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LIBIA. Raid aereo su un centro di detenzione, decine di migranti uccisi

3 luglio 2019, Nena News
La peggiore strage di civili dall’inizio, tre mesi fa, dell’avanzata del generale Haftar su Tripoli. Lna e Gna si accusano a vicenda. Da giorni il leader cirenaico ha optato per i bombardamenti per sbloccare lo stallo nell’operazione di occupazione della capitale.

Un massacro, il peggiore dall’inizio dell’avanzata delle truppe del generale cireanico Khalifa Haftar sulla capitale libica, ormai tre mesi fa: almeno 40 morti e 0 feriti, è il bilancio provvisorio di un raid aereo che ieri notte ha colpito un centro di detenzione libico per migranti africani alla periferia di Tripoli.
A rendere noti i numeri è l’Alto commissariato Onu per i rifugiati, l’Unhcr, attraverso il portavoce Charlie Yaxley: nel centro erano detenute circa 600 persone. Parla anche Malek Mersek, portavoce dei servizi medici d’emergenza della capitale, che racconta di almeno 80 persone ricoverate negli ospedali.
L’inviato di al-Jazeera nella capitale libica, Mahmoud Abdelwahed, ha raccontato i soccorsi, la ricerca dei sopravvissuti e le ambulanze che hanno fatto la spola con gli ospedali: “E’ terribile, ci sono cadaveri sotto le macerie – ha detto – Non è la prima volta che le forze di Haftar colpiscono il centro. E’ stato attaccato anche ad aprile quando Haftar ha iniziato la sua campagna per occupare Tripoli”.
Difficile dire, aggiunge l’Onu, chi sia il responsabile dell’attacco aereo. Ma in molti puntano sul generale Haftar e il suo Esercito nazionale libico, Lna: il centro si trova nella zona di Tajoura, in cui si concentrano diversi campi e basi militari delle forze tripoline, già bombardati in queste settimane. Tripoli da parte sua ha subito accusato il leader di Bengasi, definendole “un criminale di guerra”: “Questo crimine è giunto dopo le dichiarazione dell’aviazione dell’Esercito nazionale libico di Haftar e dunque è lui da considerare il responsabile legale e morale”, ha detto alla radio di Stato il ministro degli interni del governo di unità, Gna, del premier al-Serraj, Fathi Bashagha.
Segue una nota del Consiglio presidenziale del Gna, che stamattina ha parlato di “omicidio di massa e crimine di guerra” e chiesto all’Unsmil, la Missione Onu di supporto in Libia a istituire una commissione di inchiesta sull’attacco.
Vero è che da lunedì Lna ha iniziato a bombardare la capitale, incapace di prenderla con metodi più “tradizionali”: l’avanzata via terra si è presto arenata nonostante il sostegno militare dei paesi del Golfo e dell’Egitto, mentre dall’altra parte del fronte le forze del premier del governo di unità hanno resistito all’operazione di terra grazie anche a droni e equipaggiamento militare inviato dal governo turco. La perdita della fondamentale e strategica città di Garyan, a sud di Tripoli, la scorsa settimana, ha duramente inficiato sulla capacità di avanzata del generale che, per questo, starebbe ricorrendo ai raid aerei.
Haftar ha subito negato di aver colpito il centro di detenzione, affermando di aver compiuto un bombardamento chirurgico contro un deposito di munizioni, e ha accusato le milizie che appoggiano il Gna, gruppi armati che negli anni hanno radicato la loro autorità su quelle che sono divenute delle vere e proprie città-stato e il cui sostegno ad al-Serraj è spesso traballante.
Questo è il porto sicuro secondo il governo italiano dove poter rispedire i migranti che riescono a lasciare i centri di detenzione, lager come dimostrato da inchieste giornalistiche e denunciato dagli operatori umanitari: migliaia di persone intrappolate, vittime di torture e ricatti alle famiglie, costretti in spazi angusti e bui con pochissimo cibo e zero igiene, in condizioni disumane.