GAZA. È tregua tra Hamas e Israele?
2 aprile 2019, Nena News |
Per i media palestinesi, l’accordo di cessate il fuoco tra le due parti sarebbe stato raggiunto nei giorni scorsi grazie alla mediazione egiziana e prevedrebbe due fasi: alla prima, rappresentata dai “gesti di buona volontà” israeliani, dovrebbe seguirne un’altra che affronterà le questioni più spinose. Tel Aviv, però, per ora tace.
La tregua mediata dall’Egitto tra Hamas e Israele potrebbe essere annunciata ufficialmente questa settimana. A riferirlo sono state ieri fonti palestinesi vicine al movimento islamico palestinese secondo le quali la delegazione egiziana avrebbe raggiunto una intesa in due fasi: la prima, iniziata domenica, rappresentata da alcuni “gesti di buona volontà” d’Israele; la seconda, che scatterà quando sarà formato il nuovo governo israeliano, relativa alle questioni più spinose che riguardano la Striscia. A testimonianza della volontà di Tel Aviv di arrivare ad un cessate-il-fuoco, sottolineano ancora le fonti, ci sarebbe la riapertura dei valichi di confine di Kerem Shalom (conosciuto anche come Karam Abu Salem) e di Erez che erano stati chiusi la scorsa settimana quando un razzo sparato dall’enclave palestinese aveva raggiunto le vicinanze di Tel Aviv.
Le autorità israeliane avrebbero anche esteso la zona di pesca per i gazawi dalle 9 alle 15 miglia nautiche (la distanza maggiore permessa ai pescatori della Striscia da quando Israele ha imposto nel 2006 il suo assedio sul lembo di terra palestinese). Intervistato dal portale Middle East Eye, Hishm Bakr, capo della Società cooperativa Tawfiq per i pescatori, ha detto che Israele ha diviso il mare in tre sezioni da nord e sud: i pescatori palestinesi potranno ora raggiungere le 6 miglia nell’area settentrionale della Striscia, 12 in quella centrale e 15 a sud, a confine con l’Egitto. Ciononostante, Bakr ha anche sottolineato che, a causa delle restrizioni imposte su Gaza da Israele su certi materiali, i pescatori non potranno spingersi così lontano a causa del “mancato equipaggiamento necessario” per navigare in acque più profonde.
Conferme dell’alleggerimento del blocco israeliano giungono sempre su Middle East Eye anche da Talal Abu Zarifa, deputato del Fronte democratico per la Liberazione della Palestinese (Dflp). Secondo Abu Zarifa, oltre all’apertura del valico commerciale di Karam Abu Salem, Israele ha anche permesso l’ingresso nella Striscia di una ottantina di prodotti precedentemente vietati. Tra questi ci sarebbero alcuni medicinali e delle attrezzature mediche per curare il cancro e altre malattie, ma anche i pneumatici il cui ingresso nella Striscia era stato proibito da Israele per via del loro utilizzo durante le proteste settimanali delle Marce del Ritorno. I palestinesi, infatti, li hanno bruciati per ostruire in qualche modo la vista dei cecchini israeliani stazionati dietro la recinzione di sicurezza.
Tra i punti dell’intesa che dovranno essere discussi in una seconda fase, invece, ci sarebbero le questioni relative all’acqua, all’elettricità e alla raccolta dei rifiuti. Non solo: si parlerà anche della creazione di due zone industriali e, qualora la situazione a Gaza dovesse restare stabile, dovrebbe essere riaperto il valico di Karni in modo da ridurre così il tasso di disoccupazione. Affinché questi progetti siano realizzati, però, è necessario che i palestinesi ottengano dei finanziamenti. Fonti palestinesi affermano che il Qatar dovrebbe donare tra i 30 e 40 milioni di dollari entro la fine dell’anno per l’elettricità, per creare posti di lavoro e pagare gli impiegati statali. Altro denaro dovrebbe provenire dalle Nazioni Unite, Unione Europea, Banca mondiale, Banca islamica e altri paesi donatori.
La seconda fase dell’intesa dovrebbe essere implementate nel giro di 6 mesi- 1 anno a seconda degli “sviluppi sul campo e della situazione politica”. Tra i punti previsti c’è anche lo scambio di prigionieri tra Israele e Hamas. Dal 2014 il movimento islamico avrebbe infatti con sé 4 israeliani (di cui, pare, due soldati morti). Ma per il mantenimento della tregua tra le due parti, ha sottolineato il portavoce di Hamas Hazem Qasem, “le forze di resistenza palestinesi hanno chiesto anche che l’Occupazione [Israele, ndr] ponga fine alle violazioni dei diritti dei prigionieri politici e a quelle su Gerusalemme e sulla moschea di al-Aqsa”. Questi “temi sensibili”, ha spiegato Qassem, potrebbero portare alla rottura immediata di qualunque accordo tra le parti. Il governo israeliano per ora non conferma queste indiscrezioni. Il quotidiano Haaretz ha riferito che Tel Aviv non annuncerà i dettagli di un’eventuale accordo prima della fine delle elezioni interne del 9 aprile.
A parlare di “accordo imminente” mediato dall’Egitto per scongiurare una nuova offensiva israeliana su Gaza è stata però anche al-Jazeera secondo cui l’intesa tra Hamas e Israele sarebbe stata raggiunta alla vigilia delle manifestazioni di sabato scorso a Gaza, nel primo anniversario della Grande marcia del ritorno. Sarebbe stata proprio questa tregua non ancora ufficializzata tra le parti, riferisce la tv qatariota, che ha impedito due giorni fa un massacro di dimostranti palestinesi lungo le linee con Israele: i manifestanti si sarebbero infatti tenuti a distanza dalle postazioni israeliane e i cecchini dell’esercito dello Stato ebraico avrebbero limitato gli spari. Una ricostruzione che però non corrisponde al vero se si pensa soltanto che tra sabato e domenica sono stati ben cinque i giovani palestinesi uccisi dal fuoco dei militari (più di 100 i feriti).
Il quotidiano di Hamas al Risala sostiene che l’accordo di cessate il fuoco invece sarebbe stato raggiunto domenica notte e prevede concessioni di “buona volontà” da parte di Israele: il via libera all’aumento delle donazioni del Qatar, da 15 a 40 milioni di dollari; per il pagamento dei dipendenti pubblici di Gaza; l’estensione della zona di pesca da 9 a 12 miglia nautiche; l’aumento delle forniture elettriche. Hamas, dal canto suo, si impegnerà a contenere le proteste lungo le linee di demarcazione e agirà in modo da impedire che nessuna delle fazioni armate palestinesi spari razzi o colpi di mortaio verso il territorio israeliano. Indiscrezioni che, preme ribadirlo, continuano a non trovare conferma da parte del governo Netanyahu.