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Art Jones, il nazista dell’Illinois

GIANMARCO CENCI – 9 NOVEMBRE 2018
Nell’iconico film The Blues Brothers i personaggi interpretati da Dan Aykroyd e John Belushi si ritrovano a che fare con una manifestazione del National Socialist Party of America, un piccolo movimento realmente esistito di persone aderenti all’ideologia nazista.

I ‘nazisti dell’Illinois’, benché non siano centrali rispetto alla trama del film, rimangono tuttavia una figura ricorrente nell’immaginario dei cinefili. E chissà quanti appassionati di cinema si saranno sorpresi sapendo che non solo questi nazisti siano esistiti in passato, ma che, proprio a Chicago, alle recentissime elezioni di Midterm, uno di loro si sia candidato, ottenendo un risultato per certi versi impressionante. Il suo nome è Arthur Joseph Jones, abbreviato Art.

Ex veterano della Guerra del Vietnam, 70 anni, l’ex agente assicurativo Art Jones è un nazista fatto e finito, noto in tutti gli Stati Uniti per le sue posizioni negazioniste sull’Olocausto. Nato a Beloit, in Wisconsin, dal 1976 si candida a elezioni, non ottenendo mai nessuna poltrona: la prima candidatura fu per il ruolo di sindaco nella città di Milwaukee, nel suo Wisconsin, come esponente del Partito Nazionalsocialista del Popolo Bianco (National Socialist White People’s Party, NSWPP). Dopo questa esperienza, iniziò la sua attività nell’Illinois. Qui, partecipa ogni quattro anni si candida per rappresentare i Repubblicani alle elezioni per il 3° distretto congressuale dell’Illinois. Anche in questo caso, non ha mai ottenuto successi, tranne che nell’ultima tornata. Nel 2018, infatti, Art Jones è l’unico candidato a queste elezioni interne al Partito Repubblicano e ha avuto quindi gioco facile nel vincere e nell’ottenere la possibilità di concorrere alla poltrona del Congresso degli Stati Uniti. La sua scontata vittoria ha gettato nell’imbarazzo il partito, che ha subito preso le distanze da Jones, attivando una segreteria automatica che scoraggiasse i propri elettori dal votare per lui (lo stesso Jones ha dichiarato di aver ricevuto tre di queste telefonate). In un distretto tradizionalmente democratico, infatti, il Partito Repubblicano non si era preoccupato di fornire un candidato forte e, nell’indifferenza più totale, Jones aveva proposto la sua consueta candidatura: nonostante la campagna anti-Jones, il candidato di idee naziste aveva ottenuto circa 20mila voti.
Da marzo a oggi, il Partito Repubblicano – presso cui Jones è registrato ma dalle cui posizioni si distanzia nettamente – ha cercato in ogni modo di dissuadere i propri elettori dal votare il candidato dichiaratamente nazista, cercando fino all’ultimo di proporre un candidato indipendente da appoggiare e attuando strategie a tappeto per scoraggiare il voto. Nonostante ciò, alle elezioni di Midterm ha raccolto il 26% delle preferenze, contro il 74% del suo avversario democratico Daniel Lipinski. La sconfitta è stata netta quanto prevedibile; quello che era difficile immaginare era che circa 50mila persone scegliessero comunque di dare il proprio voto ad Art Jones.
La maggior parte del suo programma politico, presentato nel corso della sua campagna elettorale, è fortemente improntato alla difesa dell’identità bianca americana: ritiro delle truppe dall’estero, allo scopo di difendere i confini americani dall’’invasione’ straniera; nessun tipo di amnistia verso gli immigrati, colpevoli di rubare il lavoro degli americani e di vivere a spese di Washington – ritiene, inoltre, che i ‘Liberal Media’ tengano nascoste le vere cifre dell’immigrazione in America; istituzione dell’inglese come lingua ufficiale degli Usa, poiché, al momento, gli Stati Uniti non ne riconoscono ufficialmente nessuna; oltre a queste posizioni, si segnalano il sostegno alle politiche Pro-Life, la contrarietà al matrimonio fra persone dello stesso sesso e a quel che resta dell’Obamacare.
A volte si tende ad affibbiare il non meritorio titolo di nazista con una certa leggerezza e si potrebbe pensare che anche con Art Jones ci si trovi di fronte a un caso di quelli che il filosofo Leo Strauss definiva di ‘reductio ad Hitlerum’. Ma con il candidato repubblicano non è così. Art Jones ha dichiarato di essere stato un membro del Partito Nazista Americano (American Nazi Party, ANP), fondato negli anni ’50 da George Lincoln Rockwell, che ricalcava il Partito di Hitler anche sotto il profilo dell’estetica e della ritualistica. Negli anni seguenti, per cercare di presentarsi come un movimento politico vero e proprio, abbandonò i richiami esteriori al nazismo e diede il nome nuovo al partito, quel NSWPP con cui Jones si sarebbe candidato a Milwaukee nei suoi otto anni di militanza. Gli incontri di partito si aprivano e si chiudevano al grido di ‘White Power’, che andò a sostituire il più tradizionale ‘Sieg Heil’ di hitleriana memoria. La scelta ‘moderata’ di Rockwell non piacque ai più duri sostenitori del movimento e questo portò a guerre interne al mondo del neonazismo americano. Jones, con altri, una volta lasciato un NSWPP sempre più debole, si accasò al Partito Populista (Populist Party, PP), un movimento di estrema destra, nel corso della cui storia è stato spesso megafono di istanze del suprematismo bianco, fino al suo scioglimento negli anni ’90.
Quello rappresentato, lungi dall’essere un mondo partiticamente inteso nel senso più tradizionale del termine, è in realtà una grossa miscela di piccoli movimentini che condividono la comune visione della supremazia bianca. Ne è testimone la vicinanza di molti dei suoi membri al Ku Klux Klan. E, fra questi, Art Jones non può mancare. Lo si trova agli incontri in difesa della bandiera confederata, ospite di incontri del KKK o a tenere discorsi alla Nazione Ariana (Aryan Nations), un’organizzazione neonazista che la FBI ritiene di matrice terroristica. E non fa nulla per nascondere la sua partecipazione a questi eventi. Anzi, le immagini di questi incontri sono presentate nel proprio sito per la campagna elettorale: Art Jones è lì, con la sua divisa d’ordinanza, a orientare orde di sostenitori dell’estrema destra americana, a esprimere il proprio sostegno per il famoso muro voluto da Trump e a strappare la bandiera d’Israele.
L’antisemitismo di Art Jones è parte sostanziale della sua visione politica. Sempre sul proprio sito, è possibile trovare una sezione intera dedicata a smontare quella che egli definisce la più oscura e grande bugia mai raccontata: l’Olocausto. Chiamato a rispondere delle proprie affermazioni in diretta TV sulla CNN, Art Jones ha rilanciato, definendo la Shoah come un racket, una grande estorsione perpetrata dagli ebrei e sostenuta dai servizi di informazione, dai media, anch’essi in mano agli ebrei.
Anche se il più appariscente, Jones non è stato l’unico estremista a essere finito sotto la lente d’ingrandimento. Fra gli altri, c’è Paul Nehlen, suprematista bianco, oppositore di Trump perché, a suo dire, troppo morbido, noto per i suoi tweet razzisti e le sue posizioni controverse, si era presentato alle elezioni fra i repubblicani nel 1° distretto congressuale del Wisconsin (classificandosi terzo e non potendo accedere al voto delle Midterm) e Joe Arpaio, autodefinitosi ‘il più duro sceriffo d’America’, noto per le sue posizioni dure contro l’immigrazione e per aver ricevuto il perdono dal Presidente Trump, che lo ha salvato dalle pesanti accuse di abuso di potere che lo coinvolgevano. Arpaio si era candidato alle Primarie per il Senato per l’Arizona, vincendo solamente nella città di Yuma.
Solo Jones è riuscito a presentarsi al Midterm. I nazisti dell’Illinois, questa volta,fanno un po’ più paura.