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Il messaggio del Rapporto Unesco sull’educazione: “La vera integrazione è a scuola”

Accademia dei Lincei 30/11/2018
Il Rapporto Mondiale di Monitoraggio dell’educazione 2019 (Global Education Monitoring Report o GEM report) dell’UNESCO su migrazioni e spostamenti forzati mostra che i migranti rappresentano il 18% degli studenti nei paesi ad alto reddito, rispetto al 15% nella metà degli anni 2000.

Ora sono 36 milioni, equivalenti a tutta la popolazione in età scolare in Europa. In base agli attuali livelli, la percentuale potrebbe salire al 22% entro il 2030.

Lanciato in occasione degli eventi organizzati a Roma e Milano il 27 e 28 novembre, in presenza di Stefania Giannini, Vice Direttore Generale per l’educazione all’Unesco e Anna Cristina D’Addio, autrice senior del rapporto, il GEM Report intitolato “Costruire ponti, non muri”, illustra gli svantaggi educativi affrontati dai bambini provenienti da un contesto migratorio. Nel 2017, in Italia, il numero di giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi era il triplo di quello dei nativi. L’analisi delle migrazioni dalle province meridionali a quelle settentrionali mostra anche che i bambini migranti, in particolare i maschi, avevano una probabilità maggiore di abbandono precoce degli studi. Inoltre i richiedenti asilo hanno bisogno di supporto per poter recuperare a scuola . Tra quelli intervistati in Italia nel 2017 in alcuni centri di accoglienza selezionati, solo quattro su dieci avevano un’alfabetizzazione di base.
Le politiche italiane per affrontare il divario educativo di migranti e rifugiati sono evidenziate nel rapporto mondiale GEM dell’UNESCO. Mentre paesi come la Thailandia, la R.U. di Tanzania e il Bangladesh chiudono le porte della scuola ai bambini privi di documenti di residenza o di identificazione nazionali, le linee guida per l’accoglienza e l’integrazione degli alunni stranieri in Italia aggiornate dal MIUR nel 2014 affermano che il diritto all’istruzione non può essere negato a causa della mancanza di documenti.
L’Italia è uno dei soli 7 paesi ad alto reddito a fornire educazione interculturale sia come materia a sè stante che come materia integrata nel curriculum. Danimarca, Francia, Ungheria e Polonia non hanno fatto né l’uno né l’altro. Riconoscendo che alcune delle scuole hanno un bisogno addizionale di supporto per assistere gli studenti provenienti da un contesto migratorio che non parlano la lingua italiana, qualsiasi scuola in Italia può accedere a block grants per il loro supporto linguistico.
Il Rapporto GEM sottolinea gli sforzi compiuti in Italia per soddisfare le esigenze educative dei minori immigrati non accompagnati e privi di documenti. Circa il 73% degli 86.000 bambini arrivati in Italia nel periodo 2011-2016 non erano accompagnati e sono stati accolti nei centri di prima e seconda accoglienza. La nuova legge n. 47 del 2017 copre anche il diritto all’educazione ad ogni livello per questi bambini e ha dimezzato il tempo massimo di permanenza nei primi, fissandolo a 30 giorni. Nonostante questo, solo una minoranza di minori non accompagnati frequenta regolarmente la scuola.
L’Italia, insieme a Grecia, Norvegia e Regno Unito sta anche aprendo la strada a un nuovo sistema per riconoscere le qualifiche anteriori dei rifugiati grazie all’European Skills Passport for Refugees (ESPaR). Le innovazioni di questo tipo sono necessarie: nei paesi più ricchi oltre un terzo degli immigrati con un’istruzione superiore sono sovraqualificati per il loro lavoro, rispetto a un quarto dei nativi.
Il messaggio del Rapporto è chiaro, come l’ha rilevato Stefania Giannini: “È proprio all’interno della scuola che si crea l’integrazione”. Eppure le sfide rimangono. Molti paesi europei, tra cui Francia, Germania e Regno Unito, finiscono per segregare gli studenti immigrati in scuole separate o in filiere scolastiche spesso professionali, accrescendo il loro svantaggio educativo . In Italia il 17% delle classi primarie aveva più del 30% di alunni stranieri nel 2017.
Secondo Anna D’Addio, autrice senior del rapporto “L’inclusione di migranti e rifugiati nei sistemi educativi nazionali è solo l’inizio. Bisogna poi preparare un piano per rispondere ai loro bisogni e non tutti i paesi riescono a farlo in modo soddisfacente”.
D’Addio continua dicendo che “La chiave per fare fronte alle sfide dell’inclusione di migranti e rifugiati è sostenere gli insegnanti nell’assumere le complesse responsabilità del loro ruolo. Nei paesi ad alto reddito, come Germania, Italia, Spagna e Svezia, gli insegnanti sono formati e qualificati ma hanno bisogno di nuove competenze per far fronte ai bisogni dei rifugiati. 52% degli insegnanti considerano che hanno supporto insufficiente per gestire la diversità nelle aule”.
Alcune delle raccomandazioni suggerite dal Rapporto sono:
1. Gli insegnanti dovrebbero ricevere un migliore sostegno per poter soddisfare la miriade di ruoli che ci si aspetta da loro nell’educare migranti e rifugiati.
2. L’Italia dovrebbe basarsi anche su iniziative locali nate in alcune città, tra cui Milano e Torino, per rispondere alle esigenze specifiche dei migranti.
3. I governi dovrebbero investire nella raccolta dei dati sulle dimensioni e la portata delle migrazioni nei loro paesi.