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Il cambiamento globale causa migrazioni di milioni di persone

di Jason Margolis, globalvoices,
16 Aprile 2016


Foto di Md. Akhlas Uddin. Copyright Demotix


Si calcola che nel mondo
siano circa 26 milioni le persone costrette a trasferirsi altrove a
seguito di una catastrofe naturale. Quasi una persona ogni secondo. 

Tre volte il numero di profughi a seguito di guerre o violenze. 
E,
anche se gli scienziati non possono stabilire un legame diretto tra
un evento specifico (come un uragano) e i cambiamenti climatici,
sappiamo che gran parte delle catastrofi naturali sono ricollegabili
alle particolari condizioni climatiche che stiamo vivendo.



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I cambiamenti climatici
avranno gravi conseguenze non solo per chi vive alle Isole Marshall o
in altri Stati insulari nel mezzo dell’oceano. Nel Sud-est asiatico e
in Asia meridionale, milioni di persone vivono a pochi metri sul
livello del mare, in zone ad alto rischio a causa dell’innalzamento
degli oceani. È il caso, ad esempio, di Bangladesh, Vietnam,
Cambogia o Thailandia, che in futuro potrebbero assistere a
spostamenti massicci di popolazioni. 

In Bangladesh, a ben vedere,
quel momento è già arrivato.



Secondo François
Gemenne
, professore in diverse università europee e studioso di
geopolitica ambientale, gran parte dei cosiddetti rifugiati climatici
si sposta nell’entroterra e copre distanze piuttosto brevi. Come
spesso accade, sono proprio i più vulnerabili, cioè i più poveri,
a non potersi spostare, semplicemente perché migrare sarebbe troppo
costoso.



“Di fronte a una
catastrofe, la gente spesso non sa cosa fare, per cui cerca di
sopportare e resistere ai cambiamenti, per quanto possibile. Quando,
però, i cambiamenti diventano così gravi, così rapidi e così
frequenti come quelli a cui assistiamo oggi, arriva un punto in cui
diventano impossibili da sopportare,”
sottolinea Gemenne
“Lo
schema è sempre lo stesso: le persone stringono i denti e cercano di
tirare avanti, ma poi, quando la misura è colma, decidono di
emigrare.”



Certo, distinguere i
“rifugiati climatici” dagli altri rifugiati è un’operazione
complessa, poiché le cause delle migrazioni sono molteplici (non
solo catastrofi naturali, ma anche guerre, carestie, miseria).



“È ovviamente una
questione spinosa, e non sempre di facile risoluzione,”
spiega
Gemenne. 
“A parte i casi in cui la componente ambientale è
evidente, come quando ci si sposta a causa dell’innalzamento dei
mari, è difficile dimostrare che i cambiamenti climatici siano
l’unico motivo che spinge i migranti a lasciare la propria terra
d’origine. 

In realtà, non ha molto senso tentare di incasellare i
rifugiati climatici o ecologici in una categoria specifica. Ciò su
cui dobbiamo concentrarci ora è riconoscere che i cambiamenti
climatici hanno ormai un ruolo preponderante nelle migrazioni.”



Pensiamo all’Africa,
continua Gemenne, dove gran parte della popolazione è ancora
legata a un’economia agricola che il clima sta spazzando via. 

“Molti
dei migranti economici che lasciano l’Africa sono da considerarsi
anche come migranti climatici, perché le condizioni in cui vivono
non sono più sostenibili.”