi vuole dirottarla” ha detto un manifestante alla Reuters. Sulla stessa lunghezza d’onda è lo Spa: “Le nostre domande sono chiare ma non state implementate – scrive l’organizzazione su Twitter – Perché dovremmo andarcene se quello che chiediamo non è stato raggiunto? Il nostro sit-in è la più potente arma che abbiamo”.