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Le vite spezzate delle ragazze nigeriane: schiave moderne sotto le nostre case

di Dominella Trunfio,  27 giugno 2016.

Corpi seminudi agli angoli delle strade, donne vittime della tratta, donne schiave costrette a vendere se stesse. Alla maggior parte delle ragazze che arrivano in Italia dalla Nigeria, tocca questa amara sorte.

Secondo l’Organizzazione internazionale per le migrazioni a giugno 2015 sono approdate nel nostro Paese quasi 5mila donne nigeriane, un numero di quattro volte superiore rispetto a quello del 2014. E per la metà di loro Italia ha fatto rima con prostituzione e sfruttamento.

Vittime della povertà e ingannate da
promesse di benessere, le donne nigeriane si ritrovano per strada a
vivere una vita ancora peggiore di quella che hanno lasciato. Ingenuità,
vulnerabilità, disperazione giocano un ruolo fondamentale sullo stato emotivo. Diventano clandestine senza identità.
Giornate fatte di prigionia, di minacce, di ricatti, di violenze, di riti voodoo
e ancora di paura e umiliazione. Donne che diventano oggetti in un
mercato, quello dello sfruttamento sessuale, che secondo le Nazioni
Unite è la terza attività più redditizia al mondo, dopo armi e droga.


Ma il traffico nigeriano non è un
fenomeno recente, già negli anni Ottanta esisteva una fitta rete di
attività illegali, col tempo la tecnica si è raffinata, l’industria
delle vittime sessuali ha creato un proprio sistema con tanto di regole e ruoli ben definiti e da rispettare.


Una scala gerarchica che vede nel gradino più basso le maman,
ex prostitute che gestiscono le ragazze nigeriane appena arrivate in
Italia col sogno di trovare un lavoro onesto o di poter studiare. Le
maman le “addestrano”, le mettono in strada, gli “insegnano la vita” e
gestiscono i pagamenti.

Le neo
prostitute arrivano già con un debito altissimo nei confronti di quelli
che si riveleranno i loro aguzzini, cifre esorbitanti che toccano anche i
50mila euro. Ma i loro corpi sono alla mercè per appena 20/30 euro a cliente.





Nel secondo gradino, troviamo chi si occupa di far arrivare le ragazze nelle principali città italiane. Secondo la Foundation for Africa, un’associazione che sostiene attività benefiche per il continente nero creata da Maris Davis, il traffico inizia a Benin City a Lagos
e si espande in Europa passando da Parigi, Amsterdam e Madrid fino a
Torino, Palermo, Roma e Napoli. Da qui inizia poi lo ‘smistamento’.
Ma la mafia nigeriana ha un gradino ancora più alto. Finora abbiamo parlato solo delle pedine, ma chi è a capo di tutto? I trafficanti di esseri umani che vivono e lavorano in Nigeria intrattenendo legami di corruzione
con governi e ambasciate. Un’organizzazione che niente ha da invidiare a
quelle di stampo mafioso, che riesce a gestire il mercato del falso tra
documenti e visti oltre che quello della prostituzione minorile.

Il
reclutamento delle giovanissime inizia in villaggi dove degrado e
povertà succhiano ogni linfa vitale. Le promesse sono tante e il
crederci non costa nulla. Quando si è disperati, qualsiasi cosa sembra
migliore. Iniziano così viaggi impossibili: il deserto del Sahara e poi la lunga rotta del Mediterraneo.


A Benin City la maggior parte della
popolazione vive con meno di due dollari al giorno, le famiglie sono
costrette a vendere i figli e le ragazze a vendere se stesse per
assicurare la sopravvivenza ai propri cari. Il sogno europeo è il loro miraggio. Un sogno che si trasforma in un incubo.


Sono poche quelle che riescono a fuggire
dalla strada, le ragazze nigeriane sono sottoposte perfino a riti
voodoo per farle prostituire. La Guardia di finanza, nei giorni scorsi,
ha smantellato un’organizzazione di trafficanti di donne e uomini che
agivano tra Palermo e Reggio Calabria, grazie a una ventiseienne che ha
avuto il coraggio di denunciare i propri aguzzini.


Era arrivata nel Sud Italia
con la speranza di fare la tata e con un debito di 30mila euro, era
stata rinchiusa con altre ragazze e sottoposta a riti assurdi tra cui
quelli voodoo per renderla docile e obbediente.
Riti che iniziano già in Africa quando il
capo villaggio ‘benedice’ la partenza delle donne mescolando in un
sacchetto di polveri magiche, peli pubici, unghie e un assorbente sporco
di sangue. Secondo usanze africane, lo stregone ha così in mano il
destino delle ragazze. 
Troppa la paura di ribellarsi, di vedere morire i
propri cari.
Un destino beffardo e per molte senza via d’uscita che le priva della propria dignità e della speranza di un futuro migliore.
Foto: Elena Perlino/Rex Feautured
FONTE: Greenme