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Il documento UE che rivela il fallimento delle politiche europee sull’immigrazione

di Lorenzo Bagnoli, vice,
18 aprile 2016


La politica dei ricollocamenti
promossa dalla Commissione Europea è un fallimento. 

Lo certifica,
ancora una volta, il secondo
rapporto su “relocation”
e “resettlement”
pubblicato il 12 aprile dalla Commissione stessa.


Le due parole indicano i modi di
ricollocare un profugo all’interno dell’Unione Europea: da un paese
interno (Italia e Grecia per il momento, viste le difficoltà dei
loro sistemi di accoglienza) oppure direttamente da campi profughi.



Questo sarebbe lo strumento per
evitare, a chi è fuggito dalla guerra, l’odissea all’interno dei
confini della Fortezza Europa. Peccato che ci siano paesi, in
particolare nel centro e nell’est Europa – l’area di Visegrad,
guidata dall’Ungheria di Orban – che si rifiutano di accettare
profughi “imposti” dall’UE.


È anche l’unica soluzione presentata
fino ad ora dall’Europa. 

Visti i risultati, è facile prevedere come
andrà l’estate. 

Il 16 marzo, durante la stesura del primo Rapporto
su “relocation” e “resettlement,” la Commissione
si era data uno scopo: ricollocare 6mila persone entro marzo.



Invece le persone che hanno trovato un
posto sono state 208, molto poche. Il programma di ricollocamento da
paesi europei è cominciato nel settembre 2015, e si pone come
obiettivo arrivare a 160mila persone entro il 2017. 

Quasi un’utopia:
al momento siamo fermi a 1.145 migranti, e di questi, in 530 persone
sono stati trasferiti dall’Italia, 615 dalla Grecia.
Dei 208 ricollocati, 46 provengono
dalla Grecia (e andranno in Estonia, Portogallo e Finlandia), 162
dall’Italia (e andranno in Portogallo, Finlandia e Romania. 

Entro il
16 aprile, altri 46 saranno ricollocati dalla Grecia e 42 dall’Italia
(tra cui 16 minori che saranno portati in Finlandia). Una quota
ridicola, se si pensa allo stress a cui verranno sottoposti i centri
di accoglienza, in particolare in Sicilia.


I dati del report della Commissione
Europea sugli sbarchi sono aggiornati dal 16 marzo all’11 aprile:
8.564. Il 13 aprile se sono aggiunti altri 1.500. 

Numeri che hanno
spinto il presidente del Consiglio Europeo Donald Tusk a lanciare un
allarme:“Il numero di potenziali migranti dalla Libia è
preoccupante,”
ha spiegato.



Il riferimento è alla dichiarazione
del generale Paolo Serra, collaboratore dell’inviato ONU in Libia
Martin Kobler:“In Libia ci
sono un milione di potenziali migranti.”
 

La cifra si basa sul numero di persone che da quando il paese è
frantumato in tre (due governi e una roccaforte dell’Isis) non hanno
possibilità, se non sulla sponda opposta del Mediterraneo.
Sempre secondo il Secondo Report della
Commissione, in Italia ci dovranno essere, entro l’estate, 111.081
posti per richiedenti asilo. Dal primo gennaio al 26 febbraio le
richieste di protezione umanitaria sono state 14.754 (+37,53 per
cento sul 2015) e le concessioni dello status di protezione sono
state 14.139 (+145,72 per cento sul 2015).

La Grecia non è da meno, nonostante
il 20 marzo il paese abbia siglato un negoziato con la Turchia per
rispedire ad Ankara tutti i migranti che arrivano via mare in Grecia.


La stima della Commissione è che nel
paese ci siano tra i 50 e i 56mila profughi — 11mila solo a
Idomeni, lungo il confine con la Macedonia. 

Bloccati, visto che la
rotta balcanica è impraticabile e i ricollocamenti vanno a rilento.


Gli arrivi, per altro, non si fermano:
sono stati oltre 9mila dal 16 marzo, tanto che la Commissione ha
imposto alla Grecia entro il 26 aprile di “riparare” le
frontiere. 

Quale sia il prezzo da pagare in caso non ci riescano, non
è dato saperlo.
Il negoziato Turchia–Unione Europea
prevede che per ogni “respinto” in Grecia, l’Unione
ricollochi tra i 28 Stati membri un profugo (siriano) proveniente dai
campi turchi — il paese ospita oltre 2,7 milioni di persone. 

I
ricollocamenti finora sono stati solo 79: 37 in Germania, 11 in
Finlandia e 31 nei Paesi Bassi. L’obiettivo è arrivare a 16.800
entro l’anno.


Bastano i sei miliardi che l’UE darà
alla Turchia a giudicare lo sforzo di Ankara per la gestione dei
profughi? 

Il paese non ha mai avuto un sistema di accoglienza, né
tanto meno una legge sull’asilo.


Visto il ritardo dell’Unione Europea,
prima di smaltire i respinti dalla Grecia ci vorranno mesi. Il
rischio è l’ennesima emergenza umanitaria.



“I fondi europei sono già
stati utilizzati per attuare un actionplan diviso in sei azioni per
migliorare l’accoglienza, come previsto dall’accordo. 

Quello che è
importante per la Turchia, più dei soldi, è ridiscutere l’ingresso
in Europa e viaggiare senza visto in Europa,”
spiega a VICE
News Basak Kale, esperta d’immigrazione turca che lavora alla London
School of Economics.



È tutto lì il vero incasso per la
Turchia. 

Mentre l’Europa, sull’immigrazione, si sta giocando l’osso
del collo.