Poesia del giorno. Giuseppe Ungaretti
Ultime
ETERNO
Tra un fiore colto e l’altro donato
l’inesprimibile nulla
NOIA
Anche questa notte passerà
Questa solitudine in giro
titubante ombra dei fili tranviari
sull’umido asfalto
Guardo le teste dei brumisti
nel mezzo sonno
tentennare
LEVANTE
La linea
vaporosa muore
al lontano cerchio del cielo
Picchi di tacchi picchi di mani
e il clarino ghirigori striduli
e il mare è cenerino
trema dolce inquieto
come un piccione
A poppa emigranti soriani ballano
A prua un giovane è solo
Di sabato sera a quest’ora
Ebrei
laggiù
portano via
i loro morti
nell’imbuto di chiocciola
tentennamenti
di vicoli
di lumi
Confusa acqua
come il chiasso di poppa che odo
dentro l’ombra
del
sonno
TAPPETO
Ogni colore si espande e si adagia
negli altri colori
Per essere più solo se lo guardi
NASCE FORSE
C’è la nebbia che ci cancella
Nasce forse un fiume quassù
Ascolto il canto delle sirene
del lago dov’era la città
AGONIA
Morire come le allodole assetate
sul miraggio
O come la quaglia
passato il mare
nei primi cespugli
perché di volare
non ha più voglia
Ma non vivere di lamento
come un cardellino accecato
RICORDO D’AFFRICA
Il sole rapisce la città
Non si vede più
Neanche le tombe resistono molto
CASA MIA
Sorpresa
dopo tanto
d’un amore
Credevo di averlo sparpagliato
per il mondo
NOTTE DI MAGGIO
Il cielo pone in capo
ai minareti
ghirlande di lumini
IN GALLERIA
Un occhio di stelle
ci spia da quello stagno
e filtra la sua benedizione ghiacciata
su quest’acquario
di sonnambula noia
CHIAROSCURO
Anche le tombe sono scomparse
Spazio nero infinito calato
da questo balcone
al cimitero
Mi è venuto a ritrovare
il mio compagno arabo
che s’è ucciso l’altra sera
Rifà giorno
Tornano le tombe
appiattate nel verde tetro
delle ultime oscurità
nel verde torbido
del primo chiaro
POPOLO
Fuggì il branco solo delle palme
e la luna
infinita su aride notti
La notte più chiusa
lugubre tartaruga
annaspa
Un colore non dura
La perla ebbra del dubbio
già sommuove l’aurora e
ai suoi piedi momentanei
la brace
Brulicano già gridi
d’un vento nuovo
Alveari nascono nei monti
di sperdute fanfare
Tornate antichi specchi
voi lembi celati d’acqua
E
mentre ormai taglienti
i virgulti dell’alta neve orlano
la vista consueta ai miei vecchi
nel chiaro calmo
s’allineano le vele
O Patria ogni tua età
s’è desta nel mio sangue
Sicura avanzi e canti
sopra un mare famelico