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Ecuador e Cile: il fallimento del discorso del successo

di Emilio Cafassi, Noam Chomsky, Jorge Majfud e Manuel Castells 28/10/2019
Come può una minuscola minoranza dell’1% continuare, decennio dopo decennio, ad accumulare più ricchezza del restante 99% di una società? Coloro che l’hanno fatto lo sanno bene.

Tradotto da Alba Canelli

1) da una propaganda massiccia e onnipresente, invisibile ma reale, come il CO2 che aumenta nell’atmosfera, e

2) da vessazioni politiche, economiche e militari di ogni tipo per distogliere l’opinione pubblica da ciò che viene realmente fatto loro.
Un altro modo è quello di collegare oggetti di disputa e assiomi diversi: la religione delle armi e l’amore per la religione, l’aborto e i tagli fiscali per i più ricchi, la negazione del cambiamento climatico e l’odio per gli immigrati, la libera circolazione dei capitali e il patriottismo, ecc.
In questo modo, l’1% continua a raccogliere i benefici di un’intera società e storia, con il necessario supporto di un’élite creola dominante o addirittura (quando ci sono le elezioni) un numero significativo di coloro che non appartengono a quell’1%.
Così, in America Latina, le opzioni neoliberali, quando hanno fallito, lo hanno fatto a causa dei propri errori, e soprattutto a causa del criminale blocco economico imposto dalla superpotenza mondiale. Questo quando non hanno usato colpi di stato militari più tradizionali per difendere la libertà del capitale della minoranza creola (classista e razzista) alleata delle più potenti multinazionali.
Così, d’altra parte, in America Latina, le imposte neoliberali sono fallite nonostante le ripetute inondazioni di capitali, sotto forma di crediti multimilionari, che non hanno portato né progresso né sviluppo ai paesi “beneficiari”, ma piuttosto debiti massicci e più povertà.
Per il neoliberismo, solo il successo economico conta come successo. Tuttavia, questo mito del successo economico non è riuscito, anche nelle economie di paesi colonizzati dallo stesso mito. Al contrario, sottolinea il “collaudato fallimento” di altre opzioni, mirando a paesi molestati, bloccati e in rovina, che è un modello di azione politica e narrativa.
L’America Latina fa parte di questa ondata che, per mancanza di un termine migliore, tende ad essere chiamata neoliberismo. È un’ondata che spazza, brucia e distrugge qualsiasi rete di contenimento sociale e ambientale al punto da mettere in pericolo la stessa sopravvivenza del pianeta. E’ un’ondata le cui conseguenze economiche e sociali si ripetono ciclicamente davanti ai nostri occhi in tutto il continente.
Anche se l’attenzione in questi giorni è concentrata principalmente sul vergognoso stato di emergenza in Ecuador e sulla massiccia repressione che ha fatto seguito alle mobilitazioni contro le misure antipopolare del governo di Lenin Moreno, la grande maggioranza dei paesi vive in uno stato di permanente minaccia e incertezza, mentre gli investitori fanno pressione, minacciano e aumentano i loro profitti.
Non dobbiamo ignorare il fatto che, al momento in cui scriviamo, il governo ecuadoriano continua a rispondere con più morti, feriti, detenzioni e rendendo incerto il futuro attraverso l’imposizione di censura e coprifuoco. Ma le mobilitazioni che cominciano a resistere a questa crisi umanitaria, prodotto di politiche adulteranti del potere mondiale che generano povertà, si stanno diffondendo da nord a sud. Come in Colombia (che ospita il maggior numero di basi militari usamericane nell’emisfero, il traffico globale di droga e il paramilitarismo impunito), si oppone all’unico processo di pace concreto proposto in cinquant’anni. Come in Perù, dove l’identica e reciproca ignoranza tra i due poteri fondamentali dello Stato (esecutivo e legislativo) è considerata una questione costituzionale discutibile, mentre in Venezuela (questo manifesto non deve essere visto come sostegno al suo governo) la mafia egemonica richiede un intervento militare. L’Argentina è brulicante di picchetti e blocchi stradali di fronte alla crescita esponenziale della povertà e all’improvviso indebitamento, mentre in Cile e Brasile le disuguaglianze sociali, la mancanza di protezione, il traffico di droga e la violenza civile e della polizia continuano ad aggravarsi e a minacciare paesi come l’Uruguay per motivi di prossimità.
Diversi processi elettorali sono ancora in corso in Argentina, Bolivia e Uruguay. Altri seguiranno nei prossimi anni. Il dilemma continua ad essere tra il racconto dell’1% (l’autoritarismo delle élite, il militarismo reazionario, l’odio dei razzisti, nazionalisti, classisti, di sciovinismo maschile che resiste a cedere il passo, il neo-medievalismo, della distruzione dell’ambiente in cambio di una manciata di dollari) e la costruzione di una democrazia progressista, unita e non consumistica che enfatizza l’essere umano invece della ricchezza di pochi a spese di tutti. Una società capace di costruire un mondo per tutti e non solo per una minoranza scelta da un dio che non l’ha mai scelta.