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Così la Sardegna è diventata la Guantanamo d’Italia

14 Gennaio 2017

Nelle carceri di Sassari e Nuoro sono stati trasferiti una ventina di presunti jihadisti arrestati in Italia. Rappresentano il 50 per cento degli islamici accusati di terrorismo internazionale. Ma nelle stesse prigioni, denunciano diversi parlamentari isolani, mancano gli agenti

La Guantanamo d’Italia è in Sardegna. Negli ultimi tempi circa venti presunti jihadisti sono stati trasferiti nelle carceri dell’isola. Rinchiusi nelle case circondariali di Bancali e Badu’e Carros, a Sassari e Nuoro. Rappresentano la metà dei 44 islamici detenuti nelle nostre prigioni e accusati di terrorismo internazionale. «Persone alle quali sarebbero già stati contestati legami con cellule terroristiche attive o dormienti – scrive il senatore del Partito democratico Ignazio Angioni in un’interrogazione depositata pochi giorni fa a Palazzo Madama – e con comportamenti sospetti durante la detenzione». Tutti detenuti sotto monitoraggio da parte del nucleo investigativo centrale della polizia penitenziaria.

In questi giorni diversi parlamentari sardi hanno sollevato il caso. Preoccupati dalla decisione di trasferire i presunti terroristi, anche per le carenze di personale in cui versano le case circondariali dell’isola. Recentemente il deputato del movimento Unidos Mauro Pili ha svolto una visita ispettiva nel carcere di Sassari, che ospita 18 presunti jihadisti. In un’interrogazione alla presidenza del consiglio dei ministri elenca la lista dei sorvegliati speciali più pericolosi rinchiusi a Bancali. Tra di loro c’è Hamadi Ben Abdul Aziz Ben Ali, 51enne tunisino inserito tra «i 30 superjihadisti della blacklist stilata da Obama». Con lui è recluso Muhammad Hafiz Zulkifal, già imam di Bergamo e Brescia. «Il capo della cellula italiana di Al Qaeda – denuncia il deputato sardo – composta da 18 persone tra cui l’imam di Olbia, Sultan Wali Khan».

Sempre a Sassari si trova Abderrahim Moutaharrik, 27enne marocchino campione di kickboxing arrestato la scorsa primavera e accusato di aver stretto legami con l’Isis. «Si temeva che Abderrahim – si legge nel documento depositato a Montecitorio – avesse ricevuto la tazkia, il nulla osta all’arruolamento nelle milizie di Al Baghdadi che ne faceva un possibile “martire”, pronto forse a farsi esplodere in Vaticano». La lista dei reclusi più pericolosi prosegue. Tra i detenuti c’è il macedone Karlito Brigande, «ex militante dell’esercito nazionalista Uck e probabile cane sciolto dell’Isis, arrestato a Roma quando era pronto a partire per l’Iraq». E il somalo Abshir Mohamed Abdullahi, arrestato per istigazione al terrorismo. Uno scenario inquietante, reso ancora più delicato dalle carenze strutturali del carcere di Sassari. Una casa circondariale, così si legge nell’interrogazione, con un organico privo di almeno 150 agenti.

Non è una novità. Da tempo, in Sardegna, il sindacato di polizia lamenta una carenza di organico rispetto al numero dei detenuti presenti, come denuncia in un’altra interrogazione il deputato Roberto Capelli, esponente del gruppo Democrazia Solidale – Centro democratico. A Sassari la situazione sembra essere particolarmente delicata. «Nel carcere di Bancali – scrive Pili – è in serio pericolo la sicurezza degli agenti, costretti a turni massacranti, con carenze di organico oltre il 40 per cento del personale necessario». Pili denuncia quello che ha visto durante la sua recente visita. «Si registrano agenti costretti a entrare in servizio da soli in reparti delicati come quello dell’alta sicurezza 2, dedicato al terrorismo internazionale».