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I tanti alfabeti del Kazakistan, o piuttosto Qazaqstan

Martina
Napolitano,
East Journal, 1 marzo 2018
Il 26
ottobre scorso il presidente kazako Nazarbayev ha annunciato che l’alfabeto
ufficiale della lingua kazaka – al momento il cirillico – verrà gradualmente
sostituito dai caratteri latini entro il 2025.
 

Una dichiarazione che non suona
particolarmente sorprendente per la repubblica centro-asiatica. Già nel 2006 lo
stesso presidente aveva dichiarato la necessità di abbandonare il cirillico.
Ancora, nel dicembre 2012, Nazarbayev spiegava quanto passare all’alfabeto
latino fosse necessario per “la nostra integrazione nel mondo, per favorire lo
studio dell’inglese da parte dei nostri studenti e della lingua di internet”, e
presentava l’innovazione come “uno stimolo per la modernizzazione della lingua
kazaka”. A fine 2016 il presidente del senato kazako Kassym-Jomart Tokayev ha
proposto di modificare innanzitutto il nome del paese, secondo una più corretta
traslitterazione, dall’attuale Kazakhstan a Qazaqstan (nello specifico, Qazaqstan
Respy’blikasy, Repubblica kazaka). Stando al documento firmato
il 20 febbraio 2018 dal presidente Nazarbayev, il nuovo alfabeto a caratteri
latini conterrà 32 lettere, di cui due forme digrafiche (sh e ch) e diversi
segni diacritici (ad esempio, á e
ń).
Breve
storia degli alfabeti kazaki
Per il
Kazakistan questo passaggio di alfabeto sarebbe il terzo nel giro di un secolo.
Entrate nell’orbita sovietica negli anni Venti, le popolazioni turcofone
(esclusi i ciuvasci) – una ventina – passarono dai caratteri arabi a quelli
latini. Momento chiave può essere considerato il
congresso turcologico di Baku, nel 1926. Il cirillico non era considerata
un’opzione all’epoca per queste lingue, ma anzi esso avrebbe rappresentato un
retaggio imperialista zarista, secondo il linguista Jakovlev, ideatore del
grande progetto di latinizzazione (nonché nonno della nota scrittrice Ljudmila
Petruševskaja). Sull’onda dei sogni di una rivoluzione globale, all’epoca si
arrivò a parlare addirittura di latinizzazione della lingua russa (era il
1929), cosa poi mai realizzata (il Politbjuro nel 1930 bloccò i lavori della
commissione deputata). Le lingue che prima utilizzavano l’arabo ricevettero quindi
una nuova tabella alfabetica di 39 caratteri – 25 latini e 14 appositamente
ideati per adattarsi a queste lingue. L’alfabeto kazako consisteva allora di 32
segni.
Nel 1938,
tuttavia, il governo sovietico decretò il passaggio al cirillico di tutte le
lingue delle repubbliche, secondo lo slogan del “perfezionamento degli alfabeti
delle lingue sovietiche”; erano gli anni del terrore staliniano, in cui ogni
forma che potesse mettere in discussione l’accentramento del potere doveva
essere – anche fisicamente – eliminata. Nel 1940 la lingua kazaka si ritrovò
quindi ad avere non più i 32 caratteri grafici latini, ma 41 lettere
cirilliche, a cui nel 1957 venne aggiunta la 42esima (la
ё).
L’imposizione
del cirillico evidentemente non era pensata per facilitare i sistemi di
scrittura delle lingue turche, quanto per rendere più immediato l’apprendimento
del russo, in prospettiva. Così come veniva scritto e insegnato, l’alfabeto
prevedeva prima di tutto le lettere identiche a quelle utilizzate in russo, e
dopo di esse quelle aggiunte per le necessità fonologiche delle lingue turche.
In tal modo, il bilinguismo perfetto venne per decenni cognitivamente
ostacolato: leggere e scrivere poteva risultare ben più semplice
in russo
che nella propria lingua madre.
Desovietizzazione
e derussificazione degli alfabeti nazionali
Non deve
stupire allora che con il collasso dell’Unione Sovietica, la desovietizzazione
delle neo-indipendenti repubbliche sia passata spesso per la derussificazione
degli alfabeti nazionali, ovvero nel passaggio dal cirillico all’alfabeto
latino (o georgiano, armeno, etc.) per quelle lingue che negli anni Trenta e
Quaranta si videro imposte il primo sul secondo – è il caso dei paesi baltici,
caucasici, della Moldavia e delle repubbliche centro-asiatiche, ad esempio. Per
quanto l’abbandono del cirillico possa suonare come una presa di distanza da
Mosca, tale scelta è anche
motivata
da esigenze di semplificazione di apprendimento della
propria madrelingua.
Le
politiche linguistiche del Kazakistan indipendente
Le
politiche linguistiche sono al centro dell’attenzione dei legislatori kazaki
dalla fine degli anni Ottanta, e per quanto riguarda le questioni legate
all’alfabeto, fanno compagnia al Kazakistan le altre vicine repubbliche
centro-asiatiche: Azerbaijian, Turkmenistan ed Uzbekistan hanno a loro volta decretato
il passaggio ai caratteri latini negli anni Novanta, nonostante forme di
digrafia siano ancora presenti in tutti i paesi. Nel 1989 la legge “Sulle
lingue della Repubblica Socialista Sovietica Kazaka” pose le prime basi
giuridiche per la tutela di tutte le lingue parlate nella repubblica.
Successivamente, la Costituzione dell’indipendente Kazakistan nel 1993 elesse
il kazako come unica lingua ufficiale del paese, dando al russo comunque
dignità di lingua per la comunicazione transnazionale o interetnica –
un’opzione piuttosto comune nelle repubbliche post-sovietiche. Il passaggio del
mondo dell’istruzione, della ricerca e del settore produttivo dal russo al
kazako portò gran parte dell’elite intellettuale russofona – un sesto dell’allora
popolazione kazaka – a lasciare il paese negli anni Novanta.
Il
kazako, tuttavia, allora non era una lingua effettivamente conosciuta ad un
buon livello dalla totalità della popolazione del paese; nel 1996 il censimento
rilevava che solo il 62% si considerava capace di scrivere e parlare
correttamente kazako, mentre per il russo la percentuale era dell’85%. L’anno
scolastico 1999-2000 vide un 50% di studenti iscritti alle scuole kazake e un
45% iscritto a quelle in lingua russa. Inoltre, stando ai dati Unesco
del 2001, la mancata esistenza di eguali materiali didattici in kazako rende
gli studenti russofoni meglio preparati dei compagni che studiano in kazako.
Anche per tale motivo nel 2001 lo stato ha varato il
“programma di funzionamento e sviluppo linguistico 2001-2010”. Tre gli
obiettivi: la diffusione e il consolidamento della lingua kazaka nelle funzioni
di comunicazione sociale; la conservazione delle funzioni interculturali del
russo; lo sviluppo linguistico degli altri gruppi etnici del paese. Dal 2007,
infine, è attiva una
politica “trilinguistica” nel paese, che unisce l’inglese al kazako e al russo.
Il progetto intende gradualmente portare il “Kazakistan ad essere percepito in
tutto il mondo come un paese di alta formazione, la cui popolazione parla tre
lingue: il kazako, la lingua ufficiale; il russo, la lingua di comunicazione
transnazionale; l’inglese, la lingua della realizzata integrazione nell’economia
globale”, secondo le parole del presidente. Il progetto auspica inoltre che entro il 2020 il 95% della
popolazione raggiunga un livello ottimale di conoscenza del kazako, condizione
che pare imprescindibile per un paese che punta – almeno sulla carta – al
“trilinguismo” di stato.