General

Puigdemont: poche possibilità per un asilo che diventerebbe guerra diplomatica Spagna – Belgio

31 Ottobre 2017

L’ex Presidente catalano parlerà oggi, potrebbe richiedere l’asilo, ma ha solo una possibilità di vedere accolta la richiesta

C’è che parla di esilio volontario, chi di fuga dalla giustizia spagnola, chi di un viaggio per incontri politici con i nazionalisti fiamminghi, sta di fatto che l’ex Presidente della Generalitat della Catalogna, Carles Puigdemont, è a Bruxelles. In auto da Barcellona a Marsiglia, poi un volo (organizzato in gran segreto) lo ha portato a Bruxelles. Il tutto poche ore (domenica, probabilmente, le tempistiche esatte non si conoscono) prima che la Procura generale spagnola, attraverso il procuratore generale, José Manuel Maza, gli contestasse i reati di ribellione, sedizione e malversazione, e quasi nelle stesse ore in cui dal Belgio il Ministro dell’Immigrazione, Theo Francken, si dichiarasse disponibile a offrire asilo politico ai leader indipendentisti catalani.

Oggi, alle 12,30, Carles Puigdemont parlerà da Bruxelles e chiarirà (forse) se chiederà o meno asilo politico al Belgio.

Con lui ci sono 5 membri dell’ex Esecutivo catalano: il consigliere per il Governatorato, Meritxell Borras, quello per la Salute, Antoni Comín, per gli Interni, Joaquim Forn, per il Lavoro, Dolors Bassa, il consigliere per Agricoltura, pesca e alimentazione, Meritxell Serret. Borras e Forn fanno parte del PDeCAT, il partito di Puigdemont, gli altri tre, Comin, Bassa e Serret sono esponenti della Esquerra Republicana de Catalunya.

Sabato, dalla sede della delegazione di Governo di Girona -sua città natale-, Puigdemont aveva pronunciato un discorso invitando i partiti catalani e i cittadini a una «opposizione democratica» alla decisione di Madrid di applicare l’articolo 155 della Costituzione, invocando la «pazienza, la perseveranza e la prospettiva», meno di 24 ore dopo Puigdemont ha arruolato un avvocato fiammingo, Paul Bekaert, a lungo difensore di membri dell’Eta residenti in Belgio per impedirne l’estradizione in Spagna, non è chiaro se per chiedere asilo.
Il motivo ufficiale del viaggio è una riunione con i partiti fiamminghi, con i quali i catalani sembra avessero avviato dialoghi negli ultimi giorni precedenti la dichiarazione dell’indipendenza, ma il viaggio per il momento assomiglia a una fuga dalla richiesta d’incriminazione che lo ha raggiunto ieri, come previsto, e che potrebbe costargli 30 anni di prigione.
L’avvocato belga Paul Bekaert -uno studio nella cittadina fiamminga di Tielt e una carriera di oltre 20 anni al servizio dei terroristi baschi dell’Eta con «una grande esperienza nei casi di opposizione all’estradizione e nelle richieste di asilo», come ha sottolineato lui stesso- ha dichiarato che Puigdemont lo aveva consultato, aggiungendo che «non è in Belgio specificamente chiedere asilo politico. Non è ancora deciso».

Se il Belgio accordasse asilo a Puigdemont non solo si aprirebbe una ‘guerra diplomatica’ tra Belgio e Spagna, ma si creerebbe una situazione esplosiva all’interno dell’Unione Europea, quella stessa Unione che si è tenuta ben alla larga dalla crisi catalana -anche perché formalmente non poteva fare altro- e che è molto preoccupata che questa vicenda incendi le piccole patrie d’Europa.

Le motivazioni per le quali una richiesta d’asilo sarebbe inaccettabile da parte belga risiedono nella giurisprudenza, e non esistono precedenti simili. Il diritto all’asilo è un diritto umano fondamentale che può essere goduto in ogni Paese, ma alla base vi è la ‘persecuzione politica’. La giurisprudenza europea parte dal dato per scontato che diritti fondamentali sono protetti in tutti i Paesi comunitari.
Fonti dell’avvocatura di Stato spagnolo, riportati dai media iberici, sottolineano che l’asilo, sia diplomatico che territoriale, secondo il Trattato di Amsterdam, firmato da tutti i membri dell’UE, non è possibile. La situazione attuale dell’ex Presidente non si adatterebbe in alcun modo all’asilo diplomatico, poiché nella legislazione europea per cittadini europei non è previsto. L’asilo territoriale non potrebbe essere dato per due motivi: secondo l’articolo 33 della Convenzione di Ginevra del 1951, la Spagna è a tutti gli effetti uno ‘Stato sicuro‘ (tutela i diritti umani, rispetta lo Stato di diritto) e, in secondo luogo, i fatti che Puigdemont ha commesso prima dell’ipotetica richiesta d’asilo costituiscono crimini comuni e non politici, secondo l’Avvocatura di Stato. La concessione di asilo ad un cittadino spagnolo da parte di un altro Stato membro sarebbe incompatibile con l’adesione all’UE, sottolineano queste fonti di Madrid .
A queste condizioni di base, si aggiunge quello che viene definito come il Protocollo 24, o ‘Protocollo Aznar‘, sull’asilo ai cittadini degli Stati membri dell’Unione europea. Si tratta di un appendice del Trattato di Amsterdam che prende il nome dall’allora Presidente della Governo spagnolo José María Aznar, che lo ha promosso nel 1999. Il premier spagnolo voleva facilitare le estradizioni all’interno dell’UE e impedire ai Paesi dell’Unione di dare l’asilo ai membri dell’ETA, come era accaduto proprio in Belgio. Gli Stati membri sono considerati Paesi di origine reciprocamente sicuri, per tanto l’asilo politico è da escludere, con sole 4 eccezioni. La prima: se lo Stato di origine della ricorrente avesse decretato misure di emergenza che sospendono l’applicazione dei diritti fondamentali. La seconda e la terza eccezione fanno riferimento all’ipotesi che il Consiglio europeo abbia già avviato una procedura che abbia concluso che i diritti fondamentali sono stati violati nello Stato di origine del richiedente asilo. La quarta eccezione darebbe la possibilità ai Paesi europei di rispondere alla richiesta senza che le istituzioni UE possano eccepire, in forza di una clausola introdotta nel 2008 voluta proprio dal Belgio per limitare il protocollo Aznar. Si tratterebbe di una decisione ‘unilaterale‘ del Paese che accetta di concedere l’asilo, il quale avrà il solo obbligo di rendere nota la sua decisione al Consiglio europeo.

E’ su questa quarta eccezione che ovviamente l’ex Presidente catalano punterà se dovesse davvero chiedere l’asilo. Se il Belgio accogliesse la richiesta sicuramente si collocherebbe contro ogni consuetudine dell’Unione, e però, si fa notare, il Belgio è uno dei Paesi più potenzialmente disponibili a prendere decisioni autonome e anche contro corrente in questa materia.
Altresì, il Belgio tratta le pratiche di richiesta di asilo provenienti dai Paesi UE secondo una procedura abbreviata e per tanto tempi brevi. Se Puigdemont avanzasse la richiesta il responso potrebbe avvenire tra i 5 e i 15 giorni massimo.
Se poi il Governo spagnolo dovesse richiedere l’estradizione di Puigdemont per i crimini per i quali è inquisito -e avrebbe diritto di farlo se non si presentasse davanti al giudice per rispondere di tali crimini- il Belgio potrebbe considerare questi reati non comuni ma politici e per tanto non concedere l’estradizione.