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I veleni di Santa Gilla, paradiso sardo della biodiversità

8 Giugno 2017

L’acqua della laguna presenta valori elevati di arsenico e alluminio. Mentre abitanti e greggi si ammalano. In terreni trasformati in discariche. Nel mirino dei pm il colosso cagliaritano Fluorsid.

Acqua, suolo e aria: il potenziale disastro ambientale si muoveva su più elementi. E se ora è tempo di continue analisi, i danni e i bilanci arriveranno forse col tempo. Anche e soprattutto per le aree protette, come la Zona di protezione speciale della laguna di Santa Gilla – nel Sud della Sardegna – ampia 13 chilometri quadrati, habitat di fenicotteri e una delle più importanti d’Europa per la biodiversità. La scossa giudiziaria che ha travolto i vertici della Fluorsid, colosso mondiale che produce fluoro e derivati alle porte di Cagliari, s’è sentita anche ai vertici della fabbrica di proprietà del patron del Cagliari calcio, Tommaso Giulini – per ora non coinvolto, ma convocato in procura come persona informata del fatti.Con l’accusa di associazione a delinquere, disastro ambientale e inquinamento sono finite in carcere cinque persone, altre due ai domiciliari ed è stata posta sotto sequestro un’area di otto ettari. In cella i dirigenti: Michele Lavanga, direttore dello stabilimento; Sandro Cossu, responsabile della sicurezza ambiente, Alessio Farci, ingegnere a capo della produzione – ora questi ultimi due ai domiciliari -; e poi due lavoratori di una ditta esterna, la Ineco, a cui erano affidati soprattutto commesse per lo smaltimento rifiuti, in cella – e anche loro ai domiciliari dopo gli interrogatori – Marcello Pitzalis e Simone Nonnis, rispettivamente dipendente ed ex dipendente. Ai domiciliari pure il titolare della Ineco Armando Benvenuto Bollani e Giancarlo Lecis, funzionario tecnico della Fluorsid. A cui si aggiunge un indagato a piede libero: Fabrizio Caschili, direttore commerciale della Fluorsid.

MORIA DI GREGGI. Il perché dei provvedimenti chiesti dal pm Marco Cocco si può leggere nell’ordinanza firmata dalla gip Cristina Ornano: «Reiterazione del reato e dell’inquinamento delle prove». Nel documento di 168 pagine si parla di «livelli di inquinamento sconcertanti», per l’accusa diretta conseguenza di attività illecite come l’occultamento e l’interramento di fanghi acidi al suolo. Non azioni casuali, è la tesi, ma deliberate e orchestrate con l’obiettivo di «risparmiare», «massimizzare il profitto», «produrre, produrre, produrre». Questo il senso di “strategie” durate anni, secondo l’accusa, e ricostruite nelle indagini partite da un esposto di alcuni pastori tre anni fa: le loro greggi erano ammalate di fluorosi, così avevano certificato anche i veterinari, e morivano. Per lo stesso motivo negli Anni 80 l’azienda era stata condannata in sede civile a un risarcimento.