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Cinquant’anni dopo il colpo di stato dei colonelli in Grecia Il punto di vista del Quotidiano dei redattori

di efsin.gr, 21 aprile 2017, traduzione italiana di Milena Rampoldi per Tlaxcala.

È trascorso mezzo secolo dal colpo di Stato del 21 aprile 1967, ma le conseguenze dei sette anni di dittatura continuano a farsi sentire nella vita politica del paese. Quest’epoca è stata oggetto di studi da parte degli storici – come ce lo ricordano il convegno di grandissimo interesse dell’EIE (Fondazione greca di ricerca scientifica) e degli ASKI (Archivi di storia sociale contemporanea) – e le edizioni speciali del nostro quotidiano.

Alcuni aspetti ed alcune conseguenze di questo periodo sono ancora molto vivi e ogni tanto riappaiono alla superficie, rinascendo in un certo senso dalle loro ceneri come l’uccello sinistro che i membri della giunta avevano scelto come emblema (la fenice).
Questo fenomeno si manifestò soprattutto dopo il crollo del sistema politico causato dalla crisi, quando entrarono ufficialmente in Parlamento alcuni rappresentanti dei nostalgici della giunta, inclusa la sua tendenza più dura, ovvero quella nazista. Ovviamente a partire dagli anni 1990 era stata preceduta dalla creazione di una corrente che contestava il ritorno alla democrazia, rimettendo in questione le disgrazie che la dittatura aveva causato.
A quel punto abbiamo vissuto la trasformazione della società greca, “europea” tollerante in una società xenofoba, mentre si ci imponevano dall’alto i sermoni nazionalisti e le manifestazioni ufficiali, organizzate dalla classe dirigente di allora.
E poi, nel corso del decennio successivo, fu la chiesa a coinvolgersi nella “battaglia identitaria” per ricordarci gli aspetti positivi della Grecia dei cristiani ellenici (slogan della Giunta).
I media giocavano un ruolo chiave nel contesto di questa trasformazione. Un ruolo del tutto particolare lo giocava la televisione privata che a quell’epoca aveva assunto delle proporzioni gigantesche. Fino ad oggi vediamo dei giornali che assumendo le sembianze “democratiche” sotto l’etichetta di “racconti storici” riprendono i racconti della giunta o della propaganda monarchica o falsificavano apertamente la storia di questo periodo solo per non offendere  i figliastri di una delle numerose dinastie politiche.
Nella nostra epoca il ricordo, la comprensione e l’analisi della dittatura sono di un’attualità sempre più pressante. E la difesa dei valori della transizione democratica acquista un’importanza sempre maggiore. Perché dopo 50 anni non si può più ingannare nessuno.
Manteniamo dunque il ricordo incancellabile di tutti coloro che hanno sacrificato anni della loro vita nelle prigioni ed in esilio e hanno persino sacrificato la propria vita nella loro resistenza contro la Giunta, e difendiamo la libertà e la democrazia che non ci hanno mai concesso volentieri in questo paese.