General

Viaggio all’ interno del mondo sciita

Di Gianmarco Cenci, L’Indro, 25 maggio 2018
Si è parlato, qualche tempo fa, della volontà di fare di Qom un Vaticano sciita. Il professor Raffaele Mauriello ci spiega perché questo non è possibile
Qualche settimana fa era rimbalzata una voce, proveniente da alcuni ambienti religiosi iraniani, secondo cui vi era l’intenzione di rendere Qom, uno dei maggiori centri del mondo sciita, una sorta di Vaticano dello sciismo: la città sarebbe dovuta quindi diventare indipendente rispetto all’Iran, possedere delle proprie sedi diplomatiche e autonomia in ambito politico, in modo da porsi come guida per lo sciismo, nella sua corrente più diffusa, quella imamita, o duodecimana, così chiamata perché riconosce la presenza di dodici imam, guide politiche e spirituali discendenti del Profeta.
Questa suggestione, così come è arrivata, se ne andata, ma non è la prima volta che un discorso di questo tipo viene intrapreso. Qualche anno fa si ipotizzò un destino simile per Najaf, probabilmente la città più importante del mondo sciita. Anche in questo caso, tuttavia, il tutto si chiuse con un nulla di fatto. Resta la possibilità di approfondire l’argomento: come mai la suggestione di un Vaticano sciita è difficilmente realizzabile? Ce ne parla il professor Raffaele Mauriello, dell’Università Allamaeh Tabataba’i di Teheran, fra i massimi esperti di sciismo al mondo.
Perché individuare un centro dello sciismo è un fatto così problematico?
È difficile, se non impossibile, individuare un solo centro per lo sciismo. Se guardiamo allo sciismo da una prospettiva cattolica, tendiamo a proiettare su di esso la nostra tradizione storica, che prevede un centro religioso, come è il Vaticano. La realtà attuale dello sciismo è invece pluricentrica. I suoi pilastri sono due: il primo, geografico, riguarda i luoghi di sepoltura degli Imam, alcuni dei quali che si trovano a Medina, in Arabia Saudita, a Karbala e Najaf, in Iraq, a Mashhad e a Qom in Iran e a Damasco in Siria; il secondo pilastro, invece, sono gli ulema, spesso indicati sui giornali come ayatollah. Questi ultimi rappresentano il punto di riferimento delle comunità sciite. Come si può intuire, provare a individuare un centro dello sciismo è quantomeno problematico. Per parlare di sciismo non si può non parlare delle sue città sante: rimanendo sull’Iran, che è l’unico Stato a maggioranza sciita, il centro più importante non è Qom, quanto Mashhad, sede dell’unico mausoleo iraniano in cui è sepolto un Imam, Reza. Anche Qom è molto importante: la città ospita il mausoleo della sorella di Reza. È un santuario di una donna, che non è un Imam, ma è un membro della famiglia del Profeta, i cui discendenti hanno un ruolo molto importante nella geografia e nella tradizione dello sciismo. In Iraq abbiamo una situazione simile: a Najaf è sepolto Ali, il primo degli imam; a Karbala, invece, giace Husayn, figura centrale dello sciismo, martire di riferimento.
Nel tempo sono sorti alcuni centri di studio per gli ulema. Questi, detti hawza, sono diffusi in tutto il Vicino Oriente, specialmente a Najaf, Qom, Karbala e Mashhad. Per un certo periodo aveva assunto grande importanza quello di Damasco, dove è presente il santuario di Zaynab, ragione che l’Iran aveva addotto a giustifica per intervenire in Siria a fianco di Bashar al-Assad. Najaf e Qom sono sicuramente i più importanti: condividono l’elemento del pellegrinaggio dei fedeli e della presenza dei centri studi degli ulema. Fra le due, storicamente, la più importante è sempre stata Najaf. Qom ha iniziato ad assumere una posizione privilegiata sulla città irachena soprattutto a seguito della rivoluzione islamica, che ha funto da attrattore sulla città iraniana, soprattutto grazie alla concomitante presa di potere di Saddam in Iraq: il regime laico del dittatore iracheno soffocò il centro studio di Najaf, non permettendo l’afflusso di un gran numero di sciiti, impoverendolo a vantaggio di Qom. Con la caduta di Saddam, nel 2003, Najaf ha ripreso importanza nel tempo.
Pur non essendoci mai stata una seria possibilità di creare un Vaticano sciita, in passato si è parlato più di Najaf rispetto a Qom come centro dello sciismo, soprattutto dopo il crollo del regime di Saddam. Con la ricostruzione del nuovo Stato iracheno, poi organizzato come plurietnico, si è discusso se fosse possibile fare di Najaf una città internazionale. Qom non si è mai proposta in questo senso, essendo una città perfettamente integrata all’interno dello Stato iraniano e nessuno ha mai pensato seriamente di staccarla e farne una sorta di Vaticano. Inoltre, la città iraniana è molto vicina a Teheran, la capitale, ed è a essa strettamente legata geograficamente e politicamente: renderla indipendente dall’Iran sarebbe dunque ancora più problematico. Inoltre, dopo la rivoluzione islamica, l’Iran è diventato uno Stato islamico. Ai centri studi delle città sante dello sciismo si sono dunque aggiunte università islamiche, con proprie facoltà di Teologia, in cui insegnano degli ulema: gli studiosi di religione, dunque, seguono percorsi formativi sia nei centri studi di Qom e Mashhad, sia nelle università. Questo è pertanto un ulteriore legame, di cui si è ancora indagato poco, essendo un fenomeno relativamente recente. Per Najaf, la situazione è diversa: pur essendo una città perfettamente irachena, non ha un legame così forte con lo Stato, come invece ha Qom.
C’è un altro fenomeno che merita considerazione, quando si parla di insegnamento teologico: quello della marjayyia. I marja sono profondi conoscitori di teologia e di diritto islamico, come Sistani (conosciutissimo in Iran e in Iraq), che diventano punti di riferimento per i pellegrini, i quali devono seguire le loro indicazioni. Ad esempio, i marja pubblicano libri di insegnamento religioso che i credenti devono seguire: è come se non ci fosse un solo Papa e un Vaticano, ma ce ne fossero molti.
Non c’è il rischio che il potere religioso e quello statale vadano in competizione?
Nella sua storia, lo sciismo è stato tendenzialmente minoranza all’interno dell’Islam. A parte rari casi, come quello iraniano, non è mai stato al potere. Se pensiamo a uno Stato relativamente giovane come l’Iraq, invece la situazione è molto diversa. Ai tempi dell’Impero ottomano, lo sciismo, pur essendo minoranza, era comunque generalmente tollerato. Najaf e Karbala erano ovviamente già presenti e fungevano da centri di riferimento per la comunità, ma non all’interno dello Stato, molto meno pervasivo e più lontano rispetto ai nostri giorni. Non c’era quindi il problema della contrapposizione, che invece si è posto con l’arrivo dello Stato moderno. Anche in Iran, che ha una più lunga tradizione statale, la questione si è posta con la modernizzazione voluta da Pahlavi. Lo shah, che poi cadde con la rivoluzione del 1979, tentò a più riprese di controllare gli ulema, inizialmente con successo. In seguito, il suo regime cadde e il potere venne preso proprio dagli ulema (anche se la questione è più complessa ed è sbagliato definire l’Iran una teocrazia). Oggi gli ulema hanno un ruolo importante, ma la particolarità dell’Iran è che sono contemporaneamente presenti sia un’organizzazione tradizionale dei riferimenti religiosi (fuori dallo Stato), sia istituzioni statali che vedono la partecipazione degli ulema. Tuttavia, la convivenza è spesso conflittuale: i marja sono spesso critici nei confronti dello Stato iraniano.
In Iraq la questione è più complessa: Najaf è rimasta volontariamente fuori dalle questioni politiche dello Stato iracheno, tanto che, spesso, gli americani, durante l’occupazione, hanno contato sull’appoggio di alcune personalità legate a Najaf. E, in effetti, inizialmente la marjayyia appoggiò l’invasione, perché aveva subito danni dal regime di Saddam: tuttavia, ha subito chiarito che avrebbe mantenuto una totale autonomia sia dagli Stati Uniti, sia dallo Stato iracheno. Questi centri religiosi sono dunque effettivamente indipendenti dallo Stato irachene: le personalità religiose si chiamano fuori dalla discussione politica e intervengono in casi molto limitati. Un caso importante fu quando Sistani intervenne nel periodo successivo alla caduta di Saddam, invitando gli sciiti iracheni a partecipare alle elezioni, utili per l’indipendenza del Paese e per renderlo autonomo dalla presenza americana. La dirigenza sciita irachena, dunque, è intervenuta nella vita politica dell’Iraq, in maniera limitata e democratica, ossia, per difendere il sistema democratico, a volte contro gli Stati Uniti, altre contro lo Stato iracheno. E questa è un’attitudine tradizionale dello sciismo: le guide religiose sciite sono sempre stati dei riferimenti per i credenti e sono intervenute in rare occasioni per questioni politiche, anche ai tempi dell’Impero ottomano. Hanno avuto un ruolo di primo piano ai tempi della colonizzazione, opponendosi fortemente a essa, ma è un’eccezione. Ciò non vuol dire che non ci siano degli ulema che partecipano alla vita religiosa, ma nessuno di questi è un importante figura di riferimento religiosa, che si occupano unicamente di produrre teologia islamica sciita, occuparsi dei luoghi santi e dei pellegrinaggi, favorire la diffusione dello sciismo e, soprattutto, insegnare teologia e diritto islamico.
È sempre complesso parlare di sciismo, in quanto le differenze fra i diversi luoghi che possono contare su una presenza sciita fanno sentire la propria influenza in maniera spesso decisiva.
Le città sante sono centri di produzione teologica ‘alta’, ma sono anche molto frequentati dal popolo. Come si coniugano questi due aspetti?
Se parliamo di religione popolare non si può non far riferimento ai pellegrinaggi. Sotto questo aspetto, Mashhad è il centro più importante in Iran, seguito da Qom, che gode della vicinanza dalla capitale. Mashhad è molto più distante da Teheran, ma rimane il centro principale del pellegrinaggio sciita in Iran: secondo alcune stime ha un’affluenza superiore a quella della Mecca. Qom ha cifre inferiori rispetto all’altro santuario iraniano. Tuttavia, oltre al mausoleo della sorella di Reza, possiede anche un altro santuario molto importante, in cui non è sepolto nessuno: sarebbe infatti legato al dodicesimo imam, che, nella tradizione sciita, è ancora in vita. I credenti sciiti attendono il suo ritorno, insieme a Gesù, per salvare il mondo. Per questa ragione anche Qom è una città fondamentale per i pellegrinaggi e, di conseguenza, per la religiosità popolare. A tal proposito, questi mausolei, diffusi in tutto l’Iran, sono molto ambiti come luogo di sepoltura per i credenti sciiti, anche se oggi è molto difficile dati i prezzi molto elevati.
La marjayyia cerca di vivere in simbiosi con questi centri di pellegrinaggio: approfittando della grande affluenza popolare, i marja ottengono visibilità, spingendo i credenti a interessarsi ai loro insegnamenti e, magari, fare qualche offerta. Sono dunque centri importanti per la religione popolare. Tuttavia, non sempre i credenti sciiti seguono un marja ed è difficile stabilirlo, non essendoci accesso ai registri.
Gli sciiti, comunque, amano fare pellegrinaggi, anche quello a la Mecca, pur essendo tutto complicato dai difficili rapporti politici e diplomatici fra Iran e Arabia Saudita.
Come mai si è parlato di Qom, negli ultimi giorni?
Come dicevo, non si è mai parlato seriamente di un Vaticano sciita, oltre a qualche dibattito per Najaf. Essendo Qom in competizione con il centro iracheno, si era accennato anche a un eventualità del genere per la città iraniana, ma non è mai stato preso in considerazione. Guardando alla religione cattolica, Roma è diventata centro del cattolicesimo per una serie di ragioni storiche, ma per lo sciismo ormai i centri sono più di uno. A ben vedere, poi, a livello internazionale la città a cui tutti gli sciiti guardano è Najaf: che senso avrebbe rendere Qom un Vaticano sciita quando non è nemmeno il centro principale dello sciismo? Inoltre, storicamente, questi centri si sono anche spostati: uno dei fattori che rende importanti queste città è la presenza degli ulema, che, in passato, per cause storiche e politiche si sono trasferiti da una città all’altra, rendendo quest’ultima un centro di riferimento per il mondo sciita. Come si può capire, trovare un centro dello sciismo sfugge alla natura dello sciismo stesso.