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Assolti i pompieri spagnoli che aiutarono i migranti naufraghi

Alessandro
Manzoni, Alessandro Fioroni, Il Dubbio, 10 May 2018

La
sentenza del tribunale di Atene scagiona i volontari: «Salvare vite umane non
può essere reato»
 
In Europa
è in atto una tendenza gravida di risvolti inquietanti per quanto riguarda
l’opera di chi pratica attivamente la solidarietà verso migranti e
rifugiati.Nello scorso dicembre un rapporto a cura dell’ Institute of Race
Relations (Irr), ha messo chiaramente in luce come “in tutto il continente, le
leggi penali progettate per colpire bande e profittatori di contrabbando
organizzati sono distorte e tese a un programma anti-rifugiato e
anti-umanitario e, nel processo, a criminalizzare la stessa solidarietà”
Un
esercito silenzioso che agisce da anni, da quando migrare è divenuto un crimine
e mentre i veri trafficanti si arricchiscono sempre di più, i volontari e le
ong vengono accusati di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina o
addirittura di essere in accordo con i mercanti di esseri umani.
Sono
iniziati processi per molte persone, i cui casi (45) sono stati presi in esame
dal rapporto, che ha monitorato ciò che stava succedendo a partire dal 2015.
Qualche procedimento però è già giunto al termine e fortunatamente con esito positivo
per gli imputati.E’ la storia di tre pompieri spagnoli che nel gennaio 2016,
nel pieno della crisi siriana con l’arrivo di numerose persone disperate sulle
coste greche, risposero ad una segnalazione dell’ong danese Team Humanity che
chiedeva assistenza per un gruppo di siriani alla deriva a largo dell’isola di
Lesbo.
Al loro
rientro in porto, i tre furono arrestati. L’accusa fu che gli imputati erano
intervenuti, malgrado fossero stati avvertiti di non muovere un dito se non in
caso di pericolo di vita per i migranti.Che in realtà la situazione fosse
effettivamente grave, lo dimostra in fatto che i pompieri spagnoli non
recuperarono nessuno e che hanno sempre affermato di non aver mai interrotto il
contatto con le autorità greche. Manuel Blanco, Julio Latorre e Quique
Rodriguez sono andati a processo con il serio rischio di vedersi comminata una
pena fino a 10 anni di reclusione.
L’arresto
dei tre volontari di Siviglia ebbe vasta eco in tutta Europa tanto che lo
stesso governo iberico si mobilitò in loro favore ottenendo il rilascio su
cauzione dopo tre giorni di detenzione. L’8 maggio un tribunale di Atene ha
riconosciuto l’innocenza degli imputati che si erano presentati scortati dal
console spagnolo.
Lo stesso
ministro degli Esteri, Alfonso Dastis, ha seguito l’esito della vicenda con
estrema attenzione. Una vicenda dall’esito positivo dunque, per la quale si è
registrato anche il commento del Parlamento Europeo, Antonio Tajani, che ha
definito il processo come un errore. Probabilmente molto dei procedimento
giudiziari in corso in Europa a danno di attivisti e volontari si tramuteranno
in un nulla di fatto.
Ma dalla
Francia alla Spagna, dalla Danimarca alla Svezia, chi aiuta i migranti è
schiacciato tra il racconto delegittimante che li vuole in combutta con i
trafficanti e la spirale giudiziaria. Per Nando Sigona, fondatore dei
“Migration Studies” e ricercatore del centro sulle migrazioni (Compas)
all’Università di Oxford: «Dovremo aspettarci altri processi “spettacolari” di
questo genere. Abbiamo imparato dall’attuale gestione della crisi da parte
dell’Ue che le cattive abitudini si diffondono in fretta: è accaduto per i muri
di filo spinato innalzati dall’Ungheria al confine serbo, accolti in un primo
momento da forti opposizioni per poi essere guardati con condiscendenza da
altri Stati europei».