Da Breivik a Tarrant: breve storia del suprematismo bianco che arma gli “etnosoldati”
15/03/2019 |
Non si conoscevano di persona, ma si stimavano, si abbeveravano dello stesso odio, frequentavano gli stessi siti web: neonazisti, islamofobi, antisemiti.
Norvegia, Canada, Gran Bretagna, Nuova Zelanda. Da Anders Behring Breivik, a Brenton Tarrant, passando per Alexandre Bissonnette, Darren Osborne e Luca Traini: una lunga scia di sangue nel segno del suprematismo bianco che si fa strumento di morte. Non si conoscevano di persona, ma si stimavano, condividevano la stessa ideologia, si abbeveravano dello stesso odio, frequentavano gli stessi siti web neonazisti, islamofobi, antisemiti.
Non importa se si tratta di “lupi solitari” o parte di cellule terroristiche “fai da te”: la cosa che sconvolge, oltre alla determinazione nel compiere i massacri, è il loro vademecum ideologico, aggiornato, per quanto ad un presente dominato dalla narrazione dell'”invasione” musulmana contro cui è dovere combattere. Innalzando muri. O sparando all’impazzata dentro moschee o, come in Norvegia, ad un raduno di giovani che credevano nell’inclusione e in una società multietnica.
“The Great Replacement“, la grande sostituzione: si intitola così il manifesto di 87 pagine “anti-immigrati e anti-musulmani” messo in rete dallo stragista di Christchurch. C’è un credo dietro quella follia omicida. C’è una visione del mondo che arma quella mano. Nel suo testamento “ideologico”, Tarrant lamenta il fatto che sia in atto un “genocidio dei bianchi” causato “dall’immigrazione di massa” contro cui bisogna reagire e definisce il suo gesto come una vendetta. Nel lungo testo, Tarrant parla dei suoi modelli e sodali di lotta (che definisce “etnosoldati”). Tra loro cita l’autore della strage di Utoya in Norvegia Andres Breivik e l’autore dell’attacco a Macerata Luca Traini. In realtà Tarrant ammette di aver avuto concreti contatti però solo con il fratello di Breivik, Knight Justiciar Breivik. Nello scritto pubblicato sui social Brenton Tarrant inneggia anche alla morte della cancelliera tedesca Angela Merkel, del presidente turco Recep Tayyp Erdogan e di Sadiq Khan, sindaco laburista di Londra figlio di immigrati pachistani musulmani. Lo sottolinea la stampa britannica osservando come l’uomo, cittadino australiano, rivendichi le sue origini “inglesi, scozzesi e gallesi”. Immediata la replica di Khan: “Londra celebrerà sempre quella diversità che qualcuno cerca di distruggere”. Tarrant scrive che la persona che lo ha influenzato di più è Candace Owens: un’attivista e commentatrice americana filo Trump. Anche Trump viene citato come “simbolo della rinnovata identità bianca”. Uno degli slogan scritti da Tarrant è: “Remove the invaders, retake Europe” (“Cacciare gli invasori, riprendere l’Europa”). Tarrant invita anche ad uccidere “i Ceo anti bianchi” perché “i traditori vanno distrutti”.
“Io sostengo molti di quelli che hanno preso una posizione contro il genocidio etnico e culturale. Luca Traini, Anders Breivik, Dylan Roof, Anton Lundin Pettersson, Darren Osbourne…”, si legge nel manifesto pubblicato online. Tarrant rivolge poi il suo omaggio anche a Dylan Roof, il suprematista bianco americano che nel giugno del 2015 ha ucciso 9 persone in una chiesa afroamericana di Charleston e che è stato condannato a morte. Anton Lundin Pettersson nel 2015 attaccò una scuola in Svezia, pugnalando a morte tre persone, rimanendo poi ucciso dagli agenti intervenuti. La polizia svedese stabilì che il 21enne aveva agito per motivazioni razziste, scegliendo una scuola di un quartiere con un’alta percentuale di immigrati. Infine, l’omaggio del terrorista è stato rivolto a Darren Osborne, condannato all’ergastolo in Gran Bretagna per l’attacco alla moschea di Finsbury Park nel giugno del 2017. L’attacco contro le due moschee nella città neozelandese è stato un atto di “vendetta contro gli invasori, per le centinaia di migliaia di morti causate da invasori stranieri sulle terre europee nella storia… per la schiavitù di milioni di europei prelevati dalle loro terre dagli schiavisti islamici… (e) per le migliaia di vite umane perse in attacchi terroristici in tutte le terre europee”, farnetica Tarrant. Nello scritto, l’attentatore di Christchurch afferma anche di aver deciso di compiere questi attacchi anche come “vendetta” per un attacco in Svezia avvenuto nel 2017: “In quel periodo cui cambiai drasticamente le mie opinioni.
Il primo evento che fece iniziare il cambiamento era l’attacco terroristico a Stoccolma, il 7 aprile 2017. Non potevo voltare le spalle alla violenza”. Il 28enne afferma anche di “aver avuto poco interesse nell’educazione”: “Non ho frequentato l’università, perché non avevo particolare interesse in quello che poteva offrire l’università”. Le stesse idee hanno armato Alexandre Bissonnette, 27 anni, che il 29 gennaio 2017, in Canada, apre il fuoco sui fedeli riuniti per l’ultima preghiera del giorno nella moschea del Quebec: sei musulmani vengono uccisi, 35 feriti. L’assalitore è uno studente imbevuto di idee ultranazionaliste Nel febbraio 2019, sarà condannato all’ergastolo, senza possibilità di rilascio per 40 anni. Il killer della moschea di Quebec City aveva il mito dei “suprematisti” e su Facebook “Alex B” (Bissonette) inneggiava a “Trump, Marine Le Pen e le forze di difesa israeliane. Passano 6 mesi, quando ad entrare in azione è Darren Osborne, un gallese di 48 anni. E’ il 19 giugno 2017. Osborne guida il suo furgone contro la folla dei fedeli che escono da una preghiera notturna nel mese del Ramadan, vicino alla moschea di Finsbury Park, nel nord di Londra. Il bilancio è di un morto e 11 feriti. Equilibrio: un morto e dodici feriti. Osborne, animato da un odio personale nei confronti dei musulmani e radicalizzato nelle settimane precedenti l’attacco, sarà condannato al carcere a vita nel febbraio 2018. Tutti e tre dicono di avere un modello da emulare. Il loro “eroe” è Anders Behring Breivik, islamofobo e anti-marxista, che il 22 luglio 2011, commette un doppio massacro facendo strage di 77 persone: otto muoiono nell’esplosione di una bomba di 950 chili a Oslo, vicino alla sede del governo, altri 69 vengono massacrati dalle raffiche di mitra sulla piccola isola di Utoya, a circa 40 chilometri dalla capitale norvegese: erano in maggioranza ragazze e ragazzi che partecipavano a un campo estivo organizzato dai giovani laburisti.
Quello di Tarrant e dei suoi “modelli” è il mondo dei “suprematisti bianchi”, che possono contare su oltre 1022 siti che fanno riferimento a idee e pratiche razziste, che indottrinano e addestrano, in rete, gli affiliati e chi, anche se “cane sciolto” vuole farsi giustizia da sé attaccando moschee, eliminando tutti coloro che “contaminano” la purezza “bianca”. Tarrant forse avrà letto “2083 Dichiarazione di indipendenza europea”. E’ il titolo del memoriale di 1500 pagine pubblicato sul web da Breivik, Il memoriale vide la luce nel 2009: al suo interno Breivik si definisce un cristiano conservatore, patriota e nazionalista, si distanzia dai neonazisti, che descrive come “emarginati, irascibili e razzisti skinhead” e si scaglia contro il multiculturalismo e l’immigrazione musulmana. Nel documento ci sono i dettagli della strage che ha in mente, oltre all’annuncio di voler passare alla storia come il più grande mostro dalla seconda guerra mondiale. Anders Behring Breivik parla poi dell’uso del terrorismo come di “un mezzo necessario per risvegliare le masse”. E ancora: istruzioni pratiche su come fabbricare ordigni esplosivi, riferimenti storici ai cavalieri Templari e citazioni dotte. Quel memoriale è diventata la “bibbia” degli “etnosoldati”. Quel che è certo, è che nel manifesto “The Great Replacement”, Tarrant ripercorre molte delle tesi di Breivik. Il filo conduttore dei due manifesti è “il genocidio dei bianchi” attualmente in corso. Sia Tarrant sia Breivik sottolineano che le donne bianche devono tornare “ad un livello di fertilità superiore a due figli per donna” altrimenti i bianchi scompariranno.”. Sulle proprie armi Tarrant ha scritto: “Vienna 1683”. È una data simbolo: quella del fallito assedio degli Ottomani. Anche Breivik la utilizzò come data simbolo, tanto da prefiggersi l’espulsione di tutti gli immigrati dall’Europa entro il 2083, quattro secoli dopo il fallito attacco di Vienna. Una ideologia di morte che ha i suoi riti, i suoi riferimenti storici, le sue pratiche reiterate, i suoi innumerevoli canali social. Non chiamateli “lupi solitari”: sono terroristi in rete. Che si sentono figli del loro tempo, con una missione da compiere. Come i terroristi dell’Isis o di al-Qaeda. Non meno determinati, non meno pericolosi.