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Mygrants, storia dell’app per far integrare i profughi in Italia

3 Settembre 2017

Una piattaforma fatta con sistemi di gamification. Che propone quiz sui diritti e doveri degli immigrati e sulle personali competenze professionali. L’ideatore Chris Richmond Nzi ne parla a L43.

Una piattaforma impostata su sistemi di gamification (ludicizzazione), ma che in realtà ha finalità per nulla legate allo svago. Mygrants, servizio online da aprile 2017, ideato da Chris Richmond Nzi, 32enne originario della Costa d’Avorio, punta all’integrazione nel tessuto sociale e lavorativo dei migranti che arrivano in Italia offrendo loro sia uno stimolo per avviare l’attività imprenditoriale sia un supporto legale in materia di diritti e doveri «dal giorno della partenza», si legge sul sito ufficiale, «a quello dello sbarco».

UN PASSATO IN FRONTEX. La storia di Chris è quella di un ragazzo che, nonostante le difficoltà derivanti dal trovarsi lontano dal luogo d’origine (Grand-Bassam) della sua famiglia, «ha avuto la fortuna», come dichiara a Lettera43.it, «di studiare e formarsi professionalmente». Dopo essere stato adottato, ha completato la formazione diplomatica in Svizzera prima di iniziare a lavorare per Frontex, l’agenzia europea per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne degli Stati membri dell’Unione europea.

GESTIONE FALLIMENTARE. Chris racconta: «Mygrants nasce dalla mia vicenda personale, di emancipazione, che mi ha visto trasformare la vergogna di sentirmi un figlio di immigrato. Volevo creare un sistema che potesse sopperire alle fallimentari politiche di accoglienza e integrazione italiane». I report di Frontex gli hanno messo davanti agli occhi una gestione fallace: «Se sono previsti 1000 sbarchi, è impensabile porre 6 hotspot in punti dove non arrivano barconi. E poi gli individui che arrivano non sanno nulla dei diritti d’asilo italiani ed europei».

Dopo lo sbarco e la permanenza nei centri di accoglienza, in Italia ci si trova disorientati sul proprio futuro, con diverse difficoltà nell’approccio con il tessuto locale e con il mondo del lavoro. Così l’iscrizione a Mygrants pone l’individuo di fronte alla consapevolezza dell’esistenza della Carta dei diritti fondamentali dell’uomo, del sistema di protezione internazionale per richiedenti asilo e rifugiati o del diritto alla salute, allo studio e all’autodeterminazione.

ASSIST IMPRENDITORIALE. Mygrants, il cui nome gioca con il verbo inglese “to grant” (concedere, garantire), va proprio incontro a queste difficoltà iniziali proponendosi come un servizio online capace di sfruttare un sistema attraente e semplificato di gamification. Con tre ambiziosi obiettivi: consapevolezza, stimolo imprenditoriale, integrazione.

QUIZ SOCIALI E LAVORATIVI. Ci si iscrive (il costo di 50 centesimi giornalieri viene detratto dai 35 euro che l’ente che ospita l’immigrato percepisce dallo Stato) e si risponde a un quiz, composto da oltre 300 moduli tematici, su questioni inerenti diritti e doveri degli immigrati assieme alle personali capacità e competenze professionali (tre i temi principali: diritto e asilo, sfide sociali e imprenditoria).

Il sistema classifica i punteggi dei migliori partecipanti che periodicamente hanno l’opportunità di essere contattati per corsi lavorativi o opportunità di crescita sociale. «Contando che il 47% degli immigrati regolari non ha completato gli studi superiori e l’88% non è laureato, è facile che i loro curricula siano inferiori qualitativamente rispetto a quelli italiani».

MAPPATURA DELLE COMPETENZE. Ecco perché il loro ingresso nel mondo del lavoro deve arrivare dalla porta della creatività e dello spirito di intraprendenza che secondo Chris «contraddistingue chi ha avuto la forza d’animo di affrontare viaggi faticosi e densi di rischi per la vita». E ancora: «Tra gli immigrati ci sono numerosi talenti che vanno spronati e stimolati. Noi con Mygrants mappiamo le competenze e li portiamo fisicamente nei luoghi dove possono costruirsi una carriera».

Proprio da qui può avviarsi un cambiamento nella visione che gli italiani hanno del fenomeno migratorio, un punto di partenza culturale prima di qualsiasi imposizione dall’alto come per esempio potrebbe accadere con l’eventuale legge sullo “Ius soli”, sui cui le forze politiche stanno discutendo in questo periodo e che per Chirs, che si definisce «favorevole al diritto naturale più che a quello artificiale», è impensabile attualmente: «Se pensiamo che il 67% degli italiani percepisce gli immigrati come una minaccia, anche legata a potenziali attacchi terroristici, è fuori luogo ora forzare la mano costringendo ad accettare nel tessuto sociale persone che non conoscono e che pensano siano soltanto un peso economico».

IMMIGRATI, RISORSA AZIENDALE. Cosa fare allora? «Se gli immigrati riuscissero a far emergere le loro facoltà in campo imprenditoriale, creativo e lavorativo, la capacità di generare economia e contribuire alla crescita delle comunità ospitanti, la percezione che hanno di loro gli italiani cambierebbe sicuramente». Continua Chirs: «Ricordo che gli immigrati regolari rappresentano il 9,5% dell’intero stock delle imprese attive secondo i registri delle Camere di commercio in Italia. Gli immigrati irregolari avrebbero intrinsecamente le stesse capacità».

Mygrants, per cui lavora uno staff che comprende anche la compagna di vita di Chris, Aisha Coulibaly, l’advisor Antonio Perdichizzi (a cui si aggiungono anche Sara Roversi e Andrea Magelli – e gli investitori “You can do & future food accelerator”) e il contributo da Beirut di Martina Trombetta non fa solamente volontariato ma è anche un impresa a tutti gli effetti con i suoi bilanci da tenere a bada e gli obiettivi da raggiungere.

APP VALUTATA GIÀ 10 MILIONI. E i traguardi, da questo punto di vista, non sono tardati ad arrivare, visto che il 28 luglio 2017 lo staff ha comunicato sulla pagina Facebook del progetto che «la piattaforma ha una valutazione pari a oltre 10 milioni di euro con una crescita esponenziale di oltre 2 milioni di euro per ogni singolo mese di operatività». Da una emergenza, quella relativa all’immigrazione, è quindi nata una start up che il successo economico e sociale non solo vuole raggiungerlo, ma donarlo a chi si trova a ripartire da zero. E questo non è proprio un gioco.