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Sud Sudan, Onu riconosce massacro Makalal

di Edith Driscoll, 27 giugno 2016.

Secondo Medici Senza Frontiere “Msf” l’Umiss non ha rispettato il proprio mandato di proteggere i civili.

Il massacro avvenuto nella notte del 18 febbraio nel  nel Sud Sudan
sarebbe avvenuto a causa della confusione nel comando, nel controllo e
della mancata conoscenza delle regole d’ingaggio, ovvero degli ordini su
come comportarsi di fronte ad un attacco, da parte dei Caschi Blu. Lo
ha stabilito un’inchiesta delle Nazioni Unite sul comportamento che ha
messo in rilievo il l’operato dei Caschi Blu della Missione Onu in Sud
Sudan (Umiss).


Secondo il rapporto, gli assalitori indossavano uniformi dello Spla
(Esercito di Liberazione del Popolo Sudanese) e avrebbero usato armi
relativamente sofisticate, compresi proiettili traccianti e granate, per
colpire i civili rifugiati nella struttura Onu che ospita circa 50.000
sfollati. Almeno 30 civili sono rimasti uccisi e ci sono stati 123
feriti.


Secondo Medici Senza Frontiere “Msf” l’Umiss non ha
rispettato il proprio mandato di proteggere i civili, come stabilito dal
Consiglio di Sicurezza:
prima dell’attacco, ha fallito
nell’impedire che nel campo entrassero armi; ha deciso di non
intervenire quando sono iniziati i primi scontri e quando è avvenuto
l’attacco dall’esterno è stata estremamente lenta nel rispondere
all’assalto”.



L’Onu ha annunciato che le truppe che non hanno risposto all’assalto verranno rimpatriate,
lo ha annunciato il sottosegretario delle Nazioni Unite per le
operazioni di peacekeeping, Hervé Ladsous. In una dichiarazione
rilasciata ieri, Ladsous ha anche ammesso che “c’è stata una mancanza di
reattività da parte di alcuni, una mancanza di comprensione delle
regole di ingaggio da parte di altri”. Il funzionario Onu non ha quindi
fatto nomi e ha precisato che “ci saranno rimpatri di unità e di singoli
ufficiali”.

FONTE: Interris