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IRAN. Oggi le nuove sanzioni, la risposta di Teheran

5 novembre 2018, Nena News
Ieri grande manifestazione nella capitale contro Trump, oggi esercitazioni militari. La Repubblica Islamica resiste agli Stati Uniti mantenendo i contatti con gli altri firmatari dell’accordo ma l’economia è seriamente in pericolo.

Come annunciato a maggio e ribadito nel fine settimana, sono entrate in vigore oggi le nuove sanzioni americane contro l’Iran. O meglio, sono state reintrodotte le misure punitive attive prima dell’accordo sul nucleare siglato nel luglio 2015 da Teheran e il 5+1.
Con una foto su Twitter che lo ritraeva come uno dei protagonisti del Trono di Spade, il presidente Trump ha definitivamente stracciato l’intesa firmata dal suo predecessore, Barack Obama, e da cui aveva fatto uscire gli Stati Uniti lo scorso maggio. Stavolta ad essere colpiti sono il settore petrolifero e la Banca Centrale iraniana, il colpo peggiore contro l’economia del paese e contro l’intera popolazione dell’Iran a cui Trump insiste nel riferirsi promettendo protezione ma che continua a punire.
Il rial è già svalutato, passato da 40.500 sul dollaro nel 2017 agli attuali 145mila, e i barili esportati dall’Iran sono già crollati a un milione al giorno da maggio (erano 2,1 milioni nel 2017). E ora, minaccia Washington con il segretario di Stato Pompeo, l’obiettivo è ridurli a zero. Un’intransigenza ammorbidita dalla decisione di esentare temporaneamente alcuni paesi dalle sanzioni: tra questi Turchia, India, Iraq, Corea del Sud, Cina e Italia che per un tempo non definito dalla Casa Bianca potranno continuare ad avere rapporti economici con la Repubblica Islamica.
Ieri erano migliaia gli iraniani in piazza a Teheran per l’anniversario della presa dell’ambasciata statunitense nel 1979 e l’inizio della crisi degli ostaggi, 52 americani che restarono in mano iraniana per 444 giorni. Hanno cantato slogan contro gli Stati Uniti e gruppi di giovani hanno bruciato la bandiera americana, l’effige di Trump e dello zio Sam fuori dal palazzo che era all’epoca l’ambasciata Usa.
Questa mattina Teheran ha risposto alle sanzioni lanciando esercitazioni della difesa militare aerea che coinvolgeranno l’esercito e le Guardie Rivoluzionarie, come annunciato dal presidente Rouhani con un messaggio televisivo: “Siamo in una situazione di guerra. Siamo in una situazione di guerra economica, abbiamo di fronte un bullo. Dobbiamo alzarci in piedi e vincere”. Da una parte la prova di forza, dall’altra – aggiunge Rouhani – il tentativo di aggirare le sanzioni “illegali e ingiuste” attraverso il sostegno dei firmatari dell’accordo contrari a stracciarlo, Russia, Cina e paesi europei.
Il ministro degli Esteri Qasemi fa sapere di essere in continuo contatto con i 4+1 per individuare meccanismi per affossare le sanzioni. A settembre Federica Mogherini, alto rappresentante Ue per gli affari esteri, aveva presentato il cosiddetto “veicolo speciale”, uno strumento finanziario che dovrebbe aggirare le misure punitive americane, ma di dettagli precisi ancora non ce ne sono.
Due fronti che si stanno scontrando, ognuno con un obiettivo diverso: da una parte Europa e Russia che vogliono aprire l’Iran al mondo sia per ragioni di stabilità regionale che di economia globale; dall’altra l’entourage trumpiano che non punta solo a piegare l’Iran ma a modificarne il regime, con il sostegno indefesso di due potenze mediorientali, Israele ed Arabia Saudita.
A questo si è riferito nel suo discorso, ieri, il generale Jafari, capo delle Guardie Rivoluzionarie: “Con l’aiuto di dio e la resistenza e la perseveranza del popolo pio e rivoluzionario dell’Iran islamico, quest’ultima arma del nemico, la guerra economica, sarà sconfitta. Non minacciate l’Iran”.
Teheran cerca di restare in piedi ma l’ultima ondata di sanzioni, che chiude il cerchio delle misure punitive, ha un peso enorme sull’economia interna, già duramente provata dagli interventi americani e dalla fuga di molte compagnie straniere che dopo il 2015 avevano lanciato progetti in Iran per poi ritirarsi a causa delle oggettive difficoltà. Colpire le banche, come fatto oggi, significa impedire l’arrivo e il circolo di denaro. Che, accompagnato al divieto ad esportare, può potenzialmente distruggere l’intera economia iraniana: il settore petrolifero rappresenta quasi l’80% delle esportazioni del paese.