Le donne del Kurdistan (seconda parte parte)
Mirca Garuti 19 marzo 2019 |
Reportage dentro al femminismo curdo. In questa seconda parte Mirca Garuti ci porta a Suleymaniya e ci fa conoscere la nuova emittente televisiva Jin Tv, una rete di donne per donne.
La nostra visita al campo di Malhmour è finita. Il viaggio continua verso Suleymaniya. Dopo aver visitato il Museo Carcere di Saddam Hussein e il coloratissimo mercato con i suoi venditori e le merci esposte nei negozi, sulle bancarelle, sui carretti o semplicemente a terra, proviamo ad entrare in alcuni campi profughi.
Non abbiamo un permesso, ma non ci perdiamo d’animo e ci dirigiamo subito al campo di Barika nella zona di Arbat, dove siamo già stati due anni fa. E’ un campo gestito da UNHCR con all’interno una struttura di Emergency con medici italiani. Purtroppo, senza permesso non ci fanno entrare! Stesso risultato per il secondo campo. Proviamo con il terzo, il più piccolo. Il militare all’ingresso ci fa passare. Scendiamo velocemente dalle auto per addentrarci tra le strade del campo e cercare qualche responsabile per avere alcune informazioni.
Iniziamo a camminare nella strada principale del campo sotto un bel sole cocente e subito siamo accolti da donne, ragazze, bambini, anziani che ci circondano felici di vederci e di farsi fotografare. Sembra che, a parte i profughi, non ci sia nessun altro. Arriviamo in fondo alla strada e troviamo una costruzione che sembra essere una specie di pronto soccorso. Riusciamo a parlare per pochi minuti con un ragazzo che ci illustra un po’ la situazione del campo. Qui si trovano circa 2.500 persone, tutte irachene scappate dal governatorato di Salah al-Din causa l’invasione da parte dell’Isis. Dovrebbero essere sotto la tutela del governo iracheno ma nessuno si occupa di loro. Il direttore del campo si trova nel campo grande di Arbat.
Prima c’era anche un medico, per un’ora al giorno, ma ora, causa la mancata firma del nuovo contratto, non viene più. In caso di una grande emergenza sanitaria, è possibile portare il malato all’ospedale del campo grande, ma dietro un compenso economico. L’improvvisato portavoce del campo chiede a nome di tutti il nostro aiuto. Hanno bisogno di tutto, la situazione è pesante, sono isolati e sono sprovvisti di ogni cosa. All’improvviso arriva la guardia che prima ci aveva fatto passare, intimandoci di lasciare subito il campo in quando sprovvisti di un permesso. Sembrava preoccupato e agitato. E così, anche se con molto dispiacere, abbiamo lasciato il campo e tutte quelle persone in attesa… di chissà quale aiuto!
La prima trasmissione di prova della nuova emittente televisiva “JIN TV” è iniziata nella Giornata internazionale della donna, l’8 marzo 2018. Ci troviamo nella loro sede a Suleymaniya e parliamo con Nurhak (in curdo significa “montagna”). Dopo le prove, le trasmissioni del nuovo canale sono iniziate il 30 giugno scorso. Una TV di donne, per le donne, con l’obiettivo di rendere visibile qualsiasi lavoro femminile, dalla casa, dai campi, uffici, strade, ovunque e di mettere in discussione il rapporto uomini e donne e tutta la società. La stampa si basa principalmente sul pensiero e sensibilità del maschio, nonostante la presenza di molte giornaliste donne, e per questo, questa rete vuole riunire tutte le donne, i problemi, le sfide, la speranza, la disperazione e il linguaggio. L’invito di Jin TV, durante il periodo di prova di trasmissione, lanciato alle donne è stato questo: “Realizza il tuo video a casa, sul posto di lavoro, per strada, ad una riunione, inviaci il video e partecipa a questo movimento televisivo, abbiamo bisogno di te. Discutiamo insieme. Facciamo programmi insieme. Avviciniamoci a quelli che sono lontani, mettiamoci insieme”.
Jin Tv
Nurhak ci dice che è necessario iniziare dalla cultura. La Mesopotamia è stata la culla della civiltà, quindi, occorre ripartire da lì per recuperare il ruolo importante avuto dalla donna. Dalle idee sono passate ai fatti. Dopo aver verificato tutte le varie possibilità per arrivare ad un buono e sicuro funzionamento della TV, hanno deciso di creare la loro sede legale in Europa, in Olanda, e non in Medio Oriente per le difficili situazioni di sicurezza. Gli studi di registrazione si trovano comunque in molte diverse città, oltre qui a Suleymaniya, come per esempio nel Rojava, Istanbul, Diyarbakir dove vengono montate le registrazioni ed inviate poi in Olanda per la diffusione. La particolarità si trova in Rojava dove è possibile fare anche delle dirette TV. Nurhak, inoltre, ci fa presente che molte donne che oggi lavorano a Jin TV hanno un’esperienza maturata nello stesso ambiente televisivo fin dal 1995 e, grazie a questa professionalità, sono riuscite a portare a termine questo progetto. Ci mostra infine un esempio di un loro video che racconta la vita di una donna casalinga di un piccolo paese intenta a macinare. Una donna inconsapevole di tutto quello che la circonda! Per intervistare una donna occorre avere il consenso del marito. Per prima cosa, quindi bisogna educare l’uomo.
Jin TV vuole mostrare la realtà delle donne e la loro reale lotta. Mostrare la donna indebolita con la possibilità di riacquistare forza e coraggio. Mostrare la donna che studia la storia invece che ascoltare la versione scritta dal potere. Lo staff della “Jin TV” è composto solo da donne, nessun uomo ne fa parte, con trasmissioni multiculturale, multidirezionale e multilingue (Sorani, kurmanci, Gorani, arabo, turco) . Contro i media internazionali che normalmente rifiutano le diversità, questa televisione è basata invece sulla pluralità. Grazie anche alla rivoluzione in Rojava, si è sviluppata una forte cultura delle donne. Loro sanno che niente succede per caso. I cambiamenti richiedono coscienza, conoscenza, decisione, volontà e pratica. La cosa più importante però è dare voce a questi movimenti, a queste lotte, per poter arrivare al popolo. La voce deve essere forte e chiara e rispettare la realtà per controbattere le falsità prodotte dal nemico che continua a dipingere le molte donne coraggiose del Kurdistan solo come terroriste. Il progetto Jin TV è stato fondato il 09/01/18, anniversario delle rivoluzionarie Sakine Cansiz, Fidan Dogan, Leyla Saylemez, assassinate a Parigi dai servizi segreti turchi nel 2013.
Nurhak continua il suo racconto elencando i tre fondamentali principi a cui si attengono: ecologia – libertà per le donne – democrazia. Inoltre, precisa che, per il fatto che il loro lavoro è solo agli inizi, sono controllate a vista, e questo impedisce loro di poter raccontare tutto quello che vogliono, come per esempio, la vita delle donne in montagna o in carcere, ma sperano di poterlo fare al più presto. Quello che temono è infatti la possibilità di essere oscurate. Le loro trasmissioni si possono seguire sui canali Youtube. Incontrare Nurhak e conoscere questa bellissima esperienza, mi ha molto stimolato. E’ un esempio di lavoro da dover copiare.