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Il giubbotto “Press” non salva i giornalisti palestinesi dai colpi dei cecchini israeliani

Michela Iaccarino, LEFT, 26
aprile 2018

Ahmad è
morto. Reporter, 24 anni, era stato colpito il 13 aprile scorso durante le
proteste al confine di Gaza, a Jebaliya. Hanno provato a curarlo all’ospedale
Al Andalusi, nella Striscia, poi è stato trasferito a Ramallah, ma Ahmad Abu
Hussein non ce l’ha fatta ed è deceduto il 25 aprile all’ospedale Israel’s Tel
Hashomer, vicino Tel Aviv.
Yasser
Murtaja, ucciso il 7 aprile
  

Ahmad era un fotografo, lavorava per la Gaza’s Al Shaab, stazione radio della
sinistra palestinese. Due settimane fa era stato raggiunto dalla pallottola di
un cecchino israeliano e poche ore dopo la foto del suo corpo ferito era sui social
media. È il secondo giornalista a morire da quando le proteste della “Grande
marcia del ritorno”  sono iniziate il 30 marzo scorso
. Da
allora 5mila palestinesi sono rimasti feriti, 40 sono stati uccisi.

Ahmad è
stato colpito all’addome, portava un giubbotto con la scritta “press”, bianco
su blu, proprio come Yasser Murtaja, giornalista della Palestinian Ain Media.
Yasser, 30 anni, è morto a Gaza il 7 aprile scorso. Le pallottole le hanno
raggiunti entrambi nonostante fosse chiaro  che erano reporter.



Il giorno
in cui Murtaja è stato ucciso, il sindacato
dei giornalisti palestinesi, ha riferito che altri cinque reporter erano
rimasti feriti
e tutti erano identificabili per la loro professione.
Il sindacato ha riferito che Murtaja si trovava a 350 metri dalla recinzione
del confine israeliano, ma è diventato comunque un bersaglio dell’Idf, esercito
israeliano, che a sua volta ha dichiarato solo che «le circostanze in cui sono
stati colpiti i giornalisti non sono familiari all’Idf». Per ottenere
chiarimenti dall’esercito, al sindacato dei giornalisti palestinesi si è poi
unito quello israeliano: «uno Stato che si dice democratico non fa del male ai
giornalisti in the line of duty, durante l’adempimento del loro dovere».



Reporter,
morti, e sotto la scritta “press”. In precedenza Christopher Deloire,
segretario generale di Reporter senza frontières, ha detto che l’ong «condanna
con indignazione le sparatorie deliberate contro i giornalisti» e ha chiesto
che un’indagine venga aperta per la morte di Yasser
.



Dopo
quello di Yasser, a Gaza ci sarà dunque un altro funerale di un reporter. Per
Sherif Mansour, coordinatore del programma Medio Oriente e Nord Africa del Cpj,
Comitato protezione giornalisti, «la morte di Ahmad Abu Hussein sottolinea la
necessità delle autorità israeliane a riesaminare urgentemente le politiche
verso i giornalisti che coprono le proteste, bisogna prendere decisioni
immediate. Chi indossa un equipaggiamento che indica che gli individui sono
membri della stampa dovrebbe avere una protezione extra, non diventare un
bersaglio».