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Terrorismo, il flirt di Londra con l’estremismo islamico

6 Giugno 2017

Miliardi di euro al Qatar in cambio del 90% di forniture di gas. E armi all’Arabia Saudita, primo acquirente. Dal Medio Oriente fino alla Libia: i giochi pericolosi di Blair, Cameron e infine May.

Sconvolta dagli attentati di Manchester e di Londra, l’8 giugno 2017 la Gran Bretagna va al voto dopo una crisi di governo e durante il processo della sua uscita dall’Unione europea. Un momento di debolezza istituzionale e politica che non si ricordava dalla Seconda guerra mondiale, nel quale di fatto il terrorismo islamico avrà un forte ascendente sulla successione di Theresa May al numero 10 di Downing Street. Ma giova ricordare come, prima di lei, a lungo gli ex premier decisi a farla fuori – dal laburista Tony Blair pronto a ributtarsi nell’arena politica al conservatore David Cameron che, per bocca dei suoi ex capi strateghi, chiede le dimissioni di May per i «fallimenti nella sicurezza» – abbiano fomentato il fondamentalismo islamico nel mondo, attirandosi attacchi interni.

ARMI AI FONDAMENTALISTI. Prima di sostituire Cameron come premier, May è stata certo per anni a capo del ministero dell’Interno responsabile anche del coordinamento di parte dell’intelligence. Ma dagli Anni 90 la Gran Bretagna ha fatto fiorire nel deserto l’emirato del Qatar, ora estromesso dagli altri Stati del Golfo con l’accusa di finanziare il terrorismo: Oltremanica i loro reali al Thani hanno non a caso investito miliardi, milioni dei quali nella società di consulenza di Blair. I britannici spiccano poi secondi solo agli Usa (e primi per ordine cronologico) nella classifica di chi arma la monarchia fondamentalista islamica dei sauditi. Come nel 2011 furono i raid di Cameron e del presidente francese Nicolas Sarkozy a far montare le rivolte islamiste in Libia contro Gheddafi, che avrebbero riaperto la partita strategica sui pozzi della Cirenaica.