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Iraq e Libano: blocchi rivali frenano formazione dei governi

19 dicembre 2018 Nena News
Ieri il parlamento iracheno ha nominato altri 3 ministri, ma manca l’accordo ai dicasteri più importanti: quello della difesa e degli interni.

L’impasse politica va avanti come nel Paese dei Cedri da maggio. Ma a Beirut qualcuno tranquillizza: “Esecutivo nei prossimi giorni”.
Diviso dalla rivalità tra il blocco Islah e quello Bina, il parlamento iracheno non è riuscito ieri a completare la squadra governativa, prolungando così l’impasse politica che va avanti da quando (a maggio) si sono tenute le legislative.
L’esecutivo del premier designato Abdel Mahdi ha infatti finora solo 17 nomi, 14 approvati ad ottobre e tre ieri. Restano ancora due caselle da riempire: quella della difesa e degli interni, che però costituiscono i principali motivi d’attrito tra i due blocchi rivali.
Ieri i deputati hanno fatto un leggero passo in avanti scegliendo al ministero dell’educazione Quasay al-Suheil, vicino all’ex premier Nouri al-Maliki. Luce verde anche per Nuri al-Dulaimi (Partito islamico iracheno) al dicastero della progettazione e per l’archeologo Abdulamir al-Hamdani (sostenuto dalla forza pro-iraniana Asadi Ahl al-Haq) a quello della cultura.
La prossima seduta del parlamento è prevista per giovedì pomeriggio quando si proverà a stabilire definitivamente la squadra governativa. Pia illusione al momento: il premier Abdel Mahdi ha fatto sapere che sosterrà rispettivamente alla difesa e agli interni Faysal al-Jarba e Falih al-Fayyadh, entrambi vicini all’Iran. Le forze sunnite, in particolare, non condividono la scelta di al-Jarba mentre la coalizione Sairoun, che fa capo al potente religioso sciita Muqtada al-Sadr, si oppone a quella di al-Fayyadh. “Abbiamo votato per ministri che non suscitano disaccordi” ha ribadito ieri il deputato Sabah al-Ugaili di Sairoun.
Infastidito dai ritardi nella formazione del governo, la scorsa settimana il premier ha puntato il dito contro gli opposti schieramenti: “Noi siamo liberi di scegliere 8 o 9 ministri. Il resto sono il risultato di accordi politici. Quando si arriva ai dicasteri della difesa e degli interni, sono i partiti a scegliere, non il primo ministro”. Se il processo della formazione della squadra governativa dovrebbe ulteriormente ritardare, scrivono alcuni commentatori, Abdel Majdi potrebbe essere costretto a dimettersi. Una mossa che destabilizzerebbe ancora di più l’Iraq che ha invece necessità di avere quanto prima un esecutivo che possa affrontare i tanti problemi economici e sociali che vive il Paese.
Al netto delle differenze, un clima simile si vive anche in Libano dove il premier designato Hariri non riesce ancora a completare la sua squadra di governo. Dopo 7 mesi di nulla di fatto, la situazione sembra però ormai vicina a risolversi “nei prossimi giorni”. Almeno così affermano diversi esponenti delle forze politiche locali. “Le cose si stanno muovendo rapidamente e se non incontrano ostacoli, e io non credo lo faranno, il governo vedrà presto luce” ha dichiarato ieri il Maggior General Abbas Ibrahim nel corso di una conferenza stampa. Sulla stessa lunghezza d’onda il ministro delle finanze Ali Hassan Khalil che, intervistato dalla Reuters, ha fatto sapere che il processo “è nella sua ultima fase” e che quindi l’esecutivo “potrebbe veder luce prima delle vacanza di Natale”. “Ciò – ha aggiunto Khalil – avrà un impatto positivo sulla situazione finanziaria ed economica [nazionale]”. Non ha tutti i torti: la formazione di un governo è un passo assolutamente necessario viste le condizioni economiche in cui versa il Libano. Ieri l’agenzia Fitch ha abbassato il rating del Paese dei Cedri a causa di un ulteriore peggioramento dei conti governativi.
Le elezioni dello scorso 6 maggio – le prime dopo 9 anni – hanno prodotto un parlamento a favore del partito sciita filo-iraniano Hezbollah (70 seggi conquistati insieme ai suoi alleati rispetto ai 128 complessivi). Hariri, sostenuto dall’Arabia Saudita e rivale del “Partito di Dio”, ha perso oltre un terzo dei suoi parlamentari pur restando il leader dei sunniti del Paese.
Resta da capire come si sbloccherà la crisi politica: 6 deputati sunniti pro-Hezbollah, infatti, non sembrano essere pronti a rinunciare alla presenza di un loro rappresentante all’interno del futuro governo. La loro richiesta, sostenuta da Hezbollah e dal blocco che guida (Alleanza 8 marzo), è fortemente osteggiata dall’Alleanza rivale (14 marzo) che fa capo ad Hariri.