L’«anonimo» che rischia di aiutare Al Sisi
di Tommaso Di Francesco, il manifesto, 7 Aprile
2016
Magari non sarà di comodo la verità
che si sta apparecchiando sul caso Giulio Regeni, sequestrato,
torturato e ucciso al Cairo poco più di due mesi fa. Ma sarà di
riserva.
che si sta apparecchiando sul caso Giulio Regeni, sequestrato,
torturato e ucciso al Cairo poco più di due mesi fa. Ma sarà di
riserva.
È l’espressione che viene in mente
leggendo le rivelazioni
anonime pubblicate da la Repubblica
– ma in parte arrivate non solo a la Repubblica.
leggendo le rivelazioni
anonime pubblicate da la Repubblica
– ma in parte arrivate non solo a la Repubblica.
Perché appaiono sconcertanti e, insieme, verosimili e non credibili.
Intanto perché a parlare è un
«anonimo» e non basta evocare, ai fini dell’inchiesta, la
sceneggiatura di una talpa o gola profonda.
«anonimo» e non basta evocare, ai fini dell’inchiesta, la
sceneggiatura di una talpa o gola profonda.
Così almeno la pensa
giustamente la Procura di Roma.
giustamente la Procura di Roma.
Tuttavia la descrizione delle torture
inflitte sul corpo di Giulio Regeni con particolari raggelanti e
forse inediti, che mostrano una conoscenza diretta dei risultati
autoptici (egiziani ed italiani) se non addirittura di una
partecipazione alle torture medesime, rendono le informazioni
dell’anonimo verosimili.
inflitte sul corpo di Giulio Regeni con particolari raggelanti e
forse inediti, che mostrano una conoscenza diretta dei risultati
autoptici (egiziani ed italiani) se non addirittura di una
partecipazione alle torture medesime, rendono le informazioni
dell’anonimo verosimili.
Assai meno credibile invece è la
descrizione della partecipazione diretta, personale, del
generale-presidente Al Sisi alle riunioni per decidere detenzione,
spostamento di prigioni e persecuzioni corporali per Giulio Regeni.
descrizione della partecipazione diretta, personale, del
generale-presidente Al Sisi alle riunioni per decidere detenzione,
spostamento di prigioni e persecuzioni corporali per Giulio Regeni.
Naturalmente non già perché Al Sisi sia innocente: è infatti il
principale responsabile politico del sistema
di sparizioni forzate, torture ed uccisioni in atto dal golpe
militare dell’estate 2012 da lui guidato.
principale responsabile politico del sistema
di sparizioni forzate, torture ed uccisioni in atto dal golpe
militare dell’estate 2012 da lui guidato.
Altro che «caso isolato» come ha più
volte dichiarato il ministro degli esteri del Cairo. Questa è la
verità che non smettiamo come manifesto
di denunciare da almeno quattro anni, nonostante le vergognose
aperture del presidente del Consiglio Matteo Renzi che considera Al
Sisi l’esempio positivo e luminoso del nuovo che emerge in Medio
Oriente.
volte dichiarato il ministro degli esteri del Cairo. Questa è la
verità che non smettiamo come manifesto
di denunciare da almeno quattro anni, nonostante le vergognose
aperture del presidente del Consiglio Matteo Renzi che considera Al
Sisi l’esempio positivo e luminoso del nuovo che emerge in Medio
Oriente.
È il coinvolgimento personale,
diretto, che non convince nelle decisioni sulla persecuzione e fine
di Giulio Regeni.
diretto, che non convince nelle decisioni sulla persecuzione e fine
di Giulio Regeni.
Un dittatore militare di un Paese di
80milioni di persone ha ben altri mezzi e manovalanza in abbondanza,
capaci di mettere la distanza necessaria tra sé e i crimini che
ordina. Altrimenti non si fa che accreditare ulteriori depistaggi, a
partire da quello infame, ripetutamente quanto dolorosamente smentito
dalla famiglia, di una appartenenza di Giulio Regeni ai Servizi
segreti, quando invece si occupava di nuovi sindacati; questione
certo sensibile per il regime militare egiziano ma non al punto da
coinvolgere direttamente lo stesso Al Sisi nella persecuzione; alla
fine di un italiano a fronte delle aperture politico-economiche di
Matteo Renzi.
80milioni di persone ha ben altri mezzi e manovalanza in abbondanza,
capaci di mettere la distanza necessaria tra sé e i crimini che
ordina. Altrimenti non si fa che accreditare ulteriori depistaggi, a
partire da quello infame, ripetutamente quanto dolorosamente smentito
dalla famiglia, di una appartenenza di Giulio Regeni ai Servizi
segreti, quando invece si occupava di nuovi sindacati; questione
certo sensibile per il regime militare egiziano ma non al punto da
coinvolgere direttamente lo stesso Al Sisi nella persecuzione; alla
fine di un italiano a fronte delle aperture politico-economiche di
Matteo Renzi.
Il tutto «anonimo» precipita poi
sull’arrivo degli investigatori egiziani del Cairo, mentre il
ministro Gentiloni in Parlamento alza la voce, mettendo le mani
avanti che «o c’è una svolta dell’Egitto o arrivano
contromisure»; con la risposta ambigua, disponibile alla verità di
Al Sisi, che rilancia sull’egiziano «sparito» in Italia.
sull’arrivo degli investigatori egiziani del Cairo, mentre il
ministro Gentiloni in Parlamento alza la voce, mettendo le mani
avanti che «o c’è una svolta dell’Egitto o arrivano
contromisure»; con la risposta ambigua, disponibile alla verità di
Al Sisi, che rilancia sull’egiziano «sparito» in Italia.
Siamo dunque ai bordi di una verità
che si prepara, non di comodo ma di riserva.
che si prepara, non di comodo ma di riserva.
E dopo l’intervista ad Al Sisi di
Mario Calabresi e la messa in scena del piatto d’argento servito
con documenti ed effetti personali di Giulio Regeni, ritrovati nel
covo dei «suoi assassini» e tutti uccisi – versione subito
fornita dal ministero degli interni che poi in questi giorni ha
smentito se stesso – siamo arrivato all’ultimo dei paradossi: che
le rivelazioni dell’«anonimo» sul ruolo diretto e personale del
generale-presidente egiziano, così poco credibili, rischiano alla
fine di aiutare lo stesso «innocente» Al Sisi.
Mario Calabresi e la messa in scena del piatto d’argento servito
con documenti ed effetti personali di Giulio Regeni, ritrovati nel
covo dei «suoi assassini» e tutti uccisi – versione subito
fornita dal ministero degli interni che poi in questi giorni ha
smentito se stesso – siamo arrivato all’ultimo dei paradossi: che
le rivelazioni dell’«anonimo» sul ruolo diretto e personale del
generale-presidente egiziano, così poco credibili, rischiano alla
fine di aiutare lo stesso «innocente» Al Sisi.
Tanto che si prepara
a consegnare come capro espiatorio il capo della polizia di Giza, il
criminale torturatore di mestiere Khaled Shalaby.
a consegnare come capro espiatorio il capo della polizia di Giza, il
criminale torturatore di mestiere Khaled Shalaby.
Ed ecco allora che sullo sfondo
riemerge anche il depistaggio sul «complotto».
riemerge anche il depistaggio sul «complotto».
Tra le tante menzogne annunciate dal
Cairo – furto, a sfondo sessuale, litigio personale, servizi
segreti, perfino traffico di materiale archeologico, ecc. ecc. –
quello che probabilmente sarà nuovamente tentato sarà quello
«islamista».
Cairo – furto, a sfondo sessuale, litigio personale, servizi
segreti, perfino traffico di materiale archeologico, ecc. ecc. –
quello che probabilmente sarà nuovamente tentato sarà quello
«islamista».
Il regime egiziano non è mai riuscito
a sostenerlo più di tanto, visto tra l’altro che l’Isis opera le
sue pratiche di morte con diverso copione propagandistico, e che i
Fratelli musulmani – accomunati all’Isis da Al Sisi – di cui si
è voluta accreditare una residua capacità d’infiltrazione
nell’intelligence
del regime, in realtà sono tutti in galera, se non condannati a
morte ma soprattutto hanno governato nemmeno 12 mesi, inimicandosi
tutti e sono stati abbattuti dai servizi segreti – quelli sì
ancora in continuità con il precedente regime di Mubarak – e dai
militari che hanno tradito il giuramento al presidente Morsi, leader
della Fratellanza ora in carcere e condannato a morte.
a sostenerlo più di tanto, visto tra l’altro che l’Isis opera le
sue pratiche di morte con diverso copione propagandistico, e che i
Fratelli musulmani – accomunati all’Isis da Al Sisi – di cui si
è voluta accreditare una residua capacità d’infiltrazione
nell’intelligence
del regime, in realtà sono tutti in galera, se non condannati a
morte ma soprattutto hanno governato nemmeno 12 mesi, inimicandosi
tutti e sono stati abbattuti dai servizi segreti – quelli sì
ancora in continuità con il precedente regime di Mubarak – e dai
militari che hanno tradito il giuramento al presidente Morsi, leader
della Fratellanza ora in carcere e condannato a morte.
Altro che
infiltrazione.
infiltrazione.
L’unica vera novità che sembra
scantonare dal clima di menzogne altalenanti che arriva dall’Egitto
e non solo, è l’editoriale di domenica scorsa del direttore di Al
Ahram Mohammed Abdel-Hadi
Allam.
scantonare dal clima di menzogne altalenanti che arriva dall’Egitto
e non solo, è l’editoriale di domenica scorsa del direttore di Al
Ahram Mohammed Abdel-Hadi
Allam.
Al
Ahram è la storica e
autorevole testata laica egiziana, legata all’esperienza di Nasser,
ma anche di Mubarak, alla fine approdata alle Primavere arabe e poi,
contraria all’avvento – elettorale – al potere dei Fratelli
musulmani, è diventata sostegno della loro destituzione violenta per
mano del generale Al-Sisi che, fin qui, hanno sostenuto.
Ahram è la storica e
autorevole testata laica egiziana, legata all’esperienza di Nasser,
ma anche di Mubarak, alla fine approdata alle Primavere arabe e poi,
contraria all’avvento – elettorale – al potere dei Fratelli
musulmani, è diventata sostegno della loro destituzione violenta per
mano del generale Al-Sisi che, fin qui, hanno sostenuto.
Domenica Al
Ahram, testata di riferimento
dell’opinione pubblica non islamista, ha
preso le distanze dai depistaggi del regime, ha chiesto la verità
rappresentando lo spettro disastroso di una rottura economica con
l’Italia e, soprattutto, ha evocato la rivolta popolare che dal
novembre dicembre 2010 al marzo 2011, sconvolse tutto il mondo arabo
e in modo radicale l’Egitto.
Ahram, testata di riferimento
dell’opinione pubblica non islamista, ha
preso le distanze dai depistaggi del regime, ha chiesto la verità
rappresentando lo spettro disastroso di una rottura economica con
l’Italia e, soprattutto, ha evocato la rivolta popolare che dal
novembre dicembre 2010 al marzo 2011, sconvolse tutto il mondo arabo
e in modo radicale l’Egitto.
Lo ha fatto in modo inusitato,
accomunando il corpo martoriato di Giulio Regeni a quello di Khaled
Said – lo aveva già fatto
la madre di Khaled – il giovane ucciso nell’estate del 2010 e
diventato il simbolo
della rivolta di Piazza Tahrir contro il «faraone» Mubarak che vide
insieme istanze popolari giovanili (laiche ma anche islamiste).
accomunando il corpo martoriato di Giulio Regeni a quello di Khaled
Said – lo aveva già fatto
la madre di Khaled – il giovane ucciso nell’estate del 2010 e
diventato il simbolo
della rivolta di Piazza Tahrir contro il «faraone» Mubarak che vide
insieme istanze popolari giovanili (laiche ma anche islamiste).
Eccola la novità, la scesa in campo
di un nuovo movimento giovanile che, sotto il tiro della repressione
del nuovo regime, torna ad identificarsi nella protesta e in nome di
Giulio Regeni.
di un nuovo movimento giovanile che, sotto il tiro della repressione
del nuovo regime, torna ad identificarsi nella protesta e in nome di
Giulio Regeni.