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Il coraggio e l’impegno di Madina, giovane rifugiata Afghana

di cospe, 11Aprile 2016

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Madina (nome di fantasia) è una
giovane afghana ormai residente in Italia da una decina d’anni, che
non può più tornare nel suo paese a causa di una “sentenza” di
matrimonio forzato.


La sua storia ha avuto inizio prima
della partenza per l’Italia, quando alcuni parenti di Madina sono
entrati in conflitto con un altro gruppo familiare a causa di alcune
dispute per la spartizione dei terreni. 

Col passare del tempo le
violenze e le vendette sono man mano degenerate, divenendo una vera e
propria faida tra famiglie. 

Per questo motivo la risoluzione del
conflitto è stata affidata al jirga, una
riunione di capi villaggio e anziani.
La jirga ha
decretato che la pacificazione tra le famiglie sarebbe avvenuta
tramite un matrimonio riparatore tra Madina e un uomo anziano
sconosciuto alla giovane, già sposato e padre di sette figli.

 “Di solito fanno sposare una
ragazza per la vendetta” ha spiegato Madina, sottolineando che il
suo ruolo di seconda moglie equivarrebbe a quello della serva: in
Afghanistan le donne che sono costrette a sposarsi per decisione di
un jirga vengono continuamente umiliate dalla
famiglia in cui entrano e trattate come schiave, ne diventano una
proprietà: sarebbe quindi diventata un oggetto a disposizione del
marito e della sua prima moglie.

I genitori di Madina, rifiutando
l’idea che la figlia potesse essere schiavizzata
, si sono
coraggiosamente opposti a questo matrimonio-prigione.  

Da allora
il padre è dovuto fuggire e la madre è continuamente minacciata e
come per tutte le donne non accompagnate anche il minimo spostamento
fuori da casa diventa un’impresa. 

Madina ha deciso di non tornare più
in Afghanistan e, nel 2013 ha richiesto ed ottenuto lo status di
rifugiata. 

Forte della sua esperienza, Madina è oggi
determinata a lavorare e lottare per i diritti di tutte le afgane. 

Perché nonostante non possa più tornare al suo paese, è decisa a
dare voce a tutte quelle donne che non hanno i mezzi per poter
esprimere il proprio dissenso.


Non potendo tornare in Afghanistan
Madina ha deciso di mettere a disposizione il suo tempo per fare da
traduttrice ai migranti iraniani, pakistani e afghani, approdati
nelle isole Greche di Samos e Lesbo. 

Madina, e chi come lei lavora
nei centri per i rifugiati, accoglie migliaia di persone che arrivano
ogni giorno (quando il mare lo permette) cercando una vita migliore.  

Ad intraprendere questo tortuoso viaggio ed incamminarsi verso
l’Europa però, ci sono solamente afgani uomini o donne
accompagnate dall’intera famiglia: per le donne intraprendere
questi viaggi in solitaria è troppo pericoloso, dato che i
trafficanti sfruttano le donne e il rischio per la propria vita è
troppo alto.