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CULTURA. Le celebrazioni dell’Ashura tra religione e politica

Pietro De Ruggieri 21 settembre 2018
Le comunità sciite hanno appena concluso i dieci giorni di eventi celebrativi del martirio di Husayn. 

L’estremo romanticismo conferito alla figura del nipote di Maometto ne ha esaltato la carica ideologica ed è divenuto veicolo di istanze come la difesa dei deboli e degli oppressi, la dissidenza e la ribellione alla tirannia.

Si sono concluse da poco le celebrazioni dell’Ashura, una delle ricorrenze più importanti per la comunità sciita, culmine di un periodo di dieci giorni di lutto (i primi dieci giorni del mese lunare di Muharram, Ashura significa appunto “dieci”) in commemorazione del martirio del terzo Imam, Husayn ibn-Ali, nipote del profeta Maometto. La città di Kerbala (nel sud dell’Iraq), sede del santuario dedicato all’Imam, ha visto milioni di fedeli sciiti radunarsi in questi per le celebrazioni.
La vicenda è abbastanza nota: Husayn aveva rifiutato l’autorità di Yazid I, nominato califfo dal padre Mu‘awiyah in violazione di un trattato siglato proprio tra Mu’awiyah e Hasan ibn Ali, fratello maggiore di Husayn e secondo Imam sciita, secondo il quale il califfato doveva procedere per via elettiva e non dinastica. Nel 680 d.C. Husayn, diretto a Kufa insieme a 72 compagni e alle loro famiglie, veniva accerchiato dall’esercito di Yazid I presso la città di Kerbala e dopo una valorosa resistenza, ucciso e decapitato. L’Ashura commemora proprio il martirio di Husayn e dei 72 compagni.
L’importanza di questa ricorrenza e della figura di Husayn non è soltanto religiosa, in quanto Valiholla (santo, amico di Dio) e membro dell’Ahl al-Bayt (la stipre di Mohammad), ma è soprattutto culturale ed ideologica.
Dalla narrazione della battaglia di Kerbala è nato un vero e proprio genere letterario, la letteratura Maqtal (uccisione, morte violenta), che descrive esclusivamente la vicenda del martirio dell’Imam. Questo filone letterario, le cui prime opere sono una vera e propria cronaca e conservano una certa importanza storica, ha inizialmente contribuito all’evoluzione dell’agiografia islamica non solo in arabo ma anche in turco, farsi e urdu. Con il passare dei secoli, e l’accrescersi della comunità sciita, i maqatil hanno assunto la forma di elegie che hanno immaginato Husayn utilizzando alcuni stereotipi propri dell’eroe epico: coraggio, onestà, eroismo, senso di giustizia.
Queste elegie vengono cantate (rozeh khani) ancora oggi durante gli eventi celebrativi dell’Ashura, scandite dal ritmo dei tamburi e dal suono dei fedeli che si percuotono il petto in segno di penitenza, lamentandosi e spesso simulando il pianto. Nelle processioni in strada, nei raduni nelle moschee e negli hussainiye, nei cortili delle case, cantanti più o meno professionisti (maddah) cantano lamentazioni sulla passione dell’Imam. In alcuni maqatilil martirio di Husayn è paragonato a quello di Gesù e di Giovanni Battista e la figura di Zeynab, sorella di Husayn, a quella della Madonna.
Queste performance di lamentazione collettiva possono essere inquadrate all’interno dell’antichissima tradizione del pianto funebre, ma non agiscono tanto a livello psicologico individuale, ma acquistano piuttosto una valenza profondamente sociale e ideologica. Possiedono un ruolo e un peso fondamentale per comprendere una parte molto importante dell’identità sciita. L’estremo romanticismo conferito alla figura di Husayn, e al suo martirio ha contribuito a esaltarne la carica ideologica, veicolo di istanze come la difesa dei deboli e degli oppressi, il culto dei martiri, la dissidenza e la ribellione alla tirannia. Molto spesso infatti le minoranze sciite hanno utilizzato l’Ashura come uno strumento di protesta.
In Iraq le celebrazioni dell’Ashura sono state vietate per anni da Saddam Hussein che riteneva rappresentassero una vera e propria minaccia politica. In Kashmir, proprio ieri la polizia indiana ha caricato alcuni fedeli sciiti durante le celebrazioni, da anni proibite dal governo di Nuova Delhi.
In Bahrein l’Ashura è stata utilizzata dalla componente islamista durante le proteste della seconda metà degli anni ’90 e durante le attuali proteste in corso dal 2011. Proprio martedì, nella capitale Manama, la polizia ha arrestato tre membri del clero sciita per “atti di terrorismo”. In Libano, in particolare nel Sud roccaforte di Hezbollah, Ashura significa anche unità e resistenza all’aggressione israeliana. Nel caso dell’Iran questo rituale religioso collettivo è diventato un “rituale di Stato” che mira ad esaltare i valori rivoluzionari di Husayn come pilastro ideologico della Repubblica Islamica.
Il ministro degli Esteri iraniano Mohammad Zarif ha twittato ieri: “Sono passati quattordici secoli da quando Kerbala è stata teatro dell’epico martirio dell’Imam Hussein, nella sua ineguagliata resistenza contro la tirannia. Il suo sacrificio veicola un messaggio deciso e sempre attuale: combattere per la giustizia conduce alla vittoria: Ogni giorno è Ashura, ogni terra è
Kerbala”.