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Kosovo: Polemiche con la Turchia. Cosa c’è dietro lo scontro con Erdogan?

Riccardo
Celeghini, East Journal, 13 Aprile 2018

Il Kosovo
e la Turchia sono ai ferri corti.

I due
paesi, storicamente legati da una partnership politica ed economica, stanno
difatti vivendo una seria crisi diplomatica, scaturita dall’arresto di sei
cittadini turchi avvenuto in Kosovo lo scorso 29 marzo. Gli arrestati erano
membri delle scuole legate a Fethullah Gülen, da anni nemico giurato del
padre-padrone della Turchia, Recep Tayyip Erdo
ğan. Proprio mentre Erdoğan esultava per la deportazione dei sei uomini in Turchia, però, il
primo ministro kosovaro Ramush Haradinaj ha condannato l’operazione. Ne è
scaturito un violento e prolungato scontro verbale tra i leader dei due paesi.
Una crisi sorprendente, le cui radici sono da ricercare soprattutto
nell’intricata politica interna kosovara.
Gli
arresti
Il 29
marzo sei persone di nazionalità turca regolarmente residenti in Kosovo, tra
cui direttori ed insegnanti che operavano in istituti scolastici, sono
state arrestate e deportate in Turchia a seguito di un’operazione
congiunta tra servizi segreti turchi e kosovari. Le scuole in cui lavoravano
gli arrestati erano legate alle fondazioni di Gülen, influente politico turco
guida del movimento Hizmet, che vanta una fitta rete di scuole in tutto il
mondo. Gülen è accusato dal presidente turco Erdo
ğan di essere il responsabile del
tentato colpo di stato verificatosi in Turchia nel 2016. Da allora, le pressioni
del presidente turco sui partner balcanici, Kosovo in primis, per far chiudere ogni struttura
educativa legata ai gulenisti sono diventate sempre più forti, culminate negli
ultimi arresti.
Il botta
e risposta Haradinaj-Erdo
ğan
Poche ore
dopo gli arresti, però, il premier kosovaro Haradinaj ha denunciato
pubblicamente di essere totalmente all’oscuro dell’operazione, promettendo di fare
chiarezza. I provvedimenti non si sono fatti attendere: già il giorno dopo il
ministro dell’Interno e il capo dei servizi segreti sono stati rimossi
dai loro incarichi. Haradinaj inoltre ha definito gli arresti e le deportazioni
come totalmente inaccettabili.
La presa
di posizione di Haradinaj non è passata inosservata dalle parti di Ankara. Erdo
ğan ha definito la decisione del Kosovo di destituire il ministro e il
capo dell’intelligence un errore storico, ha accusato Haradinaj di proteggere
dei terroristi e ha apertamente minacciato di fargliela pagare. Una minaccia
rispedita al mittente dallo stesso premier kosovaro, che ha ricordato
ad Erdo
ğan di non interferire negli affari interni di uno
stato sovrano.
Un
rapporto profondo
L’escalation
della crisi tra Ankara e Pristina ha sorpreso tutti. I due paesi, difatti, sono
profondamente legati
dal punto di vista politico, economico e culturale. La Turchia è stata tra i
primi paesi a riconoscere l’indipendenza del Kosovo nel 2008 e da allora ha
sempre sostenuto Pristina nelle sue sfide internazionali. La Turchia è inoltre
uno dei principali partner economici del Kosovo, sia in termini di investimenti
statali che di scambi commerciali. Aziende turche sono protagoniste nella
costruzione delle autostrade, nella gestione dell’aeroporto di Pristina, nelle
privatizzazioni delle reti energetiche. Dal punto di vista culturale, infine,
l’agenzia di cooperazione turca è stata in questi anni impegnata nel restauro
di diverse opere di epoca ottomana e nella costruzione di nuove moschee in
tutto il paese.
La regia
di Thaçi
Alla luce
di un tale rapporto, dunque, la crisi attuale sembrerebbe inspiegabile. In
realtà, una buona parte di motivazioni sono da ritrovare in vicende tutte
interne alla politica kosovara. Mentre Haradinaj si scontrava verbalmente con
Erdo
ğan, difatti, ben diversa è stata la linea assunta
dal presidente della Repubblica, Hashim Thaçi. Thaçi ha di fatto difeso
l’operazione, rivelando come i sei arrestati fossero un pericolo per la sicurezza
nazionale del Kosovo. Un comportamento subito ripagato da Erdo
ğan, che alle minacce ad Haradinaj ha aggiunto un sentito ringraziamento
al presidente kosovaro per la collaborazione. Se Haradinaj era all’oscuro
dell’operazione, dunque, è piuttosto improbabile lo fosse anche Thaçi: uomo
forte del Kosovo da vent’anni, è noto il controllo che l’attuale presidente ha
sui servizi segreti e le forze di polizia.
Le
motivazioni
Alla luce
di questo, diverse sembrano essere le motivazioni dietro all’arresto dei
gulenisti. Da un lato, emerge la volontà di Thaçi di indebolire Haradinaj,
anche alla luce della storica rivalità che intercorre tra i due. In questo
momento, difatti, la tenuta dell’esecutivo è quanto mai in bilico, minata
dall’uscita della Lista Srpska dalla maggioranza a seguito dell’arresto del funzionario
serbo Marko
Đurić. Molti analisti ritengono che il
governo abbia le ore contate e certamente il recente allontanamento del
ministro degli Interni, appartenente ad un piccolo partito della coalizione,
rischia di essere l’ultima goccia.
Dall’altro
lato, Thaçi ha probabilmente voluto rafforzare l’asse con Erdo
ğan, con cui intercorre un forte legame politico da molti anni.
Eseguendo gli ordini del sultano, il presidente kosovaro si è assicurato
un sostegno prezioso per gli anni a venire, che certamente potrà tornare utile
nel complesso quadro politico del Kosovo e di tutta la regione balcanica.