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Isis, in Africa lo Stato Islamico sta rialzando la testa. Il Califfato non è stato sconfitto

28 Maggio 2019
I recenti attacchi terroristici in Africa Centrale non fanno che alimentare la nuova strategia di Daesh. 

La propaganda del presunto Stato Islamico, appunto presunto visto che non ha confini, ha rivendicato la nascita della “Provincia del Califfato in Africa Centrale” in seguito agli attacchi avvenuti in Congo. La sconfitta di Daesh in Siria e in Iraq sembrava avesse inferto un duro colpo ai militanti jihadisti guidati dal redivivo Al Baghdadi. Invece, approfittando dell’instabilità e della povertà di diverse aree del continente africano, sta rialzando la testa.

Nulla di diverso da quella che in passato era stata la strategia di Al Qaeda che per un periodo aveva trasferito “la base” in Sudan grazie all’eminenza grigia Al Turabi per poi approfittare dell’instabilità e successive guerre nei Balcani per penetrare in quelle aree dando vita a dei corpi specializzati. Jihad nei Balcani, poi nel Caucaso, nel Maghreb e così via. Stessa storia per Daesh ormai presente in Libia ma anche in Egitto. Nel primo caso attraverso il Majilis Choura Chabab al-Islam (Mcci), una branca dello Stato Islamico formatasi nel 2014, poco prima dell’inizio della seconda guerra civile libica, per poi affiliarsi a Daesh qualche mese dopo. Nel secondo caso invece i miliziani del presunto Stato Islamico da tempo hanno avviato una attività terroristica, con attacchi contro le forze di sicurezza egiziane e i cristiani copti. L’organizzazione – ricordiamo – ha anche rivendicato l’abbattimento di un aereo di linea russo il 31 ottobre 2015, costato la vita a 224 persone.
Non solo però Libia ed Egitto: anche West e East Africa. West Africa in particolare modo in Nigeria, dove dall’inizio del 2019 ci sono stati già 34 attacchi (ricordiamo che il gruppo Boko Haram è affiliato a Daesh dal 2015), ma anche nei diversi Paesi confinanti come Camerun, Niger, Ciad, Burkina Faso. In questo ultimo caso la gestione del territorio passava attraverso il gruppo di supporto dell’Islam e dei Musulmani (Jnim), legato ad Al Qaeda e alla branca locale Ansaroul Islam. Queste due sono responsabili della maggior parte di attacchi nel paese africano, ma complice anche la frammentazione di Aqim (Al Qaeda nel Maghreb islamico) nella regione, da tempo Daesh si sta ritagliando il suo spazio e prendendo il sopravvento.
Le condizioni di Daesh in East Africa invece differiscono dal versante occidentale. Daesh in Somalia è decisamente meno incisivo in termini di operazioni compiute e sforzi di espansione, rispetto al Kenya, dove è stabilmente presente soprattutto per motivi di maggior attenzione mediatica legati alle strutture turistiche. Per quanto riguarda la neonata provincia di Central Africa, l’attacco nella Repubblica Democratica del Congo costituisce una prima azione offensiva dal punto di vista operativo, sebbene già in passato Daesh abbia manifestato il suo interesse per quest’area: lo stesso capo Abu Bakr al-Baghdadi, citando l’Africa Centrale in un discorso ufficiale pubblicato il 22 agosto 2018, ha identificato l’Africa Centrale come una delle terre dove i fedeli del “califfato” avrebbero dovuto unirsi alle carovane dei combattenti.
L’organizzazione di Al-Baghdadi può ancora contare su una consistente rete formata da gruppi affiliati e wilayat (province) che continuano ad operare in diverse parti del mondo, soprattutto nei cosiddetti no man’s land, dove la povertà unita alla marginalizzazione socio-economica delle comunità beduine ha favorito il processo di radicalizzazione delle tribù locali e lo sviluppo del terrorismo jihadista verso una vera e propria “daeshizzazione” dell’Africa. Insomma, il presunto Califfato è stato sì sconfitto in Siria ed Iraq in merito alla perdita dei territori, ma non nella mentalità e nella voglia di espandersi.