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In Italia non si può più manifestare: ecco la mia storia

29 Maggio 2017

Venerdì sera ho preso un treno da Milano Centrale per cercare di raggiungere Taormina. Il mio obiettivo era seguire la manifestazione indetta per sabato pomeriggio alle 15.00 in contestazione al summit dei leaders del G7 che in quei giorni si teneva in città. Volevo scrivere un articolo sulla vicenda, raccontando la mobilitazione in toto.
Sono partito da Como verso le sei del pomeriggio, cambiando a Milano per le 19.30 circa e a Roma per le 23, dove ho preso l’InterCity Notte 1959 in direzione Siracusa. Mi ero organizzato in anticipo, sarei arrivato a Messina per le 8 del mattino di sabato, qui mi sarei unito ad alcuni amici siciliani per poi muoverci tutti insieme in Pullman verso la manifestazione. Avevo comprato già anche il biglietto per il ritorno, programmando di dormire una notte a Messina per ripartire domenica mattina. Con me avevo solo uno zainetto con all’interno un cambio di vestiti, una copia della Coscienza di Zeno di Svevo e una di Odio gli Indifferenti, la macchina fotografica, un taccuino e una Kefiah curda.
Arrivato alla stazione di Villa San Giovanni alle 6.30 del mattino circa, in attesa che imbarcassero il mio treno sul traghetto per farci attraversare lo stretto, sono sceso dal treno per fumare una sigaretta e prendere una boccata d’aria. Mentre fumo si avvicinano a me due agenti della Polizia Ferroviaria in divisa, che stavano perquisendo il treno prima di lasciarlo ripartire. Mi chiedono dove fossi diretto, ho cercato di restare sul vago, ma spiegando la mia intenzione di raggiungere Taormina per fare un servizio per il giornalino per cui scrivo. Non avevo nemmeno finito di pronunciare la parola “Taormina” che vengo interrotto, mi chiedono i documenti e cominciano a scansionare accuratamente la mia vita su dei palmari in loro dotazione. Mi domandano se avessi mai avuto “guai con la legge” e io, in tutta sincerità, rispondo che quando avevo sedici la questura di Como mi aveva notificato due segnalazioni per manifestazione non autorizzata. Mi fanno tirare giù dal treno il mio bagaglio e mi chiedono di accompagnarli in centrale. Chiedo di poter fare una telefonata prima di seguirli, per avvisare i ragazzi che mi aspettavano a Messina del mio ritardo, sentendomi rispondere che, semmai, “me l’avrebbero fatta fare più tardi dalla centrale”. La prima domanda che mi viene rivolta è: “senta, Baldino, lei deve scendere a fare questo articolo, ma che ne pensa politicamente di questo G7?”. Rispondo in modo vago e ignoro la domanda.
In centrale vengo perquisito. Gli agenti continuano a pormi domande delle più assurde, mi chiedono più volte se avessi addosso stupefacenti, se avessi precedenti per possesso di droga o se avessi addosso coltelli o simili. Io non avevo addosso nulla, quindi mi faccio perquisire. Mi fanno vuotare le tasche, lo zaino, la macchina fotografica, mi fanno abbassare i pantaloni e togliere le scarpe, lo stupore nel constatare che indosso calzini di colore diverso induce in loro il dubbio, tanto da domandarmi il perché di una così pericolosa scelta stilistica. Anche se la domanda sul sovversivo disappaiamento dei calzini non è forse la più strana che mi rivolgono durante quella perquisizione, visto che, poco dopo, mi chiedono di leggere la scritta sulla maglia che indossavo sotto la felpa (per la cronaca, una maglietta grigia di Breaking Bad). Mi fanno rivestire e sequestrano le due schede SD che mi ero portato per la macchina fotografica, la penna USB di Star Wars che avevo nello zaino, la Kefiah e un adesivo.