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Azerbaijan. Il sogno di Akram Aylisli.

Di Simone
Zoppellaro, balcanicaucaso, 02 aprile 2016
Akram Aylisli (1937)
Akram Aylisli
 
Qualche
giorno fa lo scrittore Akram Aylisli avrebbe dovuto
partecipare a Venezia al festival Incontri di Civiltà. Le
autorità azere gli anno impedito di farlo.
Ha inviato
agli organizzatori una lettera, che ora pubblichiamo.
Pubblichiamo
in versione integrale il discorso inviato dallo scrittore azero Akram
Aylisli al festival Incontri di Civiltà, e letto pubblicamente dal
Prof. Aldo Ferrari.
Le
autorità azere hanno impedito al romanziere, candidato al Nobel per
la pace, di lasciare il paese, trattenendolo per oltre 10 ore
all’aeroporto di Baku.
Dopo il
rilascio, lo scrittore è stato informato dalle autorità che sarò
processato per “teppismo”. L’autore, 78 anni, è accusato
infatti di aver colpito una guardia aeroportuale ferendola, accusa
smentita dallo scrittore.
Ringraziamo
l’editore Guerini e Associati e la direzione del Festival per avere
messo il testo a nostra disposizione.
Ancora a
Baku, quando ho iniziato a pensare a come iniziare il mio discorso,
mi sono venute in mente queste parole inquietanti: “Di fronte a voi
sta una persona del tutto indifesa” Ma qui subito si è fatta
sentire la mia voce interiore, turbata, che diceva: “Non
lamentarti, non brontolare come un vecchio. Non sei certo l’unica
persona al mondo in questa situazione e ci sono persone ancora più
indifese di te!”.
E purtroppo
è così, cari colleghi, adesso siamo tutti indifesi di fronte ad
un’epoca impensabilmente crudele.
Nella
storia ci sono periodi quando niente può riempire il vuoto dei cuori
umani: non la religione, non la scienza, e neppure la letteratura.
Le autorità
spirituali ed artistiche sono irrimediabilmente scomparse nel
passato.
Le
istituzioni statali dei paesi più avanzati sono risultate inadeguate
a proporre una qualche idea adatta a farci uscire dal vicolo cieco
morale e spirituale che si è creato.
Un tempo i
miei compatrioti e correligionari maldicevano il potere sovietico
perché aveva chiuso le porte dei nostri templi.
Oggi nel
mio paese il numero delle moschee quasi raggiunge quello delle
scuole, ma non per questo qualcuno dei miei compatrioti si è
avvicinato al cielo.
Nelle
chiese e nelle moschee c’è poco spazio, nelle teste anche.


Le persone
non hanno più forza d’animo per guardare il futuro con speranza e
l’uomo non ha più tempo per guardarsi nell’anima. In tutto il
mondo il livello culturale è sceso e le persone hanno compreso che
nella cultura non c’è salvezza.
Signore,
questo mondo mi ha raggelato
Perdona
se giro per casa in cappotto
Qui
abbiamo distrutto tutto quel che è tuo
E nulla
di nostro ci riscalda”
È
difficile esprimere meglio il dolore dei nostri cuori più di quanto
abbia fatto il giovane poeta russo in questi quattro versi. Oggi
tutti noi, in effetti, siamo impotenti.
Non solo i
singoli, ma interi popoli e nazioni si sono scoperti indifesi.
Nessuno
porterà la responsabilità di criminali avventure politiche – in
Cecenia, Jugoslavia, Iraq, Libia, Siria, Yemen, Donbass…- che sono
costate centinaia di migliaia di vite e hanno rovinato milioni di
destini umani.
Come diceva
Solženicyn, la violenza e la menzogna camminano sempre
insieme.
La violenza
non vive da sola, non può; è sempre mescolata alla menzogna.
Nulla può
mascherare la violenza se non la menzogna.
La violenza
non è solo fatta dagli atti terroristici che oggi hanno luogo nel
mondo in quantità mai vista e che suscitano in ognuno di noi
angoscia per la nostra vita e la sorte dei nostri familiari ed amici.
La violenza
non è meno terribile per il fatto che penetra di nascosto nella
coscienza, deturpa i nostri cuori, uccide la fede nel bene e nella
giustizia, ci rende impotenti di fronte all’ignoranza ed
all’oscurantismo, confonde impietosamente il bene con il male.
Un’enorme
quantità di uomini che nell’anima non hanno nulla, o solo un vuoto
malvagio, si nascondono dietro la cosiddetta idea nazionale e
diffondono i semi dell’odio tra popoli e nazioni che sino a ieri
vivevano pacificamente fianco a fianco.
Il
nazionalista è tanto più temibile in quanto per sua natura è un
ottimista duro di cuore, che rifiuta la comprensione tragica della
vita e si oppone pertanto radicalmente alla verità.
La sua è
una rivolta contro la religione e l’umanità, una sfacciata
menzogna propagandata diabolicamente da uomini incrudeliti, che si
arrogano impunemente il diritto di presentarsi come portatori
dell’unica idea giusta e come combattenti per la felicità del
popolo. 
E un patriottismo imposto dall’alto fornisce grandi
opportunità a questi bastardi fascisteggianti di trasformare il
popolo in una folla senza cervello.
Ma noi
sappiamo che ciò sta più vicino alla folla si può comprare
facilmente. E che rivolgersi ad una massa come ad un popolo produce
un duraturo e malvagio oscurantismo.
Quando vivi
in mezzo ai peccatori, il peccato ti si appiccica addosso.
Ma lo
scrittore è un vero scrittore quando anche nelle condizioni più
estreme sa conservare in sé una coscienza serena di fronte
all’autenticità vera.
La
verità sta più in alto di Nekrasov, di Puškin, del popolo, della
Russia”, così scriveva Dostoevskij. E un altro scrittore,
il nostro contemporaneo Salman Rushdie, ci avverte: “State
attenti agli scrittori che si proclamano voce della nazione”.
Per essere
amati dalla massa si può scrivere come si vuole e ciò che si vuole,
ma solo a pochi scrittori è dato di diventare cari al cuore del
proprio lettore.
Tutta la
vera letteratura è un cammino onesto, un cammino percorso dal
pensiero e dal sentimento dello scrittore. Uno scrittore non è tale
per il fatto che viene adorato da una massa di lettori. 
Uno scrittore
è tale se esprime autenticamente valori morali permanenti e il
popolo gli affida il suo dolore.
Lo
scrittore è un insegnante uscito dal cuore del popolo e non è
assolutamente colpevole se i politici non riescono a capire questa
sua magica capacità.
La
psicologia del potere non sopporta gli scrittori che hanno un proprio
sguardo sugli avvenimenti decisivi che avvengono nella vita di un
popolo.
Il potere è
stato crudele e senza misericordia.
Ma non
voglio dilungarmi troppo su questo.
Non voglio
svergognare il mio piccolo paese di fronte ad un uditorio straniero;
e non amerò di meno il mio paese in seguito a ciò che i suoi
attuali governanti mi hanno fatto. 
Nella mia storia ci sono molte
storie tristi, ma anche molte utili e istruttive.
Mi sembra
che con questa mia piccola opera, pubblicata adesso anche in lingua
italiana, io sia riuscito a raggiungere il mio scopo principale:
salvare molti armeni dall’odio verso il mio popolo. 
Ho compreso che
in questo conflitto sanguinoso non siamo colpevoli noi né gli
armeni; i popoli non si farebbero mai la guerra se la politica non si
intromettesse nella loro vita. 
Mi sono convinto ancora una volta che
i nostri popoli sono buoni presi in sé, ma insieme sono
semplicemente stupendi. Ho sempre saputo che dall’invisibile al
visibile si può giungere solo attraverso la sofferenza.
Adesso io
ho percorso questo cammino con i miei passi, cercando di non
inciampare, di non cadere. Evidentemente la mia anima doveva essere
nuovamente tormentata per prendere coscienza e comprendere se stessa
tra una moltitudine di persone inclini a vendersi rapidamente e a
tradire stagionalmente.
Ci sono
alcuni episodi della vita che valgono molte vite.
In questo
episodio della mia vita io sono un eroe per alcuni e un traditore per
altri. Personalmente non ho mai pensato, neppure per un istante, di
essere un eroe e neppure un traditore; ho sempre pensato di essere un
normale scrittore e un umanista capace di compatire la sofferenza
altrui.
Mi sono
trovato nella situazione di Galilei, che non dubitò neppure
per un secondo di avere ragione, ma che con questa verità per lui
indiscutibile non riuscì però a raggiungere i cuori rugginosi dei
custodi dei dogmi dominanti.
Ho perduto
la tranquillità ed il benessere a causa di un piccolo passo per
l’avvicinamento di due popoli affini, legati non solo da una
vicinanza geografica, ma anche da un destino storico di molti secoli.
E non ho sogno più intimo di quello di vederli di nuovo insieme.
E vorrei
tanto vivere sino a quel giorno luminoso.