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Attacco USA alla Siria: è possibile un coinvolgimento dell’Italia?

Di Francesco
Snoriguzzi, L’Indro, 11 aprile 2018

Gianandrea
Gaiaina (Analisi Difesa) ci parla del ruolo dell’Italia nello scenario di un
attacco dai risvolti dubbi

La
notizia arrivata lo scorso 7 aprile, di un presunto attacco chimico a Duma, nel
sud-ovest della Siria, la tensione internazionale è salita in maniera molto
rapida.
Le fonti
che hanno parlato dell’attacco, vicine all’Arabia Saudita, hanno accusato il
regime siriano del Presidente Bashar al-Assad di aver portato l’attacco. Da
Damasco e dai suoi alleati, Russia ad Iran in prima fila, è arrivata una secca
smentita. La cosa, però, non ha convinto il Presidente degli Stati Uniti, Donald
Trump, che ha minacciato forti ritorsioni e ha cominciato a muovere le navi USA
in direzione delle coste siriane. Al fianco degli USA si è schierata la Gran
Bretagna, impegnata in uno scontro diplomatico con i russi sul caso della
ex-spia di Mosca avvelenata a Londra, e la Francia che, per bocca del proprio
Presidente, Emmanuel Macron, ha fatto sapere che valuterà con gli alleati se
partecipare ad eventuali azioni militari contro Assad.
I russi,
dal canto loro, hanno dichiarato di non essere disposti a lasciar correre
nessun atto di aggressione nei confronti del loro alleato e hanno dichiarato
che, in caso di attacco missilistico, le truppe del Cremlino presenti in Siria
si riservano il diritto di abbattere i missili e, eventualmente, neutralizzare
i punti di lancio. Si tratta di un’eventualità alquanto inquietante perché
significherebbe che, per la prima volta, ci troveremmo di fronte ad un
confronto armato tra USA e Russia.
Nel
frattempo, alle Nazioni Unite, si è assistito al classico rito dei veti
incrociati con Russia ed USA che hanno bloccato le reciproche bozze di
risoluzione sulla Siria:  ancora una volta, l’ONU sembra essere inadeguata
al ruolo di arbitro delle tensioni internazionali. La risoluzione della
tensione, quindi, sembra nelle mani di Donald Trump e di Vladimir Putin. La
speranza di tutti è che la questione si sgonfi da sé (alcuni fanno notare come
questa nuova ondata di tensione mediorientale arrivi proprio mentre il
Presidente USA è alle prese con la perquisizione della FBI nello studio del
proprio avvocato: potrebbe trattarsi, dunque, di un diversivo per distogliere
l’attenzione dai propri problemi interni).
Per
quanto riguarda l’Italia, intanto, gli scenari di una possibile degenerazione
della situazione nell’area mediorientale aprono a diverse domande. In primo
luogo, ci si potrebbe domandare se, in caso di attacco statunitense alla Siria,
le basi militari USA presenti in Italia potrebbero essere coinvolte. In secondo
luogo, se ciò dovesse accadere, l’attenzione si sposta sull’aspetto politico:
il Governo uscente, guidato da Paolo Gentiloni, ha il compito di sbrigare
solamente gli affari inderogabili e potrebbe non avere l’autorità per accordare
delle missioni che porterebbero ad un coinvolgimento del paese; d’altro canto,
nell’attuale fase di incerte consultazioni volte alla formazione di un nuovo
Governo, non è chiaro quale potrebbe essere la linea di un prossimo Esecutivo.
Di certo
c’è che entrambe le forze che sono uscite vincitrici dalle ultime elezioni, la
Lega e il Movimento 5 Stelle, hanno dimostrato più volte di nutrire una certa
simpatia nei confronti del Presidente della Federazione Russa, Vladimir Putin:
sia che leghisti grillini trovino un accordo e arrivino alla formazione di un
Governo, sia che l’accordo non si trovi e uno dei due gruppi resti
all’opposizione, dunque, è chiaro che il prossimo Esecutivo sarà alquanto
restio ad impegnarsi in uno scontro che rischierebbe di coinvolgere
direttamente la Russia.
Per tentare
di chiarire le varie implicazioni e il grado di un eventuale coinvolgimento
dell’Italia in questa nuova fase della crisi siriana, abbiamo parlato con Gianandrea
Gaiani, esperto di analisi storico-strategiche e collaboratore di ‘Analisi
Difesa’.
Secondo
Gaiani, “semmai dovesse esserci, questo attacco sarebbe simbolico e verrebbe
effettuato con il lancio di missili dalle navi, per non esporre i piloti USA
alle difese aeree siriane e, soprattutto, agli strumenti difensivi russi
schierati in Siria”. Trattandosi di attacco che, se dovesse avvenire, avverrà
molto probabilmente con l’utilizzo di missili, le basi italiane vengono quasi
automaticamente escluse dall’azione: in ogni caso, “tra le due basi importanti
su territorio italiano, quella di Aviano e quella di Sigonella, è più facile
che venga coinvolta quella di Sigonella, perché lì gli americani schierano dei
droni che possono volare sulla Siria; Sarebbe comunque un coinvolgimento molto
indiretto, nel senso che, anche se da Sigonella possono decollare dei droni, in
realtà, gli americani hanno già molte basi attorno alla Siria, in Giordania e
nel Golfo Persico, per cui hanno più convenienza ad usare quelle basi per
qualunque tipo di missione aerea, anche solo di ricognizione di droni: non
avrebbero alcun bisogno di farli partire da Sigonella”.
Nell’eventualità
che l’attacco dovesse avere luogo e che i vertici militari USA decidessero di
coinvolgere le basi italiane, in ogni caso sarebbero necessarie delle
autorizzazioni da parte del Governo italiano. L’autorizzazione del Governo
all’utilizzo delle basi sul proprio territorio, in ogni caso, sarebbe
necessaria solo ed unicamente “qualora da lì decollino aeroplani che vanno a
compiere operazioni belliche, e la cosa mi pare altamente improbabile”,
continua Gaiani. Si tratta di un’eventualità alquanto improbabile per il
semplice fatto che, se gli statunitensi dovessero decidere di colpire la Siria
con degli attacchi aerei, “ci sono basi più vicine da cui far decollare gli
aerei, per di più in Paesi che sono già d’accordo nell’attaccare Bashar
al-Assad, e mi riferisco alle monarchie sunnite del Golfo Persico”. Il
coinvolgimento dell’Italia, quindi, potrebbe essere semplicemente logistico,
con la base di Sigonella utilizzata come semplice scalo di unità dirette
altrove e non come base da cui far partire gli attacchi: Gaiani ci spiega che “gli
americani hanno tante basi là attorno e non hanno bisogno di quelle italiane:
non devono colpire né la Libia, né i Balcani”; solo in quel caso avrebbero bisogno
delle basi italiane.