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CRIMEA: Elezioni in stile sovietico e osservatori “amici di Putin”

Di Maria
Baldovin e Laura Luciani, East Journal, 26 marzo 2018

Il 18
marzo, presumibilmente, non è stato scelto come data per le elezioni
presidenziali russe per caso. La data, infatti, è già diventata parte del
repertorio di ricorrenze nazionali di cui la Russia va orgogliosa, poiché
anniversario della “riunificazione” (leggasi annessione illegale) della
Crimea alla Russia.
Per Vladimir
Putin l’evento ha rappresentato il punto di partenza di una rinata popolarità,
che lo ha portato a vincere le
ultime presidenziali
con il risultato più alto di sempre. Ma come si
sono svolte le prime elezioni russe in Crimea? Sappiamo che l’OSCE/ODIHR non ha
inviato i propri osservatori nella penisola, così come Federica Mogherini ha dichiarato
a nome dell’UE che le elezioni nel territorio occupato non sarebbero state
riconosciute. Eppure, su varie testate russe si può leggere a riguardo
dell’alta affluenza, del risultato plebiscitario a favore di Putin e delle
dichiarazioni di diversi “osservatori internazionali”, i quali avrebbero
confermato il corretto svolgimento delle operazioni elettorali. Cerchiamo di
capire com’è realmente andata.
“Tutta la
famiglia va a votare”
L’obiettivo
del Cremlino era chiaro:
le prime elezioni presidenziali russe in Crimea dovevano diventare “un secondo
referendum” che, echeggiando i risultati del 16 marzo 2014, avrebbe riconfermato
“la legittimità dell’adesione della penisola alla Russia”. I dati
ufficiali
(quelli della Commissione Elettorale Centrale russa),
confermano la decisa vittoria di Putin, che avrebbe ottenuto il 92,2% dei voti
in Crimea e il 90,2% a Sebastopoli. L’affluenza sarebbe stata del 71%, sempre
secondo i dati russi.
Ma le gravi
irregolarità osservate
nel resto della Russia lo scorso 18 marzo danno ragione di credere che i dati
sulle elezioni in Crimea non siano esenti da falsificazioni. Sebbene non
esistano, per il momento, dati alternativi, alcune testimonianze dalla penisola
possono offrire un quadro più completo del contesto in cui il voto si è svolto.
Una
nostra fonte residente in Crimea, che ha preferito rimanere anonima, suggerisce
che i risultati delle elezioni e l’alta affluenza siano dovuti a forme più o
meno forti di pressione sugli elettori. Un’associazione in difesa dei
diritti umani (Krymskaja pravozašitnaja gruppa), ha riportato
il caso di una casa-albergo statale per anziani, la cui direzione ha costretto
i propri impiegati tatari a votare sotto minaccia di licenziamento. Simili casi
di pressione sulla minoranza tatara (che era stata invitata
dal proprio parlamento – il Mejlis – a boicottare le elezioni) sono stati segnalati
anche dall’avvocato e difensore dei diritti umani Emil
Kurbedinov. Inoltre, agli insegnanti di numerose scuole sarebbe stato richiesto
di organizzare mostre fotografiche sulle elezioni, e gli alunni sarebbero stati
invitati a partecipare ad un concorso intitolato “Mamma, papà ed io – tutta la
famiglia va a votare”, facendosi fotografare al seggio con i propri genitori.
In
secondo luogo, continua la nostra fonte, le autorità locali avrebbero manipolato
i dati finali poiché minacciate di licenziamento in caso di bassa
affluenza ai seggi. Tecniche specifiche, come ad esempio costringere gli
impiegati pubblici ad andare a votare entro le 10 di mattina, sarebbero inoltre
state usate per creare l’illusione ottica di lunghe file di fronte ai
seggi.
Ma non di
sola coercizione vive il Cremlino. Infatti, le elezioni in Crimea (come nel resto del
paese
) si sono svolte come una grande festa popolare, in cui
gli elettori potevano godere di tutta una serie di gratifiche: trasporto
gratuito fino al seggio elettorale, buffet e fiere di prodotti a prezzi
scontati, palloncini colorati e canzoni. Una tecnica tipicamente
sovietica che, creando un’atmosfera positiva, avrebbe incoraggiato la
popolazione a svolgere il proprio dovere di cittadini. Quest’anno, l’ordine di
“trasformare le elezioni in una festa” era venuto direttamente dal Cremlino che
– per sopperire all’assenza di un reale pluralismo politico – aveva basato la
legittimità delle elezioni proprio sui dati dell’affluenza.
Osservatori
rispettabili
“Atmosfera
distesa e elezioni svoltesi in maniera corretta e professionale” è il commento di alcuni
osservatori internazionali, successivamente citati da diversi media russi. Data
l’assenza dell’OSCE, o di qualunque missione ufficiale di monitoraggio
elettorale, sorge spontanea la domanda: chi sono costoro? Leonid Sluckij, a
capo del comitato affari esteri della Duma, li ha definiti
“300 rispettabili politici internazionali”. Tuttavia, il processo di
osservazione elettorale non spetta ai politici e bastano poche ricerche per
capire come la valutazione di questi “rispettabili” personaggi non possa essere
ritenuta imparziale.
Non è la
prima volta, infatti, che cosiddetti osservatori internazionali si recano in
Crimea. Una delegazione composta da politici europei aveva già assistito
al referendum del 2014. A guida della missione c’era allora Luc Michel,
politico belga a capo di un partito estremista/eurasiatista e di Eurasian Observatory for Democracy and Elections,
organizzazione che si propone di contrastare la “maniera occidentale” di condurre il
monitoraggio elettorale. A lui si erano aggiunti una schiera di altri politici
europei – appartenenti a partiti estremisti di destra, ma anche di
sinistra – di cui lo scrittore e accademico ucraino Anton Šechovcov aveva
pubblicato una lista sul suo blog.
Non sorprendentemente, si tratta di partiti euroscettici, russofili e in favore
della “riunificazione” tra Crimea e Russia.
Quattro
anni dopo, alcune facce cambiano, ma non la sostanza: presenti
il politico del partito tedesco Die Linke Andreas Maurer, l’amico norvegese dei
separatisti di Donetsk Hendrik Weber, il capo della cosiddetta “lobby
pro-russa” francese Thierry Mariani, il precedente (poi sfiduciato) presidente
dell’assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa Pedro Agramunt.
Tra i volti nostrani c’è il
leghista Stefano Valdegamberi, consigliere regionale del Veneto, insieme al “russo
d’Italia”
Gianluca Savoini, presidente dell’associazione
Lombardia-Russia e intercessore del Carroccio presso il Cremlino.
Personaggi sconosciuti
ai più sul piano internazionale, che tuttavia diventano miracolosamente garanti
della correttezza delle elezioni e le cui testimonianze
vengono orgogliosamente portate a suffragio di questa tesi da testate come Sputnik
e non solo.
La sera
delle elezioni presidenziali, sulla piazza del Maneggio di Mosca, i
presentatori del concerto
tenutosi in onore dell’anniversario dell’annessione hanno descritto la Crimea
come “una nave che fa ritorno al proprio porto”. A quattro anni dall’atto
unilaterale che nel marzo 2014 ha portato alla violazione dell’integrità
territoriale ucraina, le prime presidenziali russe in Crimea sono invece state definite
“una farsa politica” dal presidente ucraino Poroshenko. Pressioni sugli
elettori, atmosfera e risultati degni dei vecchi tempi sovietici, osservatori
“amici di Putin”: benvenuti in Crimea, nuovo microcosmo della democrazia illiberale
putiniana.