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Quelli che si riempiono le tasche con gli immigrati

di Alessandro Gazoia,
ilpost,
16 Aprile 2016



Profugopoli.
Quelli che si riempiono le tasche con il business

degli
immigrati,

è l’ultimo libro del giornalista Mario Giordano, pubblicato a
inizio marzo da Mondadori.

Il sottotitolo forse non è autoironico ma
è certamente autoreferenziale: grazie alla fama televisiva
dell’autore, all’impegno promozionale dell’editore e
soprattutto al “tema forte” Profugopoli
vende moltissimo. 

Giordano si riempie, quindi, le tasche con il
business degli immigrati, e più in generale con libri che, una volta
all’anno, a un onesto lettore additano un quelli
che
colpevole di malefatte.
Nella sua ampia produzione, sempre per
Mondadori dal 1997 di Silenzio,
si ruba. Le troppe verità che ci nascondono per continuare a
svuotarci le tasche
, troviamo
opere come Pescecani. Quelli
che si riempiono le tasche alle spalle del Paese che affonda

(2015), Tutti a casa! Noi
paghiamo il mutuo, loro si prendono i palazzi

(2013), Sanguisughe. Le
pensioni d’oro che ci prosciugano le tasche

(2011) e Chi comanda davvero
in Italia. I clan del potere che decidono per tutti noi

(1998). 

In tutti i titoli, insomma, lo schema è “loro corrotti
fregano noi corretti” e l’emozione da suscitare è
l’indignazione. Questi libri offrono anche un comodo appoggio per
l’autoindulgenza del fruitore, forniscono cioè un aiuto
psicologico a un certo lettore che comodamente si cala nella parte
dell’innocente vittima, sempre truffata tartassata perseguitata. A
questo puro noi
– noi che paghiamo il mutuo e le tasse, andiamo a lavorare tutti i
giorni, rispettiamo le leggi, noi che non siamo complici e colpevoli
di nulla – si contrappone un nemico del tutto separato, un loro
totalmente altro, un quelli
che
con noi non c’entrano
nulla.

Profugopoli
è molto notevole per la particolare definizione del noi e loro, dei
buoni e dei cattivi. Leggendo la presentazione del libro, si potrebbe
pensare che sia individuato un unico grande soggetto negativo:
“avventurieri improvvisati, faccendieri dell’ultima ora,
speculatori di ogni tipo” e “vere e proprie industrie” che
fanno affari “non sempre leciti”, con la scusa dell’assistenza
e della solidarietà agli immigrati. 

I migranti, infatti, “rendono
più della droga”, e le parole di Salvatore Buzzi, intercettato
nell’inchiesta Mafia Capitale, risuonano come un mantra in ogni
pagina.



Ai loro
si contrappongono, almeno in apparenza, tre categorie di buoni, tre
vittime. 

Per le prime due non ci sono dubbi. 
Sullo sfondo troviamo un
insieme più ampio e generico, il tutti
noi
che paghiamo il mutuo e
le tasse ecc. Poi viene un noi più ristretto e direttamente
danneggiato dagli affaristi: i “tantissimi volontari perbene… che
ogni giorno tendono la mano al prossimo senza ritirarla piena di
quattrini”. A queste persone è dedicato il libro, o meglio è
dedicato alla madre dell’autore, perfetta rappresentante della
categoria. Il secondo noi è così, idealmente, pure quello più
intimo degli affetti familiari.



Su
librimondadori.it
, nella biografia ufficiale di Giordano, la
madre non è citata ma per la sua ultima fatica vengono chiamati
dentro i figli e la moglie. 

E forse un poco forzatamente sono
collegati al tema.


Ora denuncia quelli che si
arricchiscono con gli immigrati che, come è noto, rendono più della
droga. Ha una moglie che ha finora resistito alla tentazione di farlo
diventare migrante. E quattro piccoli «giordanini» che ogni giorno dimostrano come la vera accoglienza disinteressata, per esempio
quella dei figli, produce tanta soddisfazione.


In Profugopoli
parrebbe esserci pure un terzo noi, gli immigrati, quelli che la
madre in apertura di libro compatisce con le parole: “non hanno
nulla, poveretti”. 

Non sembra, infatti, esserci dubbio che per
guadagnare poco onestamente sull’assistenza, un trattamento
inadeguato e servizi scarsi ai migranti siano componenti molto utili.
Giordano evidenzia talvolta questi aspetti, ad esempio quando scrive:
“la sistemazione non è delle migliori: il Di Francia Park non ha
camere da letto, le brandine sono malamente accatastate nelle sale
del ristorante, dentro le quali vengono stipate oltre 300 persone.
Del resto, per guadagnare 5 milioni e mezzo di euro da qualche parte
bisogna pur risparmiare, no?”



L’autore si riterrebbe offeso
dall’accusa di razzismo per Profugopoli,
sosterrebbe che il libro mostra limpidamente di non essere rivolto
contro gli immigrati e probabilmente citerebbe passi come quello
appena riportato. 

Poiché non si deve dare credito alle calunnie,
Giordano non utilizza neanche una volta in tutto il libro la parola
razzismo (e neppure razzista e altri termini simili come xenofobo).
Insomma il problema non esiste. 

Ritengo però che proprio il
linguaggio segnali, da subito, come il presunto terzo noi,
gli immigrati, venga in realtà piazzato molto vicino al loro

Leggiamo il dialogo con la madre in apertura di libro:

Anche oggi? «Anche oggi.» Sei andata
a distribuire pacchi agli extracomunitari? 

«Ne abbiamo dati 243.»
Bella forza, gratis… «Non hanno nulla, poveretti. Che cosa
dobbiamo fare?» Se ne aveste 300 di pacchi… «Li daremmo via
tutti.» E se ne aveste 500? «Pure.» E se ne aveste 5000? «Il
fatto è che si lamentano pure. A volte ci minacciano.» Vi
minacciano? Ancora? «Succede. Ma io mi faccio rispettare, lo sai…»
Lo so, mamma, lo so. Ti fai rispettare.



Gli extracomunitari nel giro di due
righe passano da poveretti privi di ogni cosa a violenti viziati, e
questo proprio nelle parole della madre volontaria, mentre l’a
volte
della minaccia
occasionale diventa subito una costante nella ripresa del figlio:
ancora
continuano a minacciarvi? 

Poco dopo la sfortunata condizione materna
viene ribadita da Giordano in forma più aggressiva: “non escludo
che ogni tanto tu [mamma] ci rimetta anche direttamente qualcosa di
tasca tua, per accontentare le richieste sempre più pretenziose dei
clandestini. Che poi ti minacciano pure”. 

Si noterà anche che
adesso gli extracomunitari
sono retrocessi a clandestini.



Un lettore di Manzoni direbbe a questo
punto che Giordano presenta gli immigrati come umili
solo per poterli trasformare subito in bravi:
il noi
si tramuta in loro

Ma la conversione è in un certo senso raffinata: non vi è un
insistere costante e prolungato su tali aspetti, la narrazione è
orientata in questa direzione e connotata in questo senso, senza
affermare troppo di frequente e troppo esplicitamente. La persuasione
viene prodotta per lo più attraverso incisi, parentesi, dubbi, a
lato. 

Solo in alcune occasioni emerge la polemica diretta, sotto
la protezione del nostro
magnanimo sdegno, del “quando ci vuole, ci vuole”, contro
l’ipocrisia del buonismo e del politicamente corretto, contro
quelli che ci fregano. 

In questi luoghi speciali Giordano non ha
paura di alzare il volume e prendersi l’applauso del pubblico che
lo aspetta nell’assolo.





Naturalmente non va neppure bene che
facciano qualcosa di utile, perché in tal modo, evidentemente,
i sedicenti
profughi rubano il lavoro agli italiani: “se un immigrato fa il
giardiniere o il cantoniere o l’archivista al museo, evidentemente,
toglie il posto a un altro che quel lavoro non lo può fare gratis
per il semplice motivo che deve vivere e non c’è nessuno che lo
mantiene”. 

Il brano continua sulla stessa linea, ma credo sia
inutile allungare la citazione e la dimostrazione.



Arriviamo in conclusione al cattivo
dichiarato, a chi fa affari con l’accoglienza. 

Il libro è composto
di numerose brevi schede, ognuna dedicata a un diverso soggetto
ovvero abuso, e Giordano vi applica un identico trattamento: presenta
come veri alcuni dati sparsi e quindi procede per allusioni,
insinuazioni e irrisioni. 

La via seguita è sempre la più facile,
quella della ricostruzione parzialissima, e talvolta del gioco di
parole come prova a carico, mentre mancano completamente
l’approfondimento dei casi, la spiegazione dei contesti, l’ascolto
e il riporto delle diverse posizioni, e in generale tutto quello che
distingue un’inchiesta giornalistica da una denuncia qualunquista
(con ciò non sto ovviamente negando che vi siano comportamenti
scorretti e truffe).  

Profugopoli
è questo, e soprattutto è il libro che, classifiche di vendita alla
mano, costituisce oggi il testo più letto in Italia
sull’immigrazione e sull’accoglienza.