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EGITTO. Rilasciata l’attivista Amal Fathy

19 dicembre 2018, Nena News
Dopo 7 mesi di carcere per critiche rivolte alle autorità egiziane, la donna, moglie del consulente della famiglia Regeni, è da ieri in libertà vigilata.

Soddisfazione parziale delle ong per i diritti umani: su di lei, infatti, pesa anche un secondo procedimento per appartenenza a gruppo terroristico.
L’attivista egiziana per i diritti umani Amal Fathy è stata rilasciata ieri dal carcere in cui era rinchiusa da 7 mesi perché aveva osato criticare le autorità egiziane per la loro mancata protezione delle donne vittime delle molestie sessuali in Egitto. A dare la notizia è stato ieri il suo avvocato Mohammad Ramadan su Facebook. Secondo quanto afferma Ramadan, ieri una corte del Cairo ha ordinato il suo rilascio su cauzione. Per ora la donna – moglie tra l’altro di Mohammed Lofty, consulente della famiglia Regeni nonché capo della Commissione per egiziana per i diritti e le libertà – resta in libertà vigilata e dovrà presentarsi in commissariato una volta a settimana. Fathy rischia ancora molto: il procuratore, infatti, potrebbe fare appello alla decisione del tribunale e di fatto allungare i tempi della sua detenzione.
Nonostante la sua odissea giudiziaria non sia terminata, la notizia giunta ieri dal tribunale è stata accolta con gioia delle organizzazioni per i diritti umani. Amnesty International (AI), a tal proposito, ha invitato il Cairo a rispettare quanto stabilito ieri dalla corte e a lasciar cadere tutte le accuse contro di lei. “La decisione di rilasciarla in libertà condizionata, dopo che è stata rinchiusa ingiustamente dietro le sbarre per 7 mesi, rappresenta una luce di speranza affinché il suo incubo in carcere possa presto finire” ha commentato Najia Bounaim, la direttrice di AI per il Medio Oriente e il Nord Africa. “Le autorità egiziane devono ora seguire le direttive della corte, garantire il suo immediato rilascio e farla riunire con la sua famiglia” ha aggiunto Bounaim che ha poi sottolineato come il suo rilascio su libertà condizionata “non sia ancora abbastanza”.
Fathy (33 anni) è stata arrestata a maggio dopo che aveva postato su Facebook un video in cui accusava le autorità egiziane di non proteggere le donne e dopo aver denunciato di essere stata molestata dalle guardie di una banca. Una pratica, quella delle molestie, ampiamente diffusa in Egitto: secondo un rapporto Onu del 2017, il 60% delle donne egiziane ha dichiarato di aver subito qualche forma di molestia nella loro vita.
A settembre poi la donna aveva ricevuto una pena di due anni di carcere sospesa e 560 dollari di multa per aver diffuso “false notizie” e per il possesso di “materiale indecente in relazione a quel video Facebook”. In carcere, inoltre, la donna si è dovuta difendere anche dall’accusa (ancora non caduta) di “appartenenza ad un gruppo terroristico”. L’attivista, secondo le autorità locali, “avrebbe usato un sito web per promuovere idee che incitano ad attacchi terroristi, disseminando intenzionalmente false notizie che potrebbero danneggiare la sicurezza pubblica e l’interesse [nazionale]” e “apparterrebbe ad un gruppo messo fuori legge”. Il riferimento è al Movimento 6 aprile che ha svolto un ruolo di primo piano durante le rivolte del 2011 contro l’allora presidente Hosni Mubrarak. Il gruppo è stato poi dichiarato fuori legge nell’aprile del 2014 quando al potere è salito il golpista al-Sisi.
Sebbene Fathy rischi ancora tanto visto il clima di caccia alle streghe nell’Egitto di al-Sisi, la decisione di ieri del tribunale è una notizia da festeggiare: il suo rilascio (parziale) è frutto anche delle pressioni della famiglia Regeni che da quasi 3 anni combatte contro depistaggi, omertà e reticenze del regime egiziano (ma anche italiane) che impediscono di risalire ai veri mandanti, non solo agli esecutori, dell’omicidio di Giulio.
La notizia del suo rilascio è giunta nelle ore in cui suo marito Mohammed Lofty riceveva un premio franco-tedesco “per i Diritti umani e per lo stato di diritto”.