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Lasciatelo cantare: Bertrand Cantat ha scontato la pena

Daniele
Zaccaria
, Il Dubbio, 2 Mar 2018

Quindici
anni fa l’artista uccise la compagna, Marie Trintignant. Ha passato sei anni in
galera, ora torna sul palco ma petizioni e proteste bloccano i suoi concerti

Una
petizione con 70mila firme per far saltare il concerto a Saint- Nazaire, una
manifestazione di piazza per bloccare l’esibizione di Montpellier, iniziative
simili a Rouen, Dijon, Grenoble, e poi l’indignazione degli opinionisti i dubbi
degli intellettuali, focosi dibattiti in tv, in radio e sulle colonne dei
quotidiani. C’era da aspettarselo: il ritorno in scena di Bernard Cantat, che
lo scorso dicembre ha presentato il suo nuovo album Amor Fati, ha scoperchiato
il cosiddetto vaso di Pandora.

La
questione è semplice: un assassino, anche se ha pagato il suo debito con la
società, ha il diritto di ricoprire un ruolo pubblico?
Un
artista femminicida può tornare in scena, blandire i suoi fan, rilasciare
interviste ai giornali, esprimere pareri sull’immigrazione e la Brexit? Spesso
sono gli stessi giornali che ospitano gli elzeviri scandalizzati dal «sinistro
ritorno» del cantante, quasi a suggellarela morbosa schizofrenia del sistema
mediatico, che dà l’impressione di offrire una ribalta a Cantat solo per
poterlo far impallinare meglio dai suoi nemici. È bene in tal senso ricordare
quanto accadde 15 anni fa, quando la brillante carriera del rocker si
interrompe bruscamente in una stanza di hotel di Vilnius, la stessa dove perde
la vita una giovane donna di 39 anni.
È il 27
luglio del 2003 l’ex cantante e leader dei Noir Désir uccide la compagna,
l’attrice Marie Trintignant. Tutto nasce da un banale litigio di coppia, ma il
climax è fatale. Uno scambio di battute polemiche e subito vola qualche parola
grossa, il clima si surriscalda, i due avevano bevuto tantissimo, lui perde il
controllo e la colpisce, uno, due tre, fino a 19 colpi tra calci e pugni
secondo il referto del medico legale. Una violenza inaudita. Marie ha il naso
fratturato e una grossa commozione celebrale, ma Cantat, stordito dall’alcol
capisce la gravità della situazione solo la mattina successiva. Quando la porta
in ospedale la situazione è ormai disperata, Marie è in coma irreversibile.
Morirà cinque giorni dopo in una clinica di Parigi.
Cantat
viene condannato a otto anni di prigione per omicidio preterintenzionale,
sconta sei mesi nel carcere di Vilnius, il resto della pena a Tolosa dove, dopo
cinque anni di detenzione, ottiene la semilibertà per buona condotta e per «la
manifesta volontà di reinserimento sociale». Dal 2011 è un uomo libero. Ma la
cronaca nera lo riagguanta pochi mesi dopo, quasi a sottolineare
l’impossibilità di sottarsi a un tragico destino: l’ex moglie Krisztina Rády
con la quale era tornato negli anni della prigionia si toglie la vita
impiccandosi nel suo appartamento. Lascia una lettera di addio. L’autopsia
conferma il suicidio e scagiona Cantat che al momento della morte di Ràdy era
all’interno della casa. I giornali sentono l’odore del sangue e si buttano a
capofitto sulla drammatica vicenda, alcuni ipotizzano una nuova, torbida storia
di inemperanze e abusi domestici, ma sono solo suggestioni prive di riscontro.
Il settimanale Le Point pubblica un articolo in cui «un membro anonimo dei Noir
Desir» descrive i comportamenti violenti di Cantat e «l’omertà» che lo protegge
fin dall’inizio della sua carriera. Peccato che il batterista, il chitarrista e
il bassista del gruppo smentiscano categoricamente di aver mai parlato con un
giornalista di Le Point.
Insomma,
l’inchiesta era farlocca e Cantat decide di querelare il settimanale.
Nel
frattempo i Noir Désir si sono sciolti, Cantat rientra in punta di piedi
nell’ambiente musicale, partecipa come guest star ai lavori di altri artisti,
spunta sul palco di qualche di teatro off, collabora ai testi e alle musiche di
alcune pièces minori, in pochi lo notano e il rumore delle polemiche rimane
ancora un brusìo lontano, a misura d’uomo.
È solo lo
scorso autunno, con l’annuncio dell’uscita di Amor Fati, il suo primo lavoro da
solista da quando è in libertà, che il suo nome torna a movi- mentare il
dibattito. Non è questione di diritto dicono molti suoi detrattori, ma di
«opportunità», di sensibilità nei confronti di chi amava Marie, ma anche e
soprattutto verso il genere femminile nella sua totalità: «Concedere la scena a
Cantat equivale a minimizzare e a legittimare la violenza nei confronti delle
donne», si legge nella petizione apparsa su change. org. Qualche settimana
prima dell’uscita dell’album, Les Inrockuttibles, la rivista di musica e
tendenza più venduta in Francia, aveva consacrato la copertina all’artista,
all’interno un lungo reportage sul suo ritorno corredato da portfolio
fotografico. Apparso in edicola nel furore iconoclasta del caso Weinstein, il
numero degli Inrock provoca una vera e propria bufera, una parte del movimento
femminista insorge contro i media che puntano i riflettori sul cantante, mentre
dovrebbero trattarlo soltanto come un assassino e relegarlo in un cono d’ombra.
Molti intellettuali ritengono giustificata questa posizione di censura, mentre
l’indignazione lievita nel web e nei meandri dei socialnetwork dove si
moltiplicano le iniziative per boicottare i circa 40 concerti previsti fino
alla metà di agosto.
Parliamoci
chiaro, Cantat non fa nulla per risultare simpatico: è supponente, vittimista,
narcisista, sempre sulla difensiva e a sentirlo parlare sembra tutto tranne che
una persona pacificata con se stessa e con il mondo. Ma essere antipatici e
irrisolti non è una colpa. Se invece del cantante rock avesse fatto
l’idraulico, il commercialista o l’assicuratore nessuno avrebbe obiettato sul
suo reintegro nella società e avrebbe potuto continuare a svolgere il suo
mestiere senza polemiche, il fatto che fosse una star adorata da milioni di fan
è qualcosa che non gli si può perdonare.
Come spesso
accade in questi casi la famiglia Trintignant non si è espressa, ritenendo che
il pudore e il silenzio siano una misura minima di civiltà per non titillare un
dolore che per loro non avrà mai fine. Anche perché il modo con cui i media
sciacalli tirano continuamente in ballo il nome di Marie ne offende il ricordo
molto di più di mille concerti.