Mauritania: il Paese delle grandi contraddizioni
FRANCESCO SNORIGUZZI 14 SETTEMBRE 2018 |
Il prossimo 15 settembre si terrà il secondo turno delle Elezioni Legislative ed Amministrative nella Repubblica Islamica di Mauritania.
Il primo turno, tenutosi lo scorso 1° settembre, è stato segnato dalle accuse di brogli da parte delle principali forze di opposizione nei confronti del Governo del Presidente Mohammed Ould Abdel Aziz; il Governo, da parte sua, smentisce le accuse delle opposizioni e sostiene che tutto si sia svolto normalmente.
La Mauritania ha ottenuto l’indipendenza dalla Francia nel 1960; da allora si sono alternati periodi di legalità repubblicana, almeno formale, a periodi di dittatura militare. Dal 1978 al 1984, infatti, il Paese è stato retto da una giunta militare; con l’ascesa alla Presidenza di Maaouya Ould Sid’Ahmed Taya si è tornati ad un sistema almeno formalmente democratico. Taya ha governato la Mauritania per più di vent’anni venendo deposto da un nuovo Colpo di Stato militare nel 2005; nel 2007, allo scadere del mandato della giunta militare, le nuove elezioni videro la vittoria di Sidi Mohammed Ould Cheikh Abdallahi; nel 2008, però, un nuovo Colpo di Stato porta al potere Aziz, confermato alla Presidenza nelle elezioni del 2009 e del 2014.
Queste Elezioni Legislative rappresentano un passaggio cruciale per il Presidente Aziz, in vista delle Elezioni Presidenziali del 2019: nel 2014, infatti, i rappresentanti delle opposizioni avevano deciso di boicottare lo svolgimento delle elezioni, ritenendole prive delle necessarie garanzie politiche; questa volta, seppur lamentando violazioni, le opposizioni ci sono e sembrano ben intenzionate a dar filo da torcere al Governo. Il Governo di Aziz e del suo partito, la Union pour la République (UpR: Unione per la Repubblica), incentra la propria politica sulla lotta dura al terrorismo e sulla crescita economica, oltre che su un richiamo ai valori nazionalistici e sul richiamo alla memoria della lotta per l’indipendenza.
Le opposizioni, però, lamentano sistematiche violazioni della legalità e dei Diritti Umani e Politici da parte del Governo. Nel mese di agosto, infatti, una serie di arresti ha colpito giornalisti e membri di partiti di opposizione: uno dei casi più eclatanti è quello dell’ex-candidato alla Presidenza Biram Dah Abeid, a capo della Initiative pour la Resourgence du Mouvement Abolitioniste (IRA: Iniziativa per la Rinascita del Movimento Abolizionista), incarcerato a seguito di una denuncia per minacce proprio il giorno in cui avrebbe dovuto formalizzare la propria candidatura contro Aziz. Il principale partito di opposizione, al momento è il Tewassoul, movimento islamista conservatore, accusato dal Governo di essere legato ai gruppi terroristici.
La situazione socale nel Paese, d’altronde, non è delle più rosee: a fronte di risorse minerarie ed ittiche tutt’altro che indifferenti, la Mauritania resta una Repubblica povera: il tasso di persone che vive sotto la soglia di povertà, seppur diminuito negli ultimi anni, resta superiore al 30% e l’analfabetismo è ancora molto diffuso.
Inoltre esistono diffuse piaghe sociali come, ad esempio, la schiavitù. Nonostante la schiavitù sia stata formalmente abolita nel 1981, nei fatti questa resta praticata a causa di tradizioni secolari dure a morire. La discriminante è economica ed etnica: da un lato ci sono i bidanes, i mauritani ‘bianchi’ discendenti delle popolazioni berbere ed arabe discese dal nord, che occupano i gradini più alti della società; dall’altro gli harratin, i mauritani ‘neri’ discendenti delle popolazioni bantu e sudaniche del sud, che vivono in condizioni economiche precarie. A causa delle loro condizioni sociali, gli harratinsono di fatto subordinati, in tutto o in parte, ai bidanes che si comportano come se questi fossero oggetti di proprietà, tanto da arrivare, nei casi più eclatanti, a ereditarli come si eredita una casa a un’automobile.
Un’altra questione aperta è quella della situazione femminile: secondo le leggi in vigore, una donna violentata deve essere processata con l’accusa di adulterio. La questione, denunciata da attiviste locali e da associazioni internazionali, non sembra essere al centro dell’agenda del Governo (né della gran parte delle opposizioni, a dire il vero).
Nonostante le criticità sociali ed economiche, la Mauritania gioca un ruolo non indifferente in campo strategico. Negli anni ’90 del XX secolo, la Mauritania comincia a stringere rapporti con Israele fino ad essere, nel 1999, il primo ed unico Stato africano a riconoscerlo diplomaticamente e ad aprire un’Ambasciata. Questa iniziativa ha parzialmente allontanato la Mauritania dal resto del mondo islamico. Nonostante ciò, negli stessi anni, il Paese sosteneva il Frente Popular de Liberación de Saguía el Harma y Río de Oro (PoLiSaRio: Fronte Popolare di Liberazione di Saguía el Harma e del Río de Oro), contro il Marocco: il gruppo, che rivendica l’autodeterminazione delle popolazioni del Sahara Occidentale, era contemporaneamente supportato economicamente dall’Iran e dalla Libia. La convergenza di interessi tra la Mauritania e due dei Paesi più anti-israeliani al mondo, non impedì al Governo di Nouakchott di intessere ottimi rapporti con Tel Aviv, tanto che il Governo dello Stato ebraico iniziò una grande attività di investimento e costruzione di infrastrutture nel Paese. Inoltre, Israele si impegnò a fornire tecnologie ed armamenti alla Mauritania.
Con l’arrivo al potere di Aziz, nel 2008, il Paese cambia la propria linea politica: nel 2010 viene chiusa l’Ambasciata israeliana; il ruolo di grande finanziatore della Mauritania passa all’Iran che, fino ad allora, non aveva aiutato Nouakchott a causa del suo rapporto con Tel Aviv.
A questo punto, la presenza di Teheran diviene capillare nel Paese: oltre al sostegno economico e negli armamenti, gli iraniani prendono in mano la costruzione e la gestione delle infrastrutture iniziate dagli israeliani. Nonostante il rinnovato rapporto con l’Iran , la Mauritania non rinuncia ad una certa ambiguità: nel 2015, ad esempio, Nouakchott interviene nel conflitto in Yemen al fianco dell’Arabia Saudita, principale avversaria dell’Iran nell’area del Golfo Persico. Teheran, in ogni caso, non ha interrotto i rapporti con la Mauritania.
L’ambiguità dei rapporti con l’Iran, in effetti, sembra mettere il Paese al centro di forti interessi economici. Secondo alcuni analisti, in Mauritania verrebbe importata qualsiasi tecnologia destinata all’Iran: un modo per aggirare gli embarghi che, in vari momenti hanno colpito Teheran. Allo stesso modo, il Paese farebbe da tramite anche a chi volesse sostenere i nemici dell’Iran, in particolare quelli legati a Riad, senza esporsi troppo: in quest’ottica, nel Paese opererebbero un gran numero di servizi segreti, da quelli statunitensi a quelli dell’Unione Europea (Italia compresa), da quelli russi a quelli dei Paesi dell’area mediorientale.