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Facundo Huala sarà estradato, proteste dinnanzi al tribunale

Di Jean
Georges Almendras e José Guzmán, Antimafia Duemila, 06 Marzo 2018 
 
In pochi
minuti la notizia dell’estradizione del Lonko Facundo Jones Huala ha scatenato
una protesta generale tra i membri delle comunità mapuche appostati alle porte
del tribunale federale di Bariloche.

Antimafia
Dos Mil e Our Voice
 

Il Lonko sarà estradato in Cile come ha
disposto il Giudice Gustavo Villanueva, che ha emesso la sentenza lo scorso
lunedì 5 marzo, nella sede giudiziaria della Avenida San Martian. Circa
cinquanta mapuche, tra uomini, donne e bambini si sono radunati di fronte al
tribunale. Una manifestazione tenuta rigorosamente sotto controllo dalla
polizia, fortemente armata, che ha represso duramente il gruppo, facendo uso di
gas lacrimogeni e pallottole di gomma, senza badare alla presenza di donne
incinte e di minori. Non ci sono stati feriti tra i manifestanti, ma ancora una
volta la risposta dello Stato a una legittima rivendicazione è stata
spropositata.
La nota insolita della giornata è stata che il giudice ha impedito l’ingresso
della stampa e che il Lonko fosse informato della sentenza in video conferenza
(dal penitenziario di Esquel), alla quale hanno partecipato il giudice, il suo
segretario, il pm della causa e l’avvocato della difesa Sonia Ivanoff.



Questa
l’evoluzione del processo di estradizione iniziato lo scorso 28 febbraio nelle
vicinanze di una palestra della città di Bariloche. Un’udienza inedita che non
ha rispettato l’iter formale giuridico. Infatti si è svolta fuori sede e sotto
strette misure di sicurezza al solo scopo di tenere a distanza i familiari e i
membri delle comunità mapuche e i giornalisti.
Conclusa l’udienza in questione, dove le arringhe della difesa del Lonko e la
sua stessa sono state un vero esempio di coerenza e buon senso, e mentre tutti
erano in attesa della sentenza quella sera stessa (dopo circa 10 ore, con due
pause di 15 minuti), il Giudice Villanueva optò per prolungare l’attesa per la
sentenza fino al lunedì 5 marzo.
Tanto la difesa dell’accusato come i referenti delle comunità mapuche e i
rappresentanti delle organizzazioni di Diritti Umani lì presenti, hanno
dichiarato ai giornalisti la loro piena disapprovazione verso la forma in cui
si è svolta l’udienza e hanno insistito nel segnalare e sottolineare il
carattere politico della stessa.
In quanto ai fatti accaduti questo lunedì, dobbiamo segnalare che i mapuche
hanno iniziato a lanciare pietre e pali (non ci sono mai state armi da fuoco o
altri elementi di aggressione, ma soltanto rabbia, canti e slogan di protesta)
non appena il Lonko stesso, dal penitenziario di Esquel, ha reso noto tramite
mezzi stampa alternativi la notizia della sua estradizione.



Ed è a
quel punto che è scattata la protesta e la conseguente repressione da parte di
un contingente della polizia della Sicurezza Aeronautica e della Gendarmeria.
Con mosse strategiche hanno sparato contro i manifestanti proiettili di gomma e
lanciato gas lacrimogeni. Quindici, venti minuti di scontro che hanno coinvolto
i corrispondenti di Antimafia e componenti di Our Voice.

Antimafia
Dos Mil e Our Voice
 


Gradualmente la violenza si è placcata quando i manifestanti si sono
allontanati dalla zona ed è ritornata la calma. Sull’asfalto del Viale circa un
centinaio di pietre e di capsule dei proiettili di gomma lanciati dalle forze
di sicurezza. Si è anche appreso che la polizia di Rio Negro aveva fermato
circa quindici mapuche, tra loro una donna incinta ed una minorenne.



A
proposito dell’estradizione, nelle ore precedenti alla lettura della sentenza,
l’avvocato del Lonko Facundo Jones Huala, Sonia Ivanoff, ha dichiarato
enfaticamente ai giornalisti del quotidiano “La Izquierda”, che il
giudizio aveva un carattere persecutorio verso il popolo mapuche e che era di
taglio nettamente politico. 
Ed ha aggiunto: “Il Potere Giudiziario e gli operatori della giustizia
sono funzionali, sono un leva del motore di un piano sistematico che
intende  inculcare l’idea del mapuche nemico interno. Già il venerdì
mattina ci avevano comunicato che a Facundo era stata negata la scarcerazione
ed inoltre non avevano accettato un solo principio costituzionale, né di riconoscimento
di trattati di Diritti umani per i popoli indigeni”.
24 ore prima di conoscere la sentenza, l’avvocato Ivanoff, rispondendo ad un
giornalista di “La Izquierda” sul significato dell’estradizione in
caso si concretizzasse, aveva affermato: “Estradarlo significherebbe
indubbiamente criminalizzare il diritto dei popoli indigeni, e di gente a loro
vicina. Sarebbe legittimare la repressione, la persecuzione e la
criminalizzazione già in atto. Una situazione ampiamente questionata e
condannata dalla Corte Interamericana di Diritti Umani”.  



Per
concludere, sempre previamente alla sentenza, Sonia Ivanoff ha detto che la
lotta continuerà: “La mancanza di politiche pubbliche e di un Stato che
garantisca i diritti dei popoli indigeni, previsti dalla Costituzione Nazionale
e dai Trattati internazionali, generano un debito. E finché esisterà questo
debito la lotta continuerà. Finché si continuerà a negare il paradigma della
diversità culturale e continuino ad insinuarsi le radici coloniali, l’ordine
del giorno sarà spezzare la stigmatizzazione dell’indio nemico.
Criminalizzazione è la risposta alla rivendicazione dei diritti territoriali e
diritti culturali. Attaccare chi alza la voce e alle loro autorità politiche e
culturali è un piano sistematico. Quindi la lotta continuerà. La resistenza
continuerà, così come continuerà il recupero di diritti territoriali. Perché la
gente è stanca”.