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Hashem Al-Azzehe, a rischio l’incolumità della sua famiglia


di Antonietta Chiodo, ProMosaik e.V.
Italia. Hashem Al-Azzehe è stato un uomo amato e lo sarà ancora, ciò
che è accaduto ha riempito i social network delle sue foto e del suo nome, rimanendone
intriso. Hebron non ha perso solo un medico, un attivista e pacifista, ma soprattutto
un compagno di racconti che affiancava i giovani volontari internazionali come se
fossero stati figli suoi. Forte sostenitore della non violenza, subì per anni brutalità
fisiche e morali a causa dei confini che li separano di pochi metri dalle
abitazioni dei coloni, rappresentanti della estrema destra israeliana. Due
giorni fa accusò un forte dolore al petto e comprese immediatamente che si
trattava di qualcosa di grave. La moglie spaventata chiamò subito un’ambulanza
che a causa dei posti di blocco non riuscì a raggiungere l’abitazione. Hashem fu
costretto con le ultime forze che aveva in corpo a raggiungere a piedi l’ospedale
sotto lo sguardo sgomento della moglie Nisreen, ma a Bab Zawiyeh trovò ad
attenderlo militari dotati di gas lacrimogeni. Non è la prima volta che
leggiamo di morti a causa dei gas, ma questa è un’altra delle storie sottovalutate
dell’occupazione palestinese di cui abbiamo narrato in passato.
Le sue parole furono quotidianamente «Non me ne vado, non riusciranno a cacciarmi da casa mia», chi lo ha
conosciuto lo ricorderà sempre così, un uomo testardo, ma dai modi gentili e
colti.
Una ragazza dal forte coraggio e
dall’ anima intrisa di Palestina parla del medico pacifista come se fosse un
padre, cercando di mettere in secondo piano la sua paura, una giovane italiana
che ha conosciuto questi luoghi per puro caso trovandosi accanto Hashem e la
moglie pittrice che le raccontarono di una vita che possiamo solo immaginare.
Un’esistenza fatta di lotta e di amore che ha trascinato M. nel profondo
bisogno di dedicare la sua esistenza a loro, ad un popolo sotto occupazione,
bambini che corrono velocemente a perdifiato per non essere catturati, medici
che combattono prima che col sangue con il pericolo, perché sanno di essere il
principale bersaglio dei cecchini.
“Questo quadro venne donato dalla
moglie del dottore pacifista a M. prima di tornare in Italia, lei stessa lo
custodisce come un tesoro, in passato ci sentimmo telefonicamente per attivismo
e coordinamenti vari e me ne parlò in vari momenti, come se per lei non fosse
solo una tela, ma una fotografia dipinta nell’anima di attimi che non potrà mai
più dimenticare”.
Non
divulgheremo il nome di questa giovane attivista italiana perché siamo qui per
raccontare non per distruggere. Infatti il nostro obiettivo sarà quello di
divulgare la verità e le preoccupazioni di chi ha conosciuto Hashem e la sua
famiglia, il loro amore per la terra e la lotta per non soccombere, resistendo
ogni giorno. La moglie ora è sola, con i figli, circondata da militari e
sionisti che centinaia di volte li hanno minacciati non solo a voce, ma anche
fisicamente. Spesso vediamo fotografie di martiri, ma dovremmo chiederci anche che
cosa accade quando questi uomini muoiono. Chi resta è in grave pericolo,
nessuno può difenderli ed il nostro compito è parlarne perché tutti sappiano
quanto la comunicazione e l’informazione siano fondamentali, per conoscere, per
comprendere. Infatti tutti ben sappiamo che il  sapere è cultura e la cultura è la più potente
difesa contro i mostri della violenza.

A.C  Quando sei stata in Palestina e dove
precisamente?
M.R. Da Settembre 2013 a Febbraio
2014, nella città di Beit Sahour, Betlemme.
A.C.  Perché sei andata lì, che cosa ti ha spinta
verso quei luoghi?
M.R. L’incoscienza e l’ignoranza sulla situazione. Ho fatto lo SVE
in Palestina e mi avevano proposto il progetto perché sapevano che mi piaceva
viaggiare …..così spinta dalla curiosità di scoprire una cultura nuova ho
accettato.
A.C. Chi ti
propose questo viaggio?
M.R. Una ONG che è attiva sul territorio palestinese già da
diversi anni. Stavano scrivendo questo nuovo progetto per essere presentato in
commissione europea e mi hanno contattata.
A.C. Come e
quando conoscesti Hashem?
M.R. Hashem credo d’averlo conosciuto dopo un mesetto che ero lì.
Con l’altra ragazza Sve stavamo facendo il giro delle città ad incontrare i
diversi attivisti che ci spiegavano le singole situazioni. Ricordo che Hebron è
stata una delle ultime città che abbiamo visitato… Tutti ci dicevano che era
la città più critica e controversa. Quindi andando a sud ci misero in contatto
con Hashem, spiegandoci che era l’unica persona ad Hebron che potesse spiegare
realmente la situazione.
A.C. Che cosa ti colpì di lui?
M.R. Viveva in un quartiere apparentemente bello di Tel Rumeida
perché era costretto a rimanere incastrato all’interno senza poter uscire nella
città vecchia …. si trovava in una sorta di arresti domiciliari, circoscritto
in un quartiere, per di più non completamente percorribile.
A.C. Era un medico ed attivista, quindi diciamo era stato già
preso di mira?
M.R. Certo! Era molto attivo e istruito…e questo per l’esercito
di occupazione era un problema. Perché oltre alla sua personale resistenza per
difendere la sua casa e la sua famiglia dava consulenza e man forte a tutte le
altre situazioni, era un uomo che si spendeva per tutti.
A.C. Ti raccontò mai di avere paura per la sua famiglia?
M.R. O meglio…. Si sentiva nelle sue parole e nei sui racconti
che c’era paura concreta, in quanto sono stati vittime di diverse e feroci
aggressioni, ma lui era determinato a difenderla e sapeva che fin quando
sarebbe stato in vita la sua famiglia sarebbe stata al “sicuro”.
A.C. Come la difendeva… esempio,
cosa faceva per far sentire la sua famiglia al sicuro?
M.R. Oltre alla sua costante presenza, lo faceva con gli
internazionali. Aveva capito che l’unico modo per difendere la sua famiglia dall’
esercito, ma soprattutto dai suoi “vicini” sionisti, estremisti,
ortodossi e sciacalli doveva avere lo sguardo internazionale puntato
addosso…. Perché bastava una piccola distrazione per vanificare tutto. Non
interruppe mai la sua estenuante lotta  “Non
Violenta”.
A.C. la sua famiglia ora è sola…  tu sei preoccupata per loro, vero? Per questo
hai scelto di lanciare una sorta di appello?
M.R. Si, il problema è che non si trova solo senza di lui e la sua
protezione, ma è circondata da coloni e militari. I suoi “vicini” più
prossimi sono i leader del movimento di estrema destra Jewish Defense League. Se si abbassa la guardia su quella famiglia,
tutto il lavoro fatto da Hashem, la sua resistenza che negli anni gli ha
causato molte ferite, sia fisiche che morali, sarà stata vana. E se vogliano
mantenere vivo il ricordo di un Uomo come lui bisogna continuare a difendere la
sua terra e la sua casa, le sue piante! Non lasciare che si approprino della
sua vita per la seconda volta è tutto ciò che gli dobbiamo per rendergli
giustizia e ringraziarlo per tutto quello che in vita ha fatto per il prossimo.