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Mirta Baravelle: io, separata da mio nipote dalla dittatura argentina

Di Jean
Georges Almendras, Antimafia Duemila, 27 Marzo 2018


La fondatrice di Nonne di Plaza de Mayo oggi ha 93 anni: “La giustizia è lenta”
 
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“Dal primo
giorno ho iniziato a cercarlo. Con il passare degli anni i miei passi mi
guidavano verso quel bambino che poteva essere il figlio di Ana, ma le
difficoltà trovate in quelli anni furono terribili e non c’erano
possibilità di recuperare un bambino fino a quando è stato possibile fare delle
analisi. Adesso la giustizia è molto lenta. Loro hanno tempi eterni, ma per me
il tempo è limitato”.



Così si
rivolge ai giornalisti una e mille volte Mirta Baravelle, fondatrice di Abuelas
de Plaza de Mayo e co-fondatrice di Madres de Plaza de Mayo.



Oggi ha
93 anni e ci riassume così la ricerca di suo nipote, nato in cattività
dall’amore tra la figlia Ana María Baravelle e Julio César Galizzit, entrambi
compagni di lotta e di tormento.



Quel
nipote che fu strappato dalle braccia di sua madre e che questa donna
ammirevole, Mirta, ha cercato con affanno senza mai arrendersi. Con fermezza ha
superato tutti gli ostacoli, nel suo coraggioso impegno di cercare prove a
favore della sua causa per poter abbracciare il nipote, affinchè lui sappia la
verità sul suo passato e il suo presente.



Mirta
Baravelle è al punto di riuscirci, perché pochi anni fa queste piste portarono
a dei sospetti concreti sull’identità di una persona, che sarebbe proprio il
nipote. Anche se ora ha un altro cognome e un’altra vita.



I suoi
diritti furono calpestati, e per i genitori disposta la sparizione forzata. Non
c’è ragione per cui questa persona debba vivere nella menzogna, senza
possibilità di scelta.



L’orrore
vissuto dalla figlia di Mirta è lo stesso orrore patito da molte altre donne
nei centri clandestini di detenzione in Argentina, Uruguay, Brasile, Paraguay,
Cile e Bolivia. E anche da molte nonne, nel sapere le loro figlie a partorire
rinchiuse in cella e alla mercé di bestie che rubavano le loro creature.



A
quarant’anni di distanza un nuovo orrore viene vissuto da Mirta Baravelle che,
nonostante sia risalita all’identità del nipote mai conosciuto, non può
parlargli né abbracciarlo per la prima volta.



“Noi
non abbiamo motivo di adattarci ai tempi della giustizia. Lei ha la possibilità
di trovare suo nipote. Il Tribunale ci ha detto che c’era la possibilità di
fare l’analisi del sangue per l’esame del DNA, ma dopo, (per eseguirlo)
chiedono un mucchio di prove e fin quando non hanno le risposte non eseguiranno
l’esame al giovane”.  



Così si
rivolge ai giornalisti Victoria Moyano. Parla della sofferenza di Mirta
Baravelle nel dover aspettare che le autorità diano il via libera affinché il
giovane si sottoponga all’esame.
Ma quando sarà?  



Victoria,
una nipote ritrovata negli anni Ottanta, offre sostegno giuridico, militante ed
emotivo a questa nonna di 93 anni, che ha la sua stessa forza e la stessa
categorica fermezza nello scagliare contro i repressori le meritate frecce per
il loro agire.  



“È
insolita la situazione, perché Mirta ha 93 anni e l’unico modo che ci può
permettere di conoscere immediatamente l’identità è l’esame del DNA. Siamo
bloccate da una serie di manovre e burocrazie giudiziali e non possiamo
permettere che Mirta debba vivere questo”.  



Non
possiamo permettere che gli orrori della dittatura persistano vestiti di
impunità. Perché, allora, non usciamo in massa in strada a rinfacciarlo?
Giudici e pubblici ministeri dormono nel letargo dell’insensibilità dei tiepidi
e dei codardi.



Oggi è il
tempo dei repressori, ma deve arrivare quello delle giuste rivendicazioni,
affinchè queste nonne possano riabbracciare i loro nipoti rubati.