Gianmarco Negri, quello che insegna l’elezione del primo sindaco trans d’Italia
Dario Accolla 28 Maggio 2019 |
Le ultime Elezioni europee non sono di certo andate bene per chi crede nei valori della democrazia, dell’accoglienza e della diversità.
La marea salviniana ha travolto molte cose e ha trascinato negli abissi dello sconforto tante speranze. A cominciare dal disastro pentastellato, con un MoVimento ridotto al 18% e ormai socio di minoranza nel governo giallo-verde, sempre più a trazione leghista. Eppure, in mezzo a tale disastro, la comunità Lgbt+ festeggia l’elezione di Gianmarco Negri, il primo sindaco transgender eletto nel nostro paese.
Più nello specifico, Negri è un FtM: ovvero una persona nata con un’identità cromosomica femminile che però si riconosce nel genere opposto. Nel corso di questi anni, dunque, il primo cittadino di Tromello (Pavia) ha fatto il suo percorso di transizione e adesso è un uomo. Non è la prima volta che una persona transgender accede a cariche istituzionali, nel nostro Paese. Basti ricordare la prima deputata della categoria nel Parlamento italiano, Vladimir Luxuria. Certo, la cosa fa ancora notizia. Siamo abituati a considerare la transessualità come sinonimo di prostituzione e di degrado, innanzitutto. E, ancora, siamo abituati a credere che le persone trans siano soltanto “maschi” che decidono di diventare donne. Negri, con la sua vicenda, scompagina – e non poco – tali semplificazioni.
In primo luogo, l’elezione di Negri quotidianizza un fenomeno per molti versi ancora oscuro alla maggioranza della popolazione italiana. “Il trans”, soprattutto nella narrazione giornalistica, ma non solo, è l’individuo che si prostituisce, che troviamo nei festini a base di coca e negli scandali che hanno coinvolto nomi e volti noti della politica. Avere una persona trans come sindaco fa capire che esiste un altro destino, oltre il degrado. L’impatto, a livello simbolico, è potentissimo. Scardina luoghi comuni e rappresentazioni di comodo. Scardina molte bugie, prima tra tutte l’equivalenza tra una condizione dell’essere e la dimensione della marginalità.
In seconda istanza, ai fini della narrazione pubblica, questa elezione facilita la visibilità proprio delle persone FtM, ancora largamente invisibili nel dibattito inerente alla questione Lgbt. I problemi di questa categoria, infatti, sembrano essere ignorati non tanto dall’agenda arcobaleno, quanto dai media che provano a interessarsi ad essa. È notizia delle settimane scorse, infatti, la difficoltà da parte delle persone FtM di ottenere il testosterone per la transizione. La carenza di questi medicinali è problematica, non solo perché non permette di portare avanti il percorso di riassegnazione del genere, ma anche per le conseguenze sul piano della salute. Eppure la cosa è stata largamente ignorata dagli organi di informazione. Adesso la stampa e la tv sanno che queste persone esistono. E non per fatti di cronaca nera – troppo spesso queste persone arrivano agli onori della cronaca perché vittime di situazioni delittuose – ma per la vittoria in una competizione elettorale. In un momento, peraltro, tra i più difficili per il fronte democratico e libertario nel nostro Paese.
“Da sempre mi sono sentito uomo. Ho cercato di reprimere più volte il mio essere donna, ma alla fine ho deciso di cambiare definitivamente sesso” ha dichiarato in un programma tv il neosindaco, donando all’opinione pubblica la sua storia personale. E sa che il suo mandato dovrà fare i conti con l’ondata salviniana appena cominciata. In una regione non semplice, nella provincia lombarda. “Dopo alcune esternazioni del nuovo governo, c’è da dire che non tira una bella aria per il riconoscimento dei diritti della comunità Lgbt. Sicuramente la nostra battaglia per il riconoscimento dei diritti continuerà”. Non si perde d’animo, insomma, Gianmarco. E diventa, forse senza nemmeno volerlo, il simbolo di quell’Italia fatta di impegno civico che resiste a chi sovrappone la parola “diverso” all’aggettivo “pericoloso”.
Poi, lo sappiamo, stiamo parlando di una goccia nel mare. Ed è una goccia arcobaleno nell’oscuro mare verde della Lega. Eppure sarebbe molto peggio se questa piccola realtà non ci fosse. Perché col suo esempio, il primo cittadino di Tromello ci fa capire una cosa molto semplice: la conoscenza abbatte i muri del pregiudizio e dell’odio contro l’altro da sé. Un principio che rischia di mandare a monte l’intera costruzione d’odio con cui le forze sovraniste hanno vinto le elezioni in Italia. Insomma, c’è speranza, nel nostro Paese. Bisognerà aspettare che passi la marea.