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Siria, Yemen, bambini morti, bombardamenti e indignazione selettiva

Tahar
Lamri, Left, 26 febbraio 2018
Ci
arrivano da “Ghouta” immagini terribili – rese ancora più terribili in Italia
dal black out mediatico per tutto il resto del tempo in cui sembra che non
succeda nulla e all’improvviso l’inferno -.
A leggere e sentire i media sembra
che quel “feroce dittatore” che è Bashar Al Assad, si svegli una mattina con la
luna storta e schiaccia un bottone, senza motivo e senza avvertire, per
scatenare l’inferno su città e sobborghi nei quali regnava un attimo prima la
pace, l’amore e la serenità. Così da un giorno all’altro assistiamo impotenti
all’invasione di immagini di bambini dilaniati. Così da un giorno all’altro il
termometro dell’indignazione schizza alle stelle. Come per dire: per il resto
del tempo che muoiano bambini o vecchi o donne, non li vediamo e il cuore non
duole, ora li vediamo o ci sembra di vederli e quindi non sappiamo dove
nascondere la faccia davanti a queste terribili immagini. E non importa se
alcune di quelle immagini sono di bambini yemeniti morti sotto bombe fabbricate
in Sardegna. Bambini yemeniti, sembra, non in grado di commuovere qualcuno:
possono morire sotto le bombe o di colera non fa nessuna differenza per la
nostra indignazione selettiva. Anzi immoralmente condividiamo le loro immagini
perché siamo… altamente indignati… per un altro conflitto. Terribile scissione
della personalità.
Ma perché
la Siria schizza ogni tanto agli onori della cronaca e agli onori
dell’indignazione selettiva? Siamo così, può chiedere legittimamente qualcuno,
manipolati dai jihadisti? No, siamo manipolati dai manipolatori dei jihadisti.
È un copione già visto a Qusayr, a Baba Amr, ad Aleppo e nella stessa Ghouta di
oggi qualche anno fa. Copione che fa salire ogni volta di colpo la tensione
alle stelle con tanto di riunioni all’Onu – come oggi – per fare pressione
sulla Siria per aprire un corridoio umanitario, ufficialmente per portare aiuti
alle popolazioni, ma in realtà è per far uscire forze speciali straniere in
tutta sicurezza.
Ai
manipolatori non importano i jihadisti, loro mercenari, non importano i bambini
siriani. A Baba Amr, nel 2012, un numero imprecisato di agenti francesi furono
catturati dall’esercito siriano. In quel momento, i media sono stati invasi da
immagini e video del tutto simili a quelli di oggi, la stessa polvere, la
stessa nebbia, la stessa scenografia, cambiano solo le persone, cambiano i
morti. Baba Amr fu battezzata dai media la Stalingrado della Siria. Lo Stato
siriano ha trattato, in segreto ovviamente, e ha consegnato quei soldati alla
Francia, non si sa per quale contropartita. Poi dopo tutto fu facile, lo Stato
ha negoziato con i jihadisti e li ha trasportati con autobus verdi verso Idlib:
come è successo a Qusayr, ad Aleppo, a Homs e altrove, per questo, fateci caso,
una volta la città o il quartiere ripreso dall’esercito siriano, cessa come per
incanto di esistere nelle cronache, non ci è dato sapere che fine fanno i
sopravvissuti di quelle città e di quei quartieri.
E così le
città sono tornate allo Stato siriano, molte persone alle loro case e in
qualche caso si è persino avviata la ricostruzione. Ci sarà anche questa volta
la trattativa e gli autobus verdi? Staremo a vedere.
Questa
volta il quadro sembra più complicato perché la posta in gioco è altra ed è
alta: gli Usa intendevano introdurre jihadisti dell’Isis, cooptati dopo la
sconfitta dello Stato islamico con l’aiuto delle Forze di Siria Democratica
(SDF) e delle asha’er (le tribù), cooptazione documentata dalla BBC nel
reportage “Raqqa’s Dirty Secret” (cercatelo su Internet, è molto
istruttivo). Questi ex jihadisti dell’Isis, con i quali i nordamericani
volevano in un primo tempo creare una forza da disseminare lungo la frontiera
turca, progetto fallito sotto i colpi dell’esercito turco. Colpi che hanno
svegliato i curdi del YPG della loro sbornia di collaborazione con gli Usa e
sono tornati a collaborare con lo Stato e l’esercito siriano. Ora sembra che
gli americani li vogliano portare dal deserto siriano e da Tanaf, a circa 75 km
da Ghouta per aprire un fronte nella campagna di Daraa a 46 km dalla stessa
Ghouta. L’esercito siriano, per sventare questa operazione, ha inviato le sue
Forze speciali Nimr (Tigre) che non hanno mai perso una battaglia fino a questo
momento. Tutto parte da cui: se queste forze entrano in questo momento a Ghouta
rischiano di far prigionieri imbarazzanti per Usa e alleati. Da qui una guerra
mediatica contro la Siria. Da qui l’invasione di immagini inviati da feroci
assassini per “intenerire il mondo”.
La Ghouta
(est), zona di 150 km2 circa, è controllata attualmente dai jihadisti di Jeish
Al-Islam (L’esercito dell’Islam) con 15mila combattenti, da Failaq Al-Rahman
(Corpo d’armata del Misericordioso), alleato di Jabhat Al-Nusra – Al Qaeda in
Siria – con 6mila combattenti e da altri gruppi meno importanti numericamente
come Ahrar Al Sham (Liberi di Siria, o Siriani Liberi) e Al Fustat (dal nome
antico del Cairo). Tutti questi gruppi sono finanziati dalle monarchie del
Golfo. Questi gruppi jihadisti, in conflitto fra di loro, si mettono d’accordo
per due cose: nell’esporre civili e prigionieri in gabbia (gabbie chiamate
“sujun attawba”, prigioni del pentimento; il pentimento per i jihadisti si
compie anche con la morte) nelle strade come scudi umani contro i bombardamenti
dell’esercito siriano e nel bombardare quotidianamente Damasco, bombardamenti
che provocano centinaia di morti, di cui, stranamente, non si sente mai
parlare. Ci sono morti più morti di altri.