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L’Olanda resta liberale, ma niente sarà più come prima

16 Marzo 2017

Rutte vince le elezioni perdendo consensi: il primo ministro ha staccato nettamente la destra di Wilders, che però è salita al secondo posto. Balzo dei verdi e dei cristiani tradizionalisti. E i laburisti rischiano di scomparire

Se le elezioni parlamentari olandesi di ieri passeranno alla storia, è perché il partito liberal-democratico del premier uscente Mark Rutte ha fermato l’avanzata del partito nazionalista di Geert Wilders, l’alleato di Marine Le Pen e (potenzialmente) di Donald Trump. E questo è stato, dopo una campagna elettorale giocata sulla divisione fra gli amici e i nemici dei Paesi Bassi, che ha attirato una grande attenzione da parte della stampa internazionale e ha portato alle urne più del 73% degli aventi diritto. Prima il dibattito sull’Islam. Poi quello sulla Turchia di Erdogan. Alla fine il Vvd si è confermato la prima forza politica della Camera bassa: il partito di Rutte ha raccolto circa il 21% dei voti, 33 seggi sui 150 in palio. Il Pvv di Wilders è invece diventato la seconda, circa il 13% con 20 seggi. Per averne l’ufficialità occorrerà attendere i risultati finali, non prima di questa sera: c’è infatti solo un seggio di vantaggio su altre due forze politiche, i centristi della Cda e i democratici progressisti della D66, entrambi appena sopra il 12%. A sinistra, c’è stato invece il tonfo dei laburisti della Pvda: dal 25% del 2012 al 5,7%. Di fatto spariti, dopo aver partecipato al governo di coalizione con Rutte. Sono stati dunque i verdi della Groen Links, fra le sorprese di queste elezioni, a raggiungere al quinto posto i socialisti della Sp: entrambi rappresentano ora le principali forze di sinistra, con un 9% e 14 seggi a testa.