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IL PONTE BALCANICO. Le armi bosniache in mostra ad Abu Dhabi

Marco Siragusa 7 marzo 2019
Da tempo utilizzate nei più gravi conflitti mondiali, le armi di Sarajevo, grazie all’intermediazione dei paesi del Golfo, liberano almeno formalmente i paesi dell’Unione Europea da una serie di critiche sul sostegno economico e materiale fornito alle milizie islamiste in Siria.

Tra il 17 e il 21 febbraio si è svolto ad Abu Dhabi l’International Defense Exhibition and Conference, IDEX 2019, una delle più grandi esibizioni mondiali di armamenti e equipaggiamenti militari e l’unica di tutto il Medio Oriente. Durante i giorni della fiera, che quest’anno ha visto oltre centomila partecipanti, vengono esposte tutte le ultime novità del settore con dimostrazioni dal vivo e conferenze cui partecipano esponenti delle industrie militari e rappresentanti governativi di oltre 140 paesi. Alla cerimonia di apertura ha partecipato anche una nutrita delegazione bosniaca guidata dal vice ministro della Difesa e delle Forze Armate Sead Jusic. La presenza bosniaca ha suscitato particolare interesse non certo per la qualità delle armi presentate quanto per il significativo ruolo giocato dall’industria militare nelle relazioni economiche tra la Bosnia e i paesi del Golfo. L’importanza della partecipazione bosniaca all’evento è stata sottolineata dal direttore dell’Agenzia per la promozione delle esportazioni, Enes Aliskovic, che considera questo tipo di incontri fondamentali per incrementare e cementificare le relazioni con i paesi partecipanti nel settore della difesa e promuovere l’industria bosniaca all’estero.
Negli ultimi anni le esportazioni nel settore degli armamenti sono cresciute costantemente arrivando a superare i 110 milioni di euro nel 2018, in aumento di circa 10 milioni rispetto all’anno precedente. Al di là dell’aumento delle esportazioni, è particolarmente significativo vedere i paesi destinatari di questi beni. Il 30% di essi sono destinati agli Emirati Arabi Uniti e all’Arabia Saudita, seguiti da Afghanistan, Usa, Turchia e Egitto.
Come forma di sostegno alla lotta al terrorismo, nel 2011 il governo bosniaco aveva donato alle forze armate afgane circa 60 cannoni, mentre nel 2015 oltre 500 tonnellate di munizioni erano state inviate all’esercito regolare iracheno per far fronte all’avanzata dell’ISIS. Quest’ultima donazione rientrava in un progetto di dismissione di oltre 15 mila tonnellate di munizioni presenti nel Paese dai tempi della guerra jugoslava del 1992-1995.
Le armi bosniache sono state spesso utilizzate nei più gravi conflitti degli ultimi anni, come mostrato anche da un’inchiesta condotta dall’Indipendent nel 2018 secondo cui durante i bombardamenti condotti contro le truppe islamiste dell’autoproclamato “Stato Islamico di Iraq e Siria” (ISIS) presenti ad Aleppo sono stati ritrovati diversi documenti ufficiali che confermano il traffico di armi provenienti proprio dalla Bosnia e arrivate in Siria attraverso l’intermediazione saudita. Armi di produzione bosniaca sono state ritrovare anche in Yemen dove da anni si combatte una dura guerra tra gli Houthi, sciiti sostenuti dall’Iran, e i sostenitori del governo di Abd Rabbuh Mansur Hadi appoggiati da Arabia Saudita, Emirati e altri paesi del Golfo.
Le principali vendite verso l’Arabia Saudita riguardano munizioni per il famoso Kalashnikov, l’arma più utilizzata a livello mondiale ma non in dotazione all’esercito saudita. Nonostante l’entrata in vigore nel 2014 del Trattato sul commercio di armi che obbliga gli Stati aderenti a verificare che queste non giungano a paesi terzi colpiti da embargo o coinvolti in un conflitto, appare ormai evidente che le armi “made in Bosnia” giungono ai gruppi armati attraverso la mediazione di Arabia Saudita, Egitto, Turchia, Emirati.
L’elemento più contraddittorio e solo apparentemente sorprendente è che la vendita di armi da parte di Sarajevo prevede un rigido controllo da parte della NATO e dell’EUFOR, la missione di pace dell’Unione Europea, come previsto dal Protocollo d’Intesa raggiunto nel 2009 che prevede il controllo del commercio e del transito di armi da e per la Bosnia.
In questo scenario appare quindi più comprensibile la particolare attenzione posta dalle autorità emiratine alla partecipazione del governo bosniaco all’International Defence Exhibition di Abu Dhabi che ha rappresentato l’occasione perfetta per ragionare sul proseguimento della collaborazione in un momento in cui le truppe dell’ISIS stanno per essere definitivamente sconfitte.
Le armi prodotte in Bosnia non brillano certo per innovazione tecnologica ma costano poco e sono particolarmente affidabili anche grazie alla lunga tradizione sostenuta già dai tempi della Jugoslavia socialista. La vendita da parte di Sarajevo e l’intermediazione dei paesi del Golfo liberano, almeno dal punto di vista formale, i paesi dell’Unione Europea da una serie di critiche sul sostegno economico e materiale fornito alle milizie islamiste in Siria. Politicamente, però, la sostanza non cambia. Il via libera dato dalle autorità europee e dalla NATO alla vendita di armi verso il Medio Oriente dimostra il coinvolgimento e il ruolo centrale giocato nella formazione di gruppi terroristici nella regione.
Per un paese con profonde difficoltà economiche e sociali come la Bosnia, il settore della produzione di armamenti rappresenta un ambito strategico per l’economia e l’occupazione e difficilmente verrà limitato nei prossimi anni. Il mercato della vendita di armi è, per la Bosnia, in continua crescita e la probabile fine della guerra in Siria non sembra limitarne le possibilità.