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EMIRATI. Accusato di spionaggio il ricercatore britannico

16 ottobre 2018, Nena News
Arrestato lo scorso maggio e da allora rinchiuso in un carcere emiratino in isolamento, soltanto ieri Matthew Hedges ha conosciuto i suoi capi d’accusa: “spionaggio per un paese straniero e pericolo per la sicurezza dello stato”. Il segretario degli esteri di Londra si dice “molto preoccupato”.

Dopo cinque mesi di silenzio, ieri è arrivata l’ufficialità: l’accademico britannico Matthew Hedges, da maggio detenuto in isolamento in un carcere di Abu Dhabi, è sotto processo perché accusato di “essere una spia per un Paese straniero e per aver messo in pericolo la sicurezza militare, politica ed economica dello stato”. A riferirlo è stato il governo emiratino con un comunicato. Secondo quanto riferito alla stampa dal procuratore generale Hamad al-Shamsi, i capi d’accusa “si basano su prove frutto di indagini che sono state compiute dalla procura generale”. Al-Shamsi ha spiegato che Hedges si fingeva ricercatore per coprire le sue attività di spionaggio, aggiungendo che le accuse mossegli contro sono sostenute “da informazioni ricavate dai suoi dispositivi elettronici”.
Il 31enne dottorando dell’università di Durham, arrestato lo scorso 5 maggio all’aeroporto di Dubai al termine di un viaggio di due settimane, si trovava negli Emirati Arabi Uniti (Eau) per compiere delle ricerche sulle politiche securitarie di Abu Dhabi dopo le rivolte arabe del 2011. Tra i vari argomenti trattati dal suo lavoro di ricerca, inoltre, c’è anche il coinvolgimento degli Emirati nella guerra allo Yemen e il ruolo che sta avendo il suo esercito nel conflitto. Oltre ad essere uno studente dell’università di Durham, Hedges lavorava anche come analista per una azienda di consulenza per la sicurezza che ha sede negli Emirati. Sul sito dell’Università di Durham, il ricercatore viene presentato come un dottorando della scuola di governo e degli affari internazionali i cui campi di ricerca includono le relazioni civili-militari, l’economia politica e il tribalismo.
A denunciare il suo caso è stata la scorsa settimana sua moglie Daniela Tejada che in questi mesi è riuscita a parlare con suo marito diverse volte per telefono, ma solo una volta le autorità emiratine le hanno permesso di visitarlo in carcere. Secondo quanto ha riferito Tejada, il giovane è tenuto ancora in isolamento. “Matt era in Eau per fare ricerche per il suo dottorato. Da quando è stato arrestato il 5 maggio 2018, ha ricevuto soltanto due visite consolari. Questa è una chiara violazione dei suoi diritti” ha detto la donna alla stampa britannica. “Non ha nascosto nulla” ha poi ribadito, spiegando che suo marito aveva vissuto negli Emirati per “diversi anni” prima di ritornare in Gran Bretagna nel 2015.
Hedges mostrerebbe segni di cedimento psicologico. Nel corso di una conversazione telefonica con il marito, Tejada ha detto che il giovane le avrebbe manifestato pensieri suicidi. “I suoi diritti sono violati quotidianamente – ha denunciato la moglie – sono scioccata dal fatto che non sia stato fatto niente per tirarlo fuori”. La donna ha poi descritto la sua unica visita al marito avvenuta lo scorso luglio: “Tremava costantemente. Non si aspettava di vedermi. Sembrava molto attento a quello che mi diceva e a cosa non mi diceva. Questo mi porta a pensare che era costretto a dire o non dire determinate cose”.
L’accademico – autore per una rivista accademica di un articolo sulla Fratellanza musulmana (nemica giurata degli Emirati) e sul Consiglio di Cooperazione del Golfo (di cui Abu Dhabi fa parte) – è apparso la scorsa settimana in un tribunale locale dopo che una prima udienza si era avuta a inizio mese. La prossima seduta, ha detto la moglie, dovrebbe avere luogo il 24 ottobre.
Sul caso Heges sono intervenute recentemente anche le autorità britanniche. Jeremy Hung, il segretario degli esteri britannico, ha detto all’Agenzia Afp la scorsa settimana che “è molto preoccupato” per lui.
Il caso Hedges riporta al centro delle cronache la dura repressione delle autorità emiratine contro gli oppositori. Ne sa qualcosa l’attivista Ahmed Mansour che è stato condannato lo scorso giugno a 10 anni di carcere per aver insultato “lo status e il prestigio degli Emirati Arabi Uniti e i suoi simboli diffondendo notizie false sul Paese”.