Salute, non sempre le donne possono decidere del loro corpo. Questi dati lo dimostrano
Aidos – 4 Luglio 2019 |
Quando si parla di salute, immediatamente si pensa alla malattia. Ma il concetto di salute è molto più ampio e soprattutto non ci si dovrebbe dimenticare che è un diritto fondamentale a cui tutte le persone dovrebbero avere accesso.
Salute significa, per fare qualche esempio, avere a disposizione servizi sanitari raggiungibili e gratuiti, la possibilità di acquistare senza problemi o lussuose tassazioni un bene necessario come gli assorbenti ma, ancora, significa la libertà dalla violenza. Alla base di tutto questo c’è l’idea che la salute non sia solo assenza di malattia, ma uno stato di completo benessere che non prevede discriminazioni di alcun tipo.
Purtroppo, però, la disparità di genere che attraversa il pianeta vede molto spesso donne, ragazze e bambine avere enormi difficoltà nell’accesso ai servizi sanitari, in particolare quelli di salute sessuale e riproduttiva. Il nuovo rapporto di Unfpa, “Questioni in sospeso. Diritti e libertà di scelta per tutte le persone”, che abbiamo appena pubblicato in italiano, riporta gli ultimissimi dati sulla questione, illustrando le sfide ancora aperte per il raggiungimento della piena autodeterminazione delle donne, in ogni paese del mondo.
Nonostante il diritto alla salute sia riconosciuto come fondamentale e, pur essendo l’uguaglianza di genere uno degli obiettivi alla base dell’Agenda 2030, oggi sono ancora milioni le donne costrette ad affrontare barriere economiche, sociali, istituzionali e di altra natura che impediscono di prendere decisioni sul proprio corpo e sulla propria salute. Il Rapporto mostra, attraverso le storie di vita di sei donne, in sei luoghi diversi del pianeta e lungo il corso degli anni, cosa è accaduto a tali diritti, in particolare a quelli sessuali e riproduttivi, a 25 anni dalla Conferenza del Cairo su Popolazione e Sviluppo e a 50 anni dalla nascita di Unfpa (Fondo delle Nazioni Unite sulla Popolazione).
Fin dalla sua creazione, nel 1969, Unfpa è stata alla guida di uno sforzo per aiutare le donne, nei cosiddetti paesi in via di sviluppoe oggi in tutto il mondo, ad avanzare su un terreno pieno di barriere che cambiano continuamente, ostacolando i loro diritti riproduttivi. Questo impegno ha ricevuto nuovo impulso e ispirazione nel 1994, quando 179 governi riuniti al Cairo per la Conferenza Internazionale su Popolazione e Sviluppo elaborarono un progetto per lo sviluppo sostenibile, fondato sulla libertà di scelta e sui diritti individuali per il conseguimento della salute sessuale e riproduttiva di tutte le persone.
Dahab Elsayed, una delle donne intervistate nel Rapporto, ha 60 anni e vive in un quartiere periferico del Cairo. Ricorda vagamente l’entusiasmo che attraversava la città quando ha avuto luogo la sopraccitata Conferenza internazionale, ed era ancora convinta si dovessero praticare le mutilazioni genitali femminili (Mgf) a cui lei stessa era stata sottoposta. Say Yang, invece, desiderava andare in una buona scuola per diventare un’insegnante. Ma i suoi sogni si sono infranti quando aveva 16 anni: “la guerra distrugge tutto”, dice. In Cambogia, quando le libertà personali furono ridotte sotto gli Khmer Rossi, Yang è stata obbligata a interrompere gli studi e sposare qualcuno di cui non conosceva nemmeno il nome. Le testimonianze riportate raccontano le difficoltà di un tempo, come sono cambiate le vite e le opportunità ma anche le sfide che dobbiamo ancora affrontare.
Qualche dato per renderci conto: circa 200 milioni di ragazze e donne che vivono oggi in 30 paesi differenti hanno subito le Mgf e circa 44 milioni sono bambine e adolescenti con meno di 14 anni. Entro il 2030, fino a 68 milioni di ragazze saranno sottoposte alla pratica se non aumenterà l’impegno per porre fine al fenomeno; circa 800 milioni di donne sono state date in sposa quando erano bambine; ogni giorno più di 500 donne e ragazze nei paesi in situazioni di emergenza muoiono durante la gravidanza e parto, per la mancanza di personale sanitario qualificato e aborti clandestini; globalmente, le donne rappresentano il 40% della forza lavoro nel settore formale, ma svolgono il lavoro di cura e domestico da due a dieci volte in più rispetto agli uomini.
Nel corso di questi 50 anni l’azione concertata di società civile, governi nazionali, organizzazioni per lo sviluppo e Unfpa ha dischiuso nuove opportunità e possibilità per donne e bambine di tutto il mondo. Ma c’è ancora molta strada da fare perché tutte abbiano la possibilità e i mezzi per decidere del proprio corpo, della propria vita e prendere decisioni informate sulla salute in generale e sessuale e riproduttiva in particolare.