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Le invenzioni a mani nude di Gaza

Di Chiara
Cruciati, NENA news, 19 marzo 2018

Fare di
assedio virtù: turbine eoliche, macchine elettriche e il primo mattone fatto di
carbone e cenere. Dopo 11 anni di blocco israeliano i gazawi hanno sviluppato
una scienza utile e «fai da te»
Majd
Mashharawi al lavoro per la sua Green Cake
Far di
assedio virtù: in uno dei territori più affollati del pianeta, quasi due
milioni di persone chiuse in 365 chilometri quadrati, con il 97%di acqua non
potabile ed energia elettrica disponibile dalle quattro alle sei ore al giorno,
Gaza si ingegna.

Pannelli
solari fatti in casa, auto elettriche assemblate sui tetti, mattoni costruiti
con il carbone, sono alcune delle invenzioni che scandiscono da qualche anno la
vita nella Striscia. E se l’assedio israeliano compie undici anni, è il periodo
successivo all’ultima offensiva militare «Margine Protettivo» (luglio-agosto
2014) ad aver stimolato giovani studenti e ricercatori.
Perché, a
quasi quattro anni di distanza, Gaza non è mai stata ricostruita: l’intricato
sistema imbastito dalle Nazioni unite, su idea dell’inviato speciale Robert
Serry, si è presto arenato per la mancanza dell’elemento indispensabile, il
cemento. Da Israele non entra quasi nulla e decine di migliaia di famiglie
vivono ancora da sfollateo in affitto forzato. Solo il 20% delle 17mila case
distrutte o seriamente danneggiate è stato ricostruito.
Se il
cemento non c’è, ha pensato due anni fa Majd Masharawi, laureata in ingegneria
civile, usiamo qualcos’altro. Con l’amica Rawan Abdelatif si è inventata la
«Green Cake»: dopo un anno di tentativi hanno prodotto il loro primo mattone
fatto di carbone e cenere. Letteralmente, l’araba fenice che risorge dalle sue
ceneri. Il mattone, unico al mondo, pesa la metà di un mattone normale e, test
alla mano, è più resistente. Ed è anche molto più economico, elemento non da
poco in un territorio schiacciato dal 44% di tasso di disoccupazione (valore
che supera il 60% tra i giovani di età compresa tra 15 e 29 anni).
Il
carbone a Gaza non manca: ogni giorno i ristoranti producono 30 kg di
carbone, ogni settimana le fabbriche di stoviglie di argilla sette tonnellate. Dopo
decine di tentativi falliti, Majd ha prodotto il primo prototipo grazie ad una
piccola fabbrica: ha avanzato per tentativi vista l’assenza nella Striscia di
laboratori in grado di testarne durata e resistenza. Ce ne sono in Cisgiordania
ma la separazione delle due enclavi palestinesi da parte di Israeleha impedito
al mattone di superare due muri di cemento.
Lo scorso
anno la «Green Cake» ha vinto il premio Mobaderoon III per start up locali e un
finanziamento per la produzione dei primi mille mattoni, attirando l’attenzione
del progetto Japan-Gaza Innovation Challenge. Il mattone, che non è riuscito a
sbarcare in Cisgiordania, è volato in Giappone per i test.
È invece
del mese scorso la fiera organizzata dall’Autorità dell’ambiente palestinese,
in contemporanea a Gaza, Hebron e Jenin. Un festival delle invenzioni per
migliorare la qualità della vita sotto assedio: le ingegnere Rana al-Ghossein,
Fidaa al-Shanti e Haya al-Ghalayini hanno presentato un macchinario a energia
solare che aumenta l’umidità dell’aria e produce gocce d’acqua (un litro di
acqua potabile l’ora),mentre l’ingegnere Islam al-Amoudi si è inventato un
macchinario che sfrutta la sabbia e la pressione per filtrare le acque reflue
per utilizzarle per l’irrigazione.
Gioca con
il vento, invece, la prima turbina eolica fatta a mano. L’hanno costruita due
ricercatori, Mohamed Elnaggar e Ezzaldeen Edwan, del Palestine Technical
College di Deir al-Balah, a sud di Gaza. Dal 2007 Israele vieta l’ingresso a
Gaza delle turbine per generare energia dal vento e i due hanno pensato di fare
da soli. E hanno vinto: la cooperazione tedesca ha finanziato il progetto dopo
il primo prototipo, dal costo totale di 4.700 dollari e capace diprodurre 5
kilowatt all’ora. Con cinque turbine, dicono Mohamed e Ezzaldeen, si può
produrre energia per un intero palazzo di 20-25 appartamenti.
Era fatta
a mano anche la prima auto elettrica gazawi: ad assemblarla, nel 2012, è stato
un tassista di 32 anni, Munther al-Qassas, che la carenza di carburante doveva
sopportarla ogni giorno, tra file interminabili alle pompe di benzina a seccoe
costi che lievitavano. L’ha costruita sul tetto della sua casa a Gaza City: ha
due posti oltre al guidatore, è senza sportelli ed è più piccola di una Smart,
non supera i 20 km all’ora ma permettedi tamponare la crisi. E sfidare
l’occupazione.