Gli “strani” finanziamenti dell’opposizione iraniana all’estrema destra spagnola
Marco Santopadre 22 gennaio 2018 |
Il partito neofascista Vox, reduce dal recente exploit elettorale in Andalusia, ha ricevuto ingenti finanziamenti dal Consiglio della Resistenza dell’Iran (CNRI), sigla di copertura dei Mojahedin del Popolo (MEK) con cui l’Occidente ha rapporti ambigui e altalenanti.
La scorsa settimana il quotidiano spagnolo El Pais ha pubblicato una notizia che si è rivelata una vera e propria “bomba”: il partito di estrema destra Vox, reduce da un inaspettato exploit elettorale alle elezioni regionali dell’Andalusia, ha ricevuto ingenti finanziamenti da un’organizzazione dell’opposizione iraniana. Il quotidiano di Madrid aveva scritto che un gruppo in esilio aveva donato ben 800.000 euro alla formazione neofranchista in occasione delle elezioni europee del 2014. Le donazioni degli oppositori iraniani riempirono le casse del movimento appena costituitosi a partire da una scissione ultranazionalista e nostalgica del Partito Popolare. A foraggiare i neofascisti spagnoli sarebbero stati centinaia di simpatizzanti del Consiglio Nazionale della Resistenza dell’Iran (CNRI), sigla di copertura dei Mojahedin del Popolo.
La circostanza è stata confermata da alcuni dirigenti ed ex dirigenti di Vox che pure si sono difesi affermando di aver adeguatamente denunciato i finanziamenti. In realtà, stando al registro delle donazioni di cui El Pais afferma di essere venuto in possesso, i fondi provenienti dal CNRI sono stati più consistenti di quanto scritto finora, permettendo a VOX di prendere in affitto e arredare la sede centrale di Madrid, pagare gli stipendi ai dipendenti nonché a Santiago Abascal, l’attuale presidente del partito.
Il fondatore e primo presidente di VOX, Alejo Vidal-Quadras, ha ammesso che i soldi sono cominciati ad arrivare fin da quando, il 17 dicembre 2013, il nuovo partito si è iscritto nell’apposito registro del Ministero degli Interni.
Tra il dicembre del 2013 e l’aprile del 2014 arrivarono in totale un milione di euro, fondamentali per finanziare la strutturazione statale dell’estrema destra. Formalmente si trattò di donazioni effettuate da centinaia di privati cittadini simpatizzanti del CNRI sparsi in 15 diversi paesi, e in apparenza tutto si svolse in segreto ma senza violare la Legge sul Finanziamento ai Partiti del 2012 che fissa un tetto di 100.000 euro annui all’importo delle donazioni e che proibisce aiuti economici diretti da parte di partiti e organizzazioni straniere. Stando a quanto racconta Vidal-Quadras, il flusso di denaro si interruppe nel 2015quando, in seguito al flop elettorale della formazione, l’ex europarlamentare del PP e vicepresidente dell’Eurocamera decise di abbandonare VOX e la politica attiva.
D’altronde era stato Vidal-Quadras a contribuire a sdoganare il CNRI presso le istituzioni europee. Quando l’ex dirigente del Partito Popolare era vicepresidente dell’assemblea di Strasburgo il movimento iraniano fu infatti rimosso dall’elenco delle organizzazioni di natura terroristica redatto dall’Unione Europea (2009), così come anche dall’equivalente lista nera di Washington (2012). Londra era stata la prima a compiere questo passo nel 2008. Già nel 2002 il gruppo aveva conquistato notorietà e simpatie in Occidente dopo aver rivelato l’esistenza di installazioni nucleari segrete gestite dal governo iraniano ad Arak e Natanz, e prima partecipando alla guerra contro l’Iran insieme all’esercito iracheno, o sostenendo la successiva invasione statunitense dell’Iraq.
Maryam Rajavi, leader dei Mojahden e-Khalq
La relazione tra le potenze occidentali e i Mojahedin del Popolo Iraniano (in persiano Mojahedin-e Khalq, MEK) sono sempre state ambigue e altalenanti. Nata nel 1965 come formazione islamista sciita di vaga ispirazione socialista, alcuni mesi dopo l’instaurazione del regime di Khomeini nel 1979 passò all’opposizione e alla clandestinità, subendo una durissima repressione da parte di Teheran. A quel punto le potenze occidentali, in particolare gli Stati Uniti, cominciarono a utilizzare il MEK come propria pedina contro l’Iran.
Lo stato maggiore del movimento – che nel 1981 aveva dato vita al Consiglio Nazionale della Resistenza nel tentativo di dare l’impressione di operare all’interno di una variegata coalizione con altri gruppi – si stabilì dapprima a Parigi e poi in Iraq, ricevendo ingenti finanziamenti da Saddam Hussein – acerrimo nemico di Teheran – e da Washington e potendo utilizzare una grande base di addestramento per i propri miliziani, vicino alla frontiera con l’Iran. La base continuò ad addestrare i miliziani almeno fino al 2003, e il MEK poté contare su ingenti aiuti militari e logistici da parte degli Stati Uniti finché gli sciiti iracheni non ottennero da Washington l’espulsione dell’organizzazione. In realtà, migliaia di miliziani del MEK avrebbero continuato ad addestrarsi non solo in una base in Albania, ma anche in territorio iracheno, all’interno di una “ex” base statunitense a circa cento km da Baghdad.
Benché sia il governo statunitense sia l’UE abbiano considerato a lungo il MEK un’organizzazione terroristica, di fatto i suoi dirigenti ed emissari hanno continuato a circolare indisturbati e a intessere proficue relazioni con alcuni tra i più influenti uomini politici continentali e d’oltreoceano. Alla Conferenza che il MEK celebra periodicamente a Parigi partecipano ogni anno migliaia di persone, tra le quali dirigenti di governi e formazioni politiche di mezzo mondo. Ad esempio, alla tribuna di Parigi si sono alternati da Rudolph Giuliani – ex sindaco di New York – a John Bolton, attuale Consigliere alla Sicurezza Nazionale di Donald Trump, passando per il senatore John McCain e vari direttori della CIA e dell’FBI, compresi quelli che teoricamente avrebbero dovuto contrastare l’organizzazione inserita nella lista nera fino al 2012. Lo stesso vale per l’Unione Europea, che pure ha considerato di natura terroristica il MEK dal 2002 al 2009 in seguito ad una campagna di attentati contro 13 diverse rappresentanze diplomatiche di Teheran all’estero.
Ai congressi della cosiddetta “opposizione democratica iraniana” hanno partecipato sia il primo ministro di destra spagnolo José Maria Aznar sia il suo oppositore, il socialista José Luis Rodríguez Zapatero, non è dato sapere se per convinzione o in nome dei lauti emolumenti destinati dal CNRI agli ospiti più prestigiosi. Per accrescere la propria influenza il MEK non esita infatti a investire decine di milioni di dollari in cachet destinati ad alcuni dei partecipanti alle proprie conferenze o a finanziamenti a coloro che nei parlamenti, nei governi, nelle fondazioni di decine di paesi ne perorano la causa. Dove trova questa organizzazione i fondi che servono a sostentarne l’attività e che con tanta generosità distribuisce ad amici e lobbisti, compresi quelli inviati al partito neofranchista spagnolo VOX? Nonostante la propria notorietà all’estero, i sanguinosi attentati anche contro la popolazione civile iraniana e la lunga collaborazione con l’Iraq durante la guerra del 1980-1988 hanno alienato al movimento le simpatie della maggior parte degli oppositori al regime di Teheran.
Nonostante ciò, l’amministrazione Trump sembra orientata a ipotizzare un ruolo centrale per i Mojahedin del Popolo nel governo dell’Iran dopo un eventuale regime change forzato da un intervento militare contro il paese. L’unica spiegazione plausibile è che il CNRI (cioè il MEK) abbia a disposizione ingenti fondi provenienti dai paesi che ne sponsorizzano le attività in funzione anti-iraniana, in particolare Stati Uniti, Israele e Gran Bretagna ma anche vari paesi europei e le petromonarchie del Golfo. I fondi destinati dal CNRI a VOX sarebbero quindi da considerare un contributo ad un personaggio, Alejo Vidal-Quadras, che tanto si era speso in qualità di Vicepresidente dell’Europarlamento per perorare la riabilitazione del movimento, e non uno specifico aiuto all’estrema destra spagnola. Da tempo il MEK ha abbandonato ogni riferimento al socialismo e oggi abbraccia una visione politica apparentemente di tipo nazionalista e liberaldemocratico, anche se i dossier di molte intelligence e di varie organizzazioni per i diritti umani descrivono l’organizzazione come una setta gestita in maniera maniacale e autoritaria dai ristretti vertici, rappresentati dagli esponenti della famiglia Rajavi.